[Lettere a Sancio] L’amore, la prigione, la speranza. Una storia dalla Rivoluzione Siriana.

Creato il 10 giugno 2011 da Subarralliccu @subarralliccu

Manifestanti siriani davanti al 10 di Downing Street, Londra.

Egregio Sancio Agitatore d’Isole,

“Per me la rivouzione e’ cominciata il 5 di Marzo, quando i servizi segreti hanno arrestato mio zio ed i miei due cugini, il primo di 13, il secondo di 18 anni. Hanno sfondato la porta, devastato la casa in cerca di prove, afferrato tutti i telefoni ed i computer. Poi hanno infilato i maschi della famiglia nella camionetta, alla volta del quartier generale. Quello stesso pomeriggio due poliziotti hanno fatto visita alla mia ragazza. Si trovava appena fuori il campus universitario. Inizialmente hanno solo posto qualche domanda, ma poi le hanno ordinato di andare a raccogliere le sue cose. Un’ora dopo si trovava anche lei in una stanza della stazione di polizia, con le mani legate ed una benda intorno agli occhi.

L’interrogatore ha cominciato domandando:

“Tuo padre di picchia di solito?”

“No, mio padre non mi ha mai picchiata.”

“Ecco perche’ non hai imparato le buone maniere. Ma a questo c’e’ rimedio”.

Cosi’ hanno preso a schiaffeggiarla, trascinandola da una parte all’altra della sala. Ha solo 19 anni”.

 Non v’e’ rabbia nelle parole di Omar. Il resoconto dei tragici istanti vissuti dai suoi familiari non e’ scosso da variazioni di tono, esitazioni, tormenti linguistici. Ha ordinato una coca, ma il ghiaccio si e’ ridotto a sottili trasparenze, e la cannuccia galleggia in superficie, pronta a scivolare sul tavolo. Ha 26 anni, vive a Londra da dieci, e porta avanti, come manager, un costoso ed importante progetto per una famosa compagnia di software. Fino a pochi mesi addietro la sua piu’ grande preoccupazione consisteva nel riuscire ad avvicinare Aleppo, la citta’ dove la sua fidanzata Hana vive e studia, a Londra. Lui ed Hana discutevano degli invitati, della torta, della cerimonia, dei vestiti. Ma il fuoco della rivoluzione e’ divampato nel frattempo in Siria, bruciando tutti i momenti che ornano la vita in tempo di pace. Il loro matrimonio dovra’ attendere.

 “Solo a notte fonda, quando hanno capito che non aveva nulla a che fare con “i terroristi”, se non per il fatto di avere partecipato alle manifestazioni pacifiche, gli “intervistatori” dei servizi segreti hanno deciso di rilasciarla. La stessa notte mi ha chiamato in lacrime.

 “Anche mio zio ed uno dei miei cugini, il tredicenne, sono stati rilasciati dopo poche ore.

Ahmed, il 18enne, ha invece dovuto affrontare una sorte diversa. Dalla stazione di polizia e’ stato condotto in prigione”.

 Da quando l’insurrezione contro il Presidente Bashar al-Assad ed il partito baathista e’ cominciata, sull’esempio di Tunisia, Egitto e Libia, le associazioni per la difesa dei diritti umani presenti in Siria hanno calcolato che oltre 10.000 persone sono state imprigionate ed almeno 1200 uccise dalle forze governative.  Le ultime notizie descrivono l’assedio della citta’ di Jisr al-Shogour, dove durante il fine settimana , secondo il governo, sono stati uccisi piu’ di 120 soldati durante un attacco guidato dai ribelli alla caserma locale.

Molti fra i 41.000 abitanti hanno deciso di abbandonare la citta’, dirigendosi principalmente verso il confine con la Turchia, dove il presidente Erdogan, a sua volta, ha deciso di schierare un cospicuo contingente per il pattugliamento del confine.

Solo oggi, Francia e Regno Unito hanno dato avvio ad una discussione in seno al consiglio di sicurezza dell’Onu. La speranza e’ quella di raggiungere un accordo e con esso la firma di una risoluzione, che, secondo il ministro degli esteri britannico Hague

“deve mostrare la stessa risoluzione nel supportare il cambiamento e lo sviluppo democratico mostrato in altre nazioni della stessa regione”.

 “Cio’ che mio cugino ha visto nella prigione di Aleppo e’ agghiacciante. Molti detenuti vengono legati al muro con delle catene, completamente nudi. Altri, quelli dai quali si spera di ottenere informazioni, vengono costretti al gioco della “gomma”.

La schiena del detenuto viene spinta in avanti fino a far toccare ginocchia e fronte. Cosi’ piegato, il prigioniero viene infilato attraverso il buco di una gomma da camion. Rimane incastrato cosi’ per ore, mentre l’interrogatorio continua a suon di percosse, calci e bastonate. Ha termine solo quando la sigaretta del capo, vicina al filtro, viene spenta sulla pelle nuda del detenuto. E’ durata un mese per mio cugino. Dico, in quella prigione. In seguito e’ stato trasferito a Damasco. Qui ha trascorso altri 20 giorni, in una cella 4 metri per 4, insieme ad altre 36 persone. Di notte una turnazione regolava il sonno. Non c’era abbastanza spazio perche’ utti potessero sdraiarsi. I 36 dovevano attingere 4 bottiglie d’acqua. Riempirle costava non poco. I carcerieri avevano ordine di applicare un altro “gioco”. L’incaricato per la cella del riempimento della bottiglia veniva seguito e manganellato durante tutto il corso dell’operazione: il tragitto in bagno, il flusso d’acqua dal rubinetto nella bottiglia, il ritorno. Nessuna facilitazione per per i bisogni piu’ basilari: 10 secondi per ogni detenuto. Chiaramente…in 10 secondi vai solo per il numero uno…non hai tempo per il numero 2…”

 Secondo Omar la rivoluzione non ha ancora raggiunto la massa critica necessaria per esplodere in tutta la sua virulenza e trascinare la quarantennale egemonia baathista fuori dalle stanze del potere. Il bastione di resistenza, Omar sostiene, e’ costituito dalle due citta’ principali, Damasco ed Aleppo. Qui le forze di sicurezza sopprimono con efferata efficienza le tensioni rivoluzionarie, trasmettendo onde di paura e circospezione per tutto il paese.

 “La Siria non e’ la Tunisia, o l’Egitto. Tantomeno la Libia. Raggiungeremo i nostri obiettivi alla nostra maniera, con i nostri tempi. Non vogliamo assolutamente un intervento Onu. Cio’ confermerebbe la tesi del presidente Assad, secondo il quale l’insurrezione non e’ nient’altro che un colpo di stato promosso ed appoggiato dall’occidente. Se una situazione critica dovesse presentarsi, come nel caso di Benghazi, in Libia, preferirei che l’intervento armato venisse condotto dal Consiglio dei Paesi Arabi, col supporto dell’Europa, se necessario.”

 “Cosa pensi allora del recente discorso di Obama sulla primavera araba?”,chiediamo.

 “Abbiamo visto Obama in azione con Mubarak, in Egitto. Ha atteso e scelto solo dopo essersi assicurato l’appoggio dell’esercito. Mi ha ricordato l’infanzia, quando davanti alle immagini del derby fra Inter e Milan si aspetta il primo gol per decidere la squadra da supportare. C’e’ ancora qualcuno nel sulla terra che pensa che al mondo arabo interessino davvero le affermazioni del presidente degli Stati Uniti?”

“Abbiamo bisogno solo di tempo e visibilita’. Facebook, Twitter e Youtube sono i primi strumenti della rivoluzione. I risultati arriveranno, con il tempo. Sara’ una terribile battaglia. Ricordiamoci che nei primi anni ’80 Bashar padre uccise a Hama almeno 20.000 persone in una ribellione non dissimile da quella attuale. Questo e’ un governo che non conosce rimorso.

 “Tornerei subito se potessi, se potessi essere sicuro di non venir arrestato appena sceso dall’aereo. Solo la settimana scorsa agenti dei servizi segreti si sono presentati a casa mia per chiedere di me, della mia salute e delle mie intenzioni di tornare. Hanno pregato mia madre di far loro sapere del mio ritorno, in modo che possano offrirmi protezione…”

 Omar ride, pensando alle gentili forme di protezione offerte in questi tempi dalla polizia siriana. Poi va via, deve scappare. A Londra si tengono incontri fra siriani che appoggiano la rivoluzione. Incontri che hanno luogo in residenze private, per un ristretto numero di persone. L’invito viaggia per sms, o facebook. Arriva con un’ora di preavviso.

 Quando si tuffa nel gorgo di Oxford street la cannuccia giace sul tavolo e la coca si avvicina pericolosamente all’orlo del bicchiere.


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