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LETTONIA: Storie di disoccupazione dalle acciaierie di Liepāja

Creato il 06 dicembre 2013 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 6 dicembre 2013 in Lettonia, Slider with 0 Comments
di Paolo Pantaleo

061108 Metalurgs Jauns21

Quattro storie, di quattro dei 1500 lavoratori di una delle acciaierie più moderne e grandi d’Europa, che ora si trovano sulla strada

Con la dichiarazione dello stato di insolvenza di due settimane fa sembra ormai inarrestabile il processo di liquidazione delle acciaierie Liepājas Metalurgs, la principale azienda nel settore in Lettonia. Sono 1500 i lavoratori delle acciaierie, molti dei quali già da tempo in cassa integrazione, che stanno ricevendo ormai le lettere di licenziamento, che decretano la definitiva conclusione del loro lavoro alle acciaierie. Una crisi che colpisce in particolare la città di Liepāja, ma anche tutto il Kurzeme e condiziona pesantemente l’economia dell’intero paese.

Latvijas Avīze ha pubblicato nei giorni scorsi delle interviste con alcuni lavoratori della Liepājas Metalurgs, attualmente in cassa integrazione e in attesa della lettera di licenziamento, che fanno luce sulla situazione di grande difficoltà di queste persone, che dopo venti o trenta anni di lavoro alle acciaierie si trovano a dovere fare i conti con situazioni economiche e familiari molto difficili. Pubblichiamo alcuni estratti di queste interviste, per dare un’idea della situazione.

Rigonda Doma Ha lavorato dal 1979 al laboratorio di analisi della LM.

Cosa fa in questo periodo, con la crisi delle acciaierie?
Oltre ai 150 lats della fabbrica (il salario per la cassa integrazione, poco più di 200 euro), guadagno altri 120 lats  lavorando in una libreria.

Com’era il suo lavoro alle acciaierie?
Il lavoro mi piaceva molto. Coi cambi di turno avevo abbastanza tempo libero durante il giorno. Nei tempi sovietici lo stipendio era di 175 rubli, dopo con l’indipendenza nei momenti migliori lo stipendio arrivava ai 400 lats netti. Nel 2005 facendo affidamento su questo stipendio abbiamo preso un prestito di 6000 lats per l’appartamento.

Quali sono le difficoltà sorte dopo la crisi delle acciaierie?
Il problema maggiore è che vivo da sola. I risparmi sono andati. Con l’aiuto dei miei, di mia sorella per qualche anno posso tirare avanti, ma poi se non cambia niente, me ne andrò all’estero, a cercare qualche lavoro. Una donna dopo i 50 anni a Liepāja è difficile trovare lavoro, anche nei negozi cercano ragazze giovani. In Lettonia non ci sono altri laboratori dove potrei lavorare. In tutto il mondo ci sono solo altri 170 laboratori come il nostro, che era uno dei più moderni. Anche i chirurghi a Riga lavoravano coi nostri ferri. Se le acciaierie di Liepāja chiudono, ho sentito dire da tanti che non importa, compreranno i manufatti da altri paesi, da laboratori meno costosi, come dalla Bielorussia e dall’Ucraina, dal Peru, da Cuba, ma da questi paesi il metallo che si importa è così di scarsa qualità che noi ne abbiamo rispedito via navi intere.

Cosa è successo secondo lei con la Liepājas metalurgs?
I grandi azionisti hanno saccheggiato l’azienda in tutti i modi possibili, e hanno riciclato i soldi, senza che le persone semplici ne sapessero niente, eccetto uno, il mangiare, che per una parte dei lavoratori era gratis. Pezzi di pizza, uova, cetrioli e aranciata, costavano quasi tre lats. Sarebbe stato meglio riservare questo denaro per aumentare gli stipendi.

Aleksandrs Krāvs (49 anni): operaio metallurgico

Cosa fa in questo periodo, con la crisi delle acciaierie?
Aspetto che mi licenzino. Per cinque mesi ho preso 150 lats al mese per niente. Aspettavo: ogni mese promettevano che il mese successivo la fabbrica avrebbe ripreso a lavorare. Mi avevano offerto anche 15 lats per andare in fabbrica e starmene a sedere. Ma io sono abituato a lavorare, non a stare a sedere, per cui ho preferito andare a lavorare nell’edilizia privata, dove mi davano 10, 15 lats al giorno.

Com’era il suo lavoro alle acciaierie?
Non solo mi piaceva, ma io vivevo per il mio lavoro. Anche se era duro, molti miei colleghi in questi hanno hanno avuto incidenti, e non era certo un lavoro salutare. Colate di metallo come fosse latte che cola da una brocca – una bellezza indicibile. Tutto intorno, dove c’erano palazzi, case, altre costruzioni, io vedevo che i pezzi di metallo, anche i piccoli pezzi, usati per costruirli erano piccoli pezzi del lavoro della mia vita. Il lavoro era pagato bene: nei tempi sovietici 500 – 700 rubli, in questi ultimi anni 600 lats netti al mese, prima della crisi addirittura fino a mille lats.

Quali sono le difficoltà sorte dopo la crisi delle acciaierie?
Insieme a mia moglie, che lavora in una fabbrica di trasformazione del pesce, abbiamo 320 lats, ma per il nostro appartamento di tre stanze abbiamo 230 lats di spese al mese. Ho smesso di fumare, perché non avevo soldi per le sigarette. Meno male che le nostre due figlie hanno una loro vita. Di gente come me in Lettonia ormai non c’è più bisogno. Ma anche andare all’estero forse è tardi. C’è una buona fabbrica in Bielorussia, ma non ci sono offerte di lavoro. E’ dura.

Cosa è successo secondo lei con la Liepājas metalurgs?
La Liepājas metalurgs è andata in crisi per un fattore umano. Abbiamo le attrezzature più moderne del mondo, ma la fabbrica è in condizioni tali… Ai tempi di Stalin l’avrebbero definito “sabotaggio”, e avrebbero fucilato i colpevoli. Lo stato non doveva intervenire nella risoluzione del problema, o semmai farlo prima. Credo di più a Lipmans (uno degli azionisti di minoranza ndt): negli anni ’90 ha davvero salvato la fabbrica, ma Zaharijns (l’azionista di maggioranza ndt) ha fatto solo bei discorsi.

Ivars Tubāns (54 anni). Operaio al forno dal 1980

Cosa fa in questo periodo, con la crisi delle acciaierie?
Ho preso 150 lats al mese con la promessa che presto saremmo ritornati al lavoro. Sarebbe stato meglio che ci licenziassero, almeno così avremmo avuto un assegno di disoccupazione che sarebbe stato più alto. Adesso cerco di guadagnare qualcosa con qualche lavoretto.

Com’era il suo lavoro alle acciaierie?
Il lavoro mi piaceva. Non che ci andassi come al tempio, era un inferno, ma non mi lamento. Speravo di arrivare presto alla pensione, ma poi sono cambiate le leggi e la pensione si è allontanata. Se fossi stato un anno più vecchio, sarei già un pensionato felice, adesso devo aspettare ancora otto anni. Nei tempi sovietici guadagnavo 200 – 300 rubli al mese, in questi tempi 500 lats netti.

Quali sono le difficoltà sorte dopo la crisi delle acciaierie?
Meno male che mia moglie lavora nel commercio e mio figlio con la sua ragazza ha la sua vita, ma non è facile e il lavoro è da trovare. Di gente con la mia qualifica non ce n’è bisogno in Lettonia. Adesso mi dispiace di non aver sfruttato in passato le opportunità di studiare all’interno dei corsi della fabbrica, ma del resto dopo otto ore al forno, cosa ti resta la sera per studiare?

Cosa è successo secondo lei con la Liepājas metalurgs?
Non sono in grado di giudicare.

Ojārs Drēziņš (55 anni). Elettricista alle installazioni dal 1980.

Cosa fa in questo periodo, con la crisi delle acciaierie?
Due settimane al mese lavoro, monitoraggio di sistemi elettrici. Ogni tanto faccio anche il guardiano. Per questo prendo 200 lats.

Com’era il suo lavoro alle acciaierie?
Il lavoro mi piace, è interessante. Nei tempi sovietici prendevo poco meno di 300 rubli, in questo periodo fino a 500 lats.

Quali sono le difficoltà sorte dopo la crisi delle acciaierie?
Per ora mi salva mia moglie, che dirige l’archivio di Liepāja, per questo finora non ho cercato lavori particolari, perché d’inverno per gli elettricisti è dura. E poi spesso offrono lavoro a quelli più giovani

Cosa è successo secondo lei con la Liepājas metalurgs?
Quello che è accaduto è resposabilità dei maggiori azionisti. Fra i proprietari, sono dalla parte di Sergej Zaharjins, che rispetta i lavoratori, ci salutava sempre, non era altezzoso, ha preso e ha dato. Kirovs Lipmans invece faceva affermazioni stupide.

Materiali da Latvijas Avīze

Tags: acciaierie, Balticanews, disoccupazione, Lettonia, Liepaja, Paolo Pantaleo Categories: Lettonia, Slider


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