La jungla laotiana.
In un villaggio Akha.
Il campetto per la petanque è illuminato dalle lampadine fioche del vicino ristorante. Ogni sera e in ogni luogo dove ci siamo fermati, il nostro Tong ha trovato senza difficoltà un gruppetto di amici con cui iniziare la partita. Conosce tutti Tong. Da ogni parte arriva qualcuno che lo saluta e gli chiede come va. Di tutti lui conosce le storie e ce le racconta, richiesto, colorandole di particolari curiosi. Stamane ci siamo fermati lungo la strada di fianco ad una cava di lignite e il direttore lo ha accolto con grandi saluti, anche perché la moglie gestisce il baretto che fa le colazioni. Gli ha aperto la cucina e avanti con le omelettes di cipolle, le baguette calde e la zuppa di noodles come se piovesse. La moglie era andata al mercato, ma appena il buon uomo ha sentito che capivo qualche parola di russo, non mi ha più mollato, raccontandomi la sua esperienza siberiana del passato con grande soddisfazione. Certo con le bocce in mano, il nostro Tong è un vero fenomeno. Prende la mira con cura, poi, con un movimento a pendolo solleva il braccio e tac, colpisce al volo la palla avversaria con precisione millimetrica. Ad ogni tiro una piccola ovazione degli astanti. Anche noi facciamo il tifo per lui, ma non serve, tanto vince sempre e quando ce ne andiamo verso la guest house, allarga un po' le braccia come a dire:" Che ci posso fare, se sono troppo forte" e lascia gli altri a pagare le birre che ingombrano il tavolino.Alla frontiera di Huay Xai.
Una brava persona il nostro Tong. Oggi, poi, che è il nostro ultimo giorno in Laos, è ancora più preoccupato che ogni cosa fili per il verso giusto. La strada che porta al confine thailandese sembra ancora più bella, ma la cornice di colline e di boschi che la accompagnano appare triste. Come è facile farsi condizionare dagli stati d'animo. Il Mekong giallastro è la in fondo che ci aspetta. La sua presenza incombente lo rende indispensabile in ogni aspetto di questo paese. Questo fiume, sempre presente e protagonista, è il destino inequivocabile dell'Indocina. Adesso è lì a segnare con la sua presenza inamovibile la frontiera. Huay Xai è la cittadina lungo la riva che riceve il traffico dell'altra sponda. In fondo alla strada l'imbarcadero con le lunghe lance che traversano incessanti il fiume. Tong non la smette più di dare consigli, di raccomandarci attenzione a quei furfanti di thailandesi che sono lì apposta per spennare i turisti, ingannarli in ogni modo e derubarli, e racconta di episodi terribili tramandati verbalmente da turista a turista, con ogni nefandezza compiuta dai vicini dalla doppia faccia. Peggio ancora dei Vietnamiti che sono delle pellacce e lui, che ci capita ogni tanto, li conosce bene. Mica come in Laos dove la gente è sincera e non frega nessuno. Ci carica i bagagli, non vuole mollarci fino all'ultimo minuto, timoroso che qualche altro maldestro ricaschi nelle acque melmose e poi quando la barca si allontana pian piano in mezzo al fiume rimane diritto in piedi sulla riva a salutarci a lungo, con un sorriso malinconico.Frangipane rossi.
Quando sei arrivato dall'altra parte e sbrighi velocemente le pratiche doganali nell'ufficetto polveroso di Chiang Kong, ti accorgi subito che la vacanza è finita. E' il senso di tristezza che ti afferra quando lasci, forse per sempre, un luogo che ti ha preso, non sai perché, non sai per quale ragione particolare, ma di cui non riesci a toglierti dalla mente aspetti, semplici o apparentemente insignificanti, uno sguardo di una donna, l'allegria dei bambini in un villaggio, il colore delicato della parete di un tempio minore, il vociare di un mercato, i colori delle stoffe, le tante sfumature di verde delle montagne, il profumo intenso dei frangipane, i tanti tramonti attesi davanti a un fiume, le barche che scivolano sull'acqua, le capanne di foglie di palma dietro le quali spuntano occhi curiosi, le pietre nere del passato, la tranquilla vita del presente. C'è un momento in cui il viaggio finisce, cessa la voglia di vedere, desideri solo andare a casa a ripensare a quanto hai assorbito, a chi hai incontrato, a cosa ti ha dato il viaggio. C'è ancora tanta strada da fare, pullman, taxi, aerei prima di arrivare, ma con la testa ormai sei già tornato. Così scendi dalla barca con una fatica sconosciuta ai giorni precedenti, risali la riva e neppure hai voglia di trattare con il rapace conducente di tuktuk, thailandese naturalmente, che ti porterà alla stazione a prendere lo scalcinato pullman per Chiang Rai. Anche le banane e le arance che compri prima di salire sembrano meno dolci e profumate.Bambina Kamù.
P.S. Nei prossimi giorni posterò in una pagina a parte dedicata al Laos, i dettagli pratici per chi volesse organizzare un viaggio in questo bellissimo paese. Basterà cliccare sulla targhetta Laos, sotto al titolo.
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