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Lettere a un giovane poeta

Creato il 16 gennaio 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

“…E per il resto, lasci fare alla vita. Mi creda: la vita ha ragione in ogni caso.”

Mai parole si rivelarono più appropriate.

Partiamo dall’inizio, seguendo un filo di Arianna attraverso il labirinto bislacco di questa recensione.

“Lettere a un giovane poeta”.

Come sono arrivata a  questa opera. E’ una domanda che mi incuriosisce sempre. “Il caso non ha madre”, si dice così.

Dovevo prendere un treno. Stavo scendendo le scale di casa. A un certo punto mi sono bloccata al terzo piano (io abito al quinto, se vi interessa…) e capisco di non aver portato neanche un libro con me. Un’ora almeno in compagnia di Trenitalia e neppure un catalogo Ikea da sfogliare.

Arrivo in macchina e mio padre mi consegna un pacchetto  in carta grezza. Talmente grezza e ruvida da essere raffinata. Sobriamente distinta. <E’ arrivato questo per te nella cassetta postale.> Se indovinate di che regalo si trattava,  vincerete un Winnie The Pooh a grandezza naturale…

Quella mattina di dicembre, la vita ha avuto ragione di me. Tana per Eve.

Da allora è perennemente nella mia borsa.

Se siete dei giovani poeti, questo libro è per voi. Se siete degli scrittori alle prime (o ultime) armi, questo libro è per voi. Se siete innamorati di qualunque cosa il vostro cuore abbia scelto di eleggere a suo personalissimo tormento, questo libro è per voi. Se Siete, perché avete consapevolmente deciso di essere. Questo libro è per Voi.

E, soprattutto, se sentite che quello che vi entra in circolo nelle vene è più simile a inchiostro che a sangue beh… detesto ripetermi.

Rainer Maria Rilke nasce il 4 dicembre 1875. Da uomo libero, da uomo di straordinaria cultura e sopraffino intelletto, sarebbe potuto diventare qualunque cosa avesse desiderato. Ma lui scelse. Scelse. Deliberatamente.  Dolo di primo grado. Anima, corpo e calamaio. Di essere uno scrittore.

Le lettere in questione sono indirizzate a Kappus, poeta in erba. Il carteggio si protrasse per quattro anni. Il suo giovane interlocutore, alla fine, intraprese la carriera militare. Una vita solida. Sicura. Invidiabile, sotto più di un profilo.

Rilke, al contrario, in una missiva datata 23 aprile 1903, fu costretto ad ammettere che “…sarei felice di inviarle tutti i miei libri che le potessero in qualche modo far piacere. Ma sono molto povero e, una volta pubblicati, i miei libri non mi appartengono più.”

Non poteva permettersi le sue stesse parole. La sua arte gli era divenuta troppo cara.

Perché non optò per un’ esistenza più agiata?

“Se vi sono orrori, allora sono i nostri orrori, se vi sono abissi, allora quegli abissi ci appartengono, se vi sono pericoli, allora dobbiamo cercare di amarli. E se solo organizziamo la nostra vita secondo quel principio che ci ingiunge di attenerci sempre al difficile, allora ciò che adesso ci appare ancora totalmente estraneo ci diverrà del tutto familiare e fido.” (Ottava lettera)

La penna ha un costo. Deve averlo. E’ quello che cercò in tutti i modi di far intendere a Kappus. “Morirebbe, se le fosse negato di scrivere?” Perché, a conti fatti, si giocava tutta qui la questione. Solo una necessità impellente, folle, altrimenti annichilente, poteva e può giustificare un simile coraggio. Una simile imprudenza. Una simile sfacciataggine. Una solitudine tanto vasta e snaturante per l’ essere umano.

La scrittura di Rilke è mite. Non c’è contrasto in lui,  né chiaroscuri altezzosi. C’ è accettazione. Comprensione. Se dovesse per caso finire sul vostro comodino, l’aspetto più lampante di quest’opera è che somiglierà ad un amico. Uno di quelli veri. Qualcuno che intende perfettamente i vostri dubbi. Che li condivide, perfino. Qualcuno con cui discorrere. Che sia mentre aspettate il 90d (e ne avrete di tempo), o mentre vi godete un pranzo da soli nel Giardino degli Aranci (esperienza che caldeggio vivamente).  Che sia nel bel mezzo del quarto d’ora accademico (auto-incoronandovi, a mo’ di moderni Bonaparte, spregiudicati detrattori della “pausa sigaretta”), o mentre attendete che vi facciano taglio+piega+meches a soli 10 euro, grazie al buono acquistato su Groupon. Fatelo. “Just do it”. Portatevi dietro un consigliere. Una voce sapiente e gentile che non urlerà “A 724″ , né pretenderà che rimaniate rispettosamente dietro la linea gialla.

Egli può offrirvi  una serie di consigli e di ammonimenti che di retorico non hanno proprio nulla. C’ è perfino spazio per una riflessione riguardo l’ amore tra le sue righe. E non ha niente a che vedere con messaggistica istantanea per cioccolatini.

 ” Nessun ambito dell’umana esperienza è tanto fornito di convenzioni come questo: rifugi di ogni tipo ha saputo creare l’ingegno sociale, poiché essendo incline a prendere la vita amorosa come uno svago doveva anche renderla facile, a buon mercato, senza rischi e sicura come sono i pubblici svaghi”.

Amore come spinta introspettiva. Amore come crescita innanzitutto personale.  Amore come < posso restare a guardarti perché sei Bella, senza doverti necessariamente possedere> . Amore come <…forse questo lucchetto è meglio usarlo per la catena della bici…>.

“…Ma è chiaro che noi dobbiamo attenerci al difficile; tutto ciò che vive vi si attiene, tutto in natura cresce e si batte a modo suo ed è per sua costituzione  cosa a sé e cerca di esserlo a qualunque prezzo e contro ogni resistenza.”

Anche per quest’affermazione dovreste seriamente considerare l’ipotesi di leggere questo libro. Per chiedervi, davanti a uno specchio, per cosa vi stiate battendo.Vi terrorizza abbastanza? Vi separa abbastanza dalla routine quotidiana? E’ talmente radicato in voi un Desiderio da esser disposti a mettere in gioco tutto il resto?

Io mi auguro di sì.

E, con tutto il mio delirante  assenso, vi auguro che vi spaventi infinitamente la scelta riguardo voi stessi. Riguardo cosa, comunque, non porreste mai e poi mai sul piatto della bilancia. Riguardo ciò che non sarà  vendibile. Non sarà cedibile. Non sarà trattabile.

Vi auguro vivamente di trovarvi di fronte le vostre più recondite paure. Qualunque veste esse indossino. Qualunque sia l’eco con cui vi assordano. Qualunque sia l’ arma con cui vi minacciano. Vi auguro di trovarvi faccia a faccia con loro. Brandendo questo compagno di cellulosa per scudo e il vostro umorismo per lama. E,  magari:

“Come potremmo dimenticare i miti dei draghi che, nell’attimo estremo, si tramutano in principesse? Forse tutti i draghi della nostra vita sono principesse che attendono solo di vederci una volta belli e coraggiosi. Forse tutto l’orrore non è in fondo altro che l’inerme, che ci chiede aiuto.” (Ottava lettera).

Allora, in ultimo, non resta che porvi questo unico, essenziale, elementare, quesito.

Voi. Morireste se vi fosse negato di scrivere?

 


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