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Lettere al serial killer: la casa di Pompilia

Creato il 07 luglio 2013 da Paolo Franchini

Già vissuto Greg,

il mio nome è Bevis Trevis Devis Oldtriller e ho, da pochi giorni, conseguito il dottorato di ricerca in antichità romana, presso l’Università di Henderson, Nevada.

La mia tesi finale trattava il tema delle sventurate ragazze dei tuguri della Suburra e delle intraprendenti cortigiane insediate sull’Aventino. Lo studio mi ha preso la mano, regalandomi notti insonni.

Ai tempi, l’adescamento era una vitale necessità, un ponte tra la miseria e il benessere. Un ponte molto stretto, pur se attraversato a gambe larghe. Quello che voglio comunicarti, per non tediare troppo la tua cella postale 309, è l’incredibile ritrovamento di un documento ove si parla dello sfibrante mercanteggiamento tra un giovanotto squattrinato e una madre ruffiana che lo mette alla porta.

La materia del contendere è la splendida Pompilia, nuda di un’eleganza costosa. Bene, il giovanotto che viene cacciato, al modo dei pesci in salamoia,porta un nome che ti evoca, in una somiglianza inquietante: Gregorio Gregorione Ironico, custode del cimitero delle Esquilie. Potenza delle traiettorie della storia!

Magnifica e sfrugugliante coincidenza. E non c’è casualità, nell’aggancio della combinazione. Gregorio si rifugia in una taverna e si ubriaca con un mercante di grano, mozza le orecchie a un mimo di Eronda che mima così così, e si dirige
verso la casa di Pompilia, seminando porte rotte, insegne bruciate e bighe capovolte.

Quello che poi capita, è una sorta di discesa dei barbari. E Pompilia ha un colore olivastro, dopo avere inghiottito, non certo di sua sponte, una clessidra e un’anfora colma di biacca. Inutile dirti che Gregorio Gregorione Ironico se la cava, imbarcandosi per Atene, dentro una stiva zeppa di gladiatori principianti.

Con stupita simpatia,

Bevis Trevis Devis Oldtriller

 

Esimio Dottor Bevis Trevis Devis Oldtriller, a quando una sforbiciata?

Veramente interessante la tua tesi sulle baldracche di seconda e prima categoria. I due nomi, per tutti i calzini corti della guardia scelta Fischer, collimano come le due chiappe di una prosperosa fanciulla. Ma la cosa non mi sorprende, perché io sento di essere una pietra accordata ad altre pietre, che si susseguono, concave e convesse, nel tempo.

Mi rammarico solo di non ricordarmi del mimo di Eronda che, senza orecchie, avrà perso la gronda. Qualcosa mi suggerisce che Pompilia avesse la mania di contornarsi gli occhi con una matita al carbone.

E l’abitudine porta iatture.

Greg

 


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