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Lettere al direttore: L’Italia è un paese malato

Da Maurizio Lorenzi

Oggi pubblichiamo questa interessante lettera al direttore, a firma dello scrittore Bruno Previtali (sito web: www.previtali-b.com). Buona lettura e contestuale riflessione.

L’ITALIA E’ UN PAESE MALATO

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La verità è un po’ diversa da quella che ci raccontano e bisogna dirla tutta… Nonostante le reiterate assicurazioni dei nostri politici, l’Italia continua a scivolare nel baratro della recessione. Il Paese è in caduta libera e non si vede come possa agganciare la ripresa: la disoccupazione giovanile oltre il 40% (al Sud oltre il 50%), la produzione industriale in continua flessione, il Pil in diminuzione e ciò comporta una maggior sofferenza a causa dello strangolante debito pubblico sempre in aumento, la politica (?!) si “arrocca” nei suoi “sperperi e privilegi”, i consumi sono crollati e gli investimenti sono inesistenti. Con questi parametri fallimentari, dei quali la politica è l’unica colpevole, ritenere che sia possibile una “ripresa” è assurdo oltre che impossibile. Il tutto è reso ancor più complicato e drammatico dal fatto che non si inietta più liquidità nell’attività produttiva, in quanto il sistema finanziario è ormai solo autoreferenziale e tende unicamente ad “alimentare” se stesso, “sottraendo” soldi all’economia reale a tutto vantaggio della speculazione farabutta. Ed è proprio questo sistema finanziario “malato cronico, moribondo” (pieno di titoli “tossici” che i “banchieri e capitalisti” vogliono ora far pagare alla gente dopo aver “sottratto” tutti i soldi) che si deve tener presente per capire come mai un Paese come il nostro, che fino a pochi anni fa era uno dei più ricchi del mondo, sia diventato un Paese povero e in disgregazione, con una base produttiva debolissima, inefficiente e incapace di stare al passo con i tempi. La crisi provocata dal sistema finanziario ha fatto emergere tutti i difetti strutturali del nostro Paese, anche se tali difetti non avevano impedito all’Italia di avere una crescita negli anni passati. La diminuzione del Pil a causa della “crisi finanziaria” (qualcuno, però, i soldi li deve aver “nascosti” da qualche parte) ha un impatto forte sulla nostra economia, evidenziando quanto sia “dipendente” dai “mercati finanziari drogati”. Bisogna comprendere (ma la politica sta dimostrando di non esserne capace) che è necessario sconfiggere la prepotenza di una vera e propria “organizzazione criminale  finanziaria” tanto più pericolosa in quanto “alimentata” dal capitalismo predominante. Invece, la crisi è stata ed è “sfruttata” proprio dai “mercati finanziari” che hanno trovato terreno fertilissimo nell’inesistente architettura politico-economica del governo e che ha reso loro estremamente più facile stringere il cappio intorno al collo del nostro Paese aprendo la strada ad ogni tipo di speculazione e di sottrazione (impunita quando non addirittura premiata) di capitali.

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L’Italia è uno Stato “ostaggio” dei “mercati e della speculazione finanziaria” ed è solo la politica che può porvi rimedio, ma le sue scelte non sono mai neutrali ma sempre in funzione, purtroppo, di “determinati interessi”. I “mercati finanziari” mirano a fare il proprio interesse, non certo quello dell’Italia e degli italiani, e ci spingono ad indebitarci per poi provocare una crisi che metta il governo e l’economia nelle loro mani. Le misure di rigidità di bilancio e i tagli ai settori sociali trovano la loro ragione d’essere proprio in questa strategia assai più che nei “ritardi” e nelle “disfunzioni”, innegabili e incontrastate, della politica. Il Paese dovrebbe essere autonomo e non “dipendente” dai centri finanziari che occupano ormai tutte le posizioni di potere. La ripresa economica e produttiva sarà possibile solo se si restituirà al governo (se e quando ce ne sarà uno serio) e ai cittadini la sovranità sulle politiche economiche. Solo se ci si sottrarrà alla “morsa” dei mercati finanziari l’Italia potrà uscire dal tunnel, altrimenti rimarrà una tremenda illusione. In Italia il quadro politico è sempre più confuso e alterato, e c’è il rischio che prevalga il difetto tipico degli italiani di scambiare ciò che è marginale per ciò che è essenziale. Né si dovrebbe dimenticare che, allorché è in gioco la sopravvivenza stessa dello Stato, ci vogliono “Persone” di cui ci si possa fidare, che contrastino la “mafia finanziaria”, che abbiano il “coraggio” di una autentica “inversione di tendenza” di cui, per ora, non vi è alcun segnale. Se non avverrà questa “sovversione”, saranno solo lacrime e sangue.


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