Lettere a Primo Levi: Tralicci e mulini a vento

Da Leragazze
Lettere a Primo Levi: Tralicci e mulini a vento

ill. di HR Giger

Sorpresa! dhr ci regala una puntata inattesa di Lettere a Primo Levi. Lo ringraziamo come sempre.

Caro Primo,

ma dove ti eri cacciato?! Nello scaffale schiacciatissimo in basso dell’armadio a muro, rasoterra, in mezzo a vecchi fumetti e vecchi gialli. La scorsa settimana, durante la perquisizione nella casa di campagna che fu di mio padre, per salvare il salvabile dalle varie librerie disseminate da una stanza all’altra, ecco che spunta la tua Chiave a stella, edizione Einaudi in una collana chiamata “Letture per la scuola media”, il che lascia intuire che la prima e ultima lettura di quel libro risaliva a qualcosa come trent’anni fa.

Non ricordavo niente di quei racconti, tranne due infimi dettagli (che in effetti ci sono); neppure se, nel complesso, mi fossero piaciuti o no. Quindi, doppio ringraziamento alla provvid… ahem, al caso, che ha permesso di riscoprire questo tesoro sepolto!

Un capolavoro tra i tuoi capolavori. L’unica tirata di orecchie è per quell’ultima nota all’ultima citazione nell’ultima pagina, in cui spieghi (sic) che il protagonista è un personaggio di fantasia, rovinando l’effetto e il gusto della scoperta. Va bene che i suoi presunti ricordi sono ricchi di documentazione, facendo sospettare all’inizio che si tratti di episodi autentici… ma il gioco stava appunto nel suo cognome: Faussone, che suona credibilmente torinese, però i piemontesi sogghigneranno nell’accorgersi che significa “gran bugiardo”.

Già, il linguaggio: su questo piano, La chiave a stella è davvero il tuo esperimento meglio riuscito, con quell’impasto straordinario tra terminologia ingegneristica – Faussone è un montatore di tralicci, gru, ecc. – e parlata dialettale, costringendo quindi gli ingegneri a leggere le note linguistiche, i piemontesi a leggere le note tecniche, e gli altri a leggerle tutte. E rendendo intraducibile il libro, tra parentesi.

Ma questo è ancora il meno. A rendere unico questo libro nella tua produzione sono i contenuti. Faussone parla in modo apparentemente popolare, perfino arruffato e pedante, ma “sotto il velame” le sue frasi sono costruite con una sapienza sottilissima, che veicola, ancora una volta, la tua visione della vita, le tue esperienze, la tua tragedia personale, le tue letture. Con pagine stupefacenti che elaborano sintesi (chimiche) tra tecnologia, mitologia, biologia, Dante, autobiografia.

E soprattutto, per l’unica volta nella tua vasta opera, con il personaggio di Faussone ti crei un alter ego di comodo ma scomodo, il quale, nella sua finta ingenuità, butta là affermazioni che Primo Levi non avrebbe potuto permettersi. Certi suoi giudizi sui meridionali, sui Paesi in via di sviluppo… giudizi che la parte migliore di te ovviamente non condivide, ma c’era un’altra parte di te che evidentemente aveva voglia di sfogarsi, e dopo lo sfogo non se ne parli più. Come fece Cervantes con Don Chisciotte, che con il pretesto della pazzia diceva e faceva cose interdette a un bravo cattolico spagnolo del Seicento.

Ironia della sorte, questo libro era consigliato come “lettura per la scuola media”. Senz’altro, appena i ragazzi della scuola media hanno compiuto 30 anni in più.

Un abbraccio, tuo

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