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Lettura: L’acino fuggente

Creato il 06 dicembre 2013 da Paolo Ferruccio Cuniberti @paolocuniberti

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    Sembrano due allegri compagni di sbronze, e probabilmente lo sono davvero, ma sicuramente sono gente consapevole. Così almeno recita suppergiù il titolo di un loro noto libro.  Ora, con L’acino fuggente, scafatissimo libro-manuale d’uso di Langhe, Monferrato e Roero, ci raccontano con lo spirito di un Candide che si aggira nel migliore dei mondi possibili un territorio dalle infinite bellezze, peculiarità, prelibatezze (e di qua e di là, eccetera, come direbbero loro).

    La ditta Remmert & Ragagnin scrive un libro divertente da leggere d’un fiato e portarsi in macchina se si va da quelle parti. I due ci ricordano un po’ anche Pinocchio e Lucignolo alla scoperta del Paese dei Balocchi. Quante meraviglie, quale cuccagna! In più col lieto fine. Ma il primo consiglio di lettura è per chi quel territorio lo conosce a fondo, per esserci nato o vissuto o cresciuto o per averci ancora le ossa dei propri avi: siate indulgenti,  mettete da parte la gelosia atavica dell’indigeno per il proprio pascolo ancestrale e affidatevi allo sguardo dell’antropologo che parte alla scoperta di una cultura e la analizza con vicinanza empatica, ma con lo sguardo da lontano, come Levi-Strauss.

    R&R affermano, e lo mettono nero su bianco, di non saper distinguere una vacca da un toro. Potrebbe sembrare una battuta, falsa modestia, ma in effetti lasciano perplessi quando scrivono che il bue grasso produce, tra l’altro, anche ottimo latte… mah, detto così… Oppure quando ammettono che la parola piemontese fuiot (pentolino) gli scappa di pronunciarla fujot con la J alla francese. E, sempre in tema linguistico, chi gli ha suggerito  – o non gli ha impedito – la grafia bagna caùda, con l’accento sulla U? Il piatto nazionale piemontese lo si scrive in vari modi a seconda delle scuole di pensiero fonetico-dialettologico: bagna caoda, bagna caôda, bagna càuda (Wikipedia), o semplicemente bagna cauda così come la si pronuncia. Era così semplice, perché quell’accento fuori posto? Sorvoliamo, perché abbiamo scelto di essere indulgenti, e i due sono persone divertenti e uomini di mondo, anche se non hanno fatto il militare a Cuneo. Hanno anche capito che la strada più breve da Torino per andare ad Alba non consiste nel dirigersi ad Asti. Infatti lo sanno tutti che per andare ad Alba bisogna seguire le indicazioni per Savona. Si prende da Moncalieri e si segue la statale 29 del Colle di Cadibona (mica per niente ad Alba ci sono piazza Savona e corso Savona). In fondo il Piemonte meridionale è terra di mare, lo dicono anche loro. E il piatto più tipico è un piatto a base di pesce (vedi alla voce bagna cauda), guarda caso.

    Premesso tutto questo, il libro ci prende per mano e ci fa gironzolare su e giù per le colline del Piemonte profondo in una girandola di luoghi, di paesaggi, di vestigia del passato e di sorprese del presente. Senza confini, di fatto, che non siano quelli determinati dalla cultura materiale: le zone vinicole, le specialità gastronomiche, le coltivazioni; e poi le chiesette e i castelli, questi ultimi spesso chiusi, ahimè. Perché va detto che si tratta di un territorio che ha tuttora delle ritrosie a farsi scoprire e ad aprirsi definitivamente e per intero al turismo intelligente. Popolo testardo quello delle colline.

    Ma il principale pregio del manuale di R&R, e qui sta il secondo consiglio di lettura, consiste nella loro visione “esterna”, come già accennato, da visitatori innamorati senza essere direttamente coinvolti dalle mille problematiche che il luogo soffre e sulle quali preferiscono sorvolare: il dilagare delle migliaia di capannoni di fondovalle (e non solo) con villetta annessa che hanno trasformato tutta la valle del Tanaro in un immenso tentativo di Nordest industriale, con buona pace dell’Unesco; gli eterni conflitti e freni locali (politici, culturali, economici) che tagliano le gambe alle eccellenze che pure esistono e per fortuna si impongono sempre più, sebbene a macchia di leopardo e non in modo diffuso come sarebbe auspicabile. La visione proposta dal libro ci restituisce solo la bellezza di luoghi troppe volte offesi e ci suggerisce di preservarne l’amore.

    A proposito, i due sono passati anche dal mio paese d’origine, Govone, e inseriscono solo la descrizione del salone del castello, forse desunta da qualche guida. Presumendo che non abbiano “lavorato” di domenica, in tutti gli altri giorni della settimana si sarebbero dovuti trovare di fronte all’annoso problema per la visita nei giorni feriali: è chiuso.



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