Reduce da una tostissima verifica di matematica sul calcolo combinatorio, la mia cara prof non si arrabbi se torno a dedicarmi del mio passatempo preferito… Ecco a voi, dunque, i libri che ho letto in gennaio tra una formula e l’altra
Non ringrazierò mai abbastanza il mio professore d’italiano per avermi fatto conoscere questo autore e per avercene parlato a scuola. Anzi, per quel che ne so, non era neppure contemplato nel programma, perciò un doppio grazie per averci sapientemente guidato lungo questa deviazione, prima di tornare a occuparci di Shakespeare.
Inutile dire che ho adorato queste riflessioni, che seppur siano state scritte oltre 400 anni fa ho trovato ancora terribilmente attuali.
Nel momento in cui scrivo, però, non li ho ancora letti tutti, perciò credo che questo commento si possa considerare una “recensione in itinere”, dato che non si tratta di certo di uno di quei libri che si divorano in una serata… Consiglio a tutti di assaggiarli un po’ per volta, e di rifletterci sopra alla fine di ognuno, perché ciascuno merita di essere assaporato e gustato a sè. Ne vale la pena, credetemi.
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> Il patto della viverna, Maurizio Vicedomini (304 pp.- eBook inviato dall’autore)Ormai disperavo di riuscire a trovare un romanzo fantasy di stampo decisamente classico che fosse a suo modo originale, scritto bene e per di più pubblicato da un autore italiano.
Forse vi sembrerà bizzarro, ma una delle prime cose che mi hanno piacevolmente colpita de Il patto della viverna è stata la gestione del punto di vista, che rimane sempre dentro la testa di un unico personaggio dall’inizio alla fine del capitolo, e quindi senza saltelli continui.
Lo stile, insomma, mi è sembrato di un ottimo livello: il narratore non interrompe mai l’azione per raccontarci del più e del meno riguardo al suo mondo, non si ferma a descrivere a meno che non sia necessario, non abusa di aggettivi e avverbi.
A proposito dei personaggi, ho apprezzato il fatto che nessuno sia schierato apertamente tra i “buoni” oppure tra i “cattivi”, e in generale ho trovato la loro caratterizzazione davvero buona.
Gli unici aspetti che non mi hanno lasciata soddisfatta riguardano perlopiù la trama e le idee utilizzate, e con questo mi riferisco sostanzialmente ai cliché incontrati durante il racconto.
Si tratta, in definitiva, di un fantasy decisamente sopra la media per quanto concerne lo stile, anche se gli aspetti riguardanti la trama a mio parere possono essere ancora migliorati.
(Recensione completa qui.)
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> La matematica e l’esistenza di Dio, Antonio Ambrosetti (88 pp. – preso in biblioteca)Come può un matematico – o comunque uno scienziato – credere in Dio? Questa è la domanda attorno alla quale ruota questo libriccino, e a cui l’autore ha cercato di rispondere.
Personalmente ritengo che ciascuno abbia la libertà di credere o di non credere in quello che vuole… tuttavia consiglio la lettura di questo libro a chi è convinto che Dio e la religione siano discorsi da basso popolo e da gente bigotta, o semplicemente persone poco razionali, perché potrebbe venire a conoscenza di aspetti della questione che non immagina.
Se vogliamo è un saggio senza pretese, che non si fa notare, uno di quelli che non fanno certo a gara a chi urla più forte e a chi raggiunge il maggior numero di persone: io stessa l’ho scoperto per caso, spulciando tra gli scaffali della biblioteca. Però, nella sua “magrezza” (meno di 100 pagine) è riuscito a smontare un buon numero di luoghi comuni e di pensieri fatti, e nella sua semplicità mi ha fatto riflettere.
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> Merkavah, Daniele Versari (304 pp. – eBook inviato dall’autore)Un thriller che piacerà sicuramente a chi ha amato Dan Brown e le sue avventure che indagano nei segreti e nei misteri della Chiesa e della religione. Sul piano della trama, posso dire di aver passato due-tre orette di lettura davvero piacevoli: enigmi, codici segreti da decifrare, riti arcani, esplorazioni a lume di torcia alla ricerca di indizi… insomma, se l’intento dell’autore era di tenere il lettore inchiodato alla sedia (come presumo) direi proprio che c’è riuscito. Anche la trama mi è sembrata molto interessante: la narrazione si alterna in tre fasi temporali e spaziali molto distanti tra loro (nel Kashmir del 96 d.C., nella Roma medievale e tra Pisa e Orvieto, ai giorni nostri); tutte le vicende, però, sembrano ruotare attorno a un’unica domanda: possibile che il Messia non fosse veramente morto quando fu tolto dalla croce e posto nel sepolcro? E in caso di risposta affermativa, potrebbe mai il mondo rimanere lo stesso dopo una simile, sconcertante rivelazione?
Secondo me, dunque, Daniele Versari ha saputo creare una storia davvero avvincente e ricca di colpi di scena imprevedibili che l’hanno resa assai piacevole (se si esclude il finale, a mio parere un tantino campato per aria).
Non posso, ahimè, dire la stessa cosa dello stile, che è il motivo principale delle due stelline in meno: specialmente all’inizio l’ho trovato pesante, pieno di descrizioni inutilmente puntigliose (per esempio, quando il narratore riferisce ogni singolo dettaglio di ciò che fa Marzio al computer, compreso il clic del mouse) al limite dell’infodump. In poche parole, la storia si interrompe spesso per lasciare spazio ora al racconto di come Marzio ha conosciuto Elena, ora della vita di Cesare, ora della personalità del capo della co-protagonista… Insomma, avrei preferito meno descrizioni e più azione.
In generale, però, trovo che sia un buon libro: la trama c’è e funziona; occorre soltanto curare un altro po’ lo stile.
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> Erba alta, Gianluca Gemelli (151 pp. – inviato dall’autore)Una vicenda deliziosa capace di catapultare il lettore in un mondo campagnolo apparentemente noioso (o almeno così pensano Giampaolo e i suoi amici che devono trascorrere qui le vacanze), ma che ben presto si tinge di giallo quando, nella distesa d’erba che circonda un vecchio palazzo e che conduce al cimitero, cominciano a comparire strani oggetti. Cioè, a dire il vero non sono gli oggetti a essere strani: quel che è davvero bizzarro è come ci siano arrivati, e soprattutto perché ne compaiano sempre di nuovi. Spinti dalla curiosità, Giampa, Andrea e Lorenzo cominciano a esplorare il campo e soprattutto il cimitero, fino a ritrovarsi coinvolti in una vera e propria avventura zeppa di misteri.
Un racconto che può essere letto da tutti, dai bambini agli adulti, perché sa essere semplice e piacevole pur conservando, per tutta la durata della storia, uno stile impeccabile. Ho apprezzato in modo particolare le scene che riflettono il sapore del luogo in cui ci troviamo, come ad esempio i dialoghi in dialetto. Un applauso, inoltre, alla mitica nonna di Giampa, che mi ha letteralmente conquistato con la sua simpatia.
Be’, ve lo consiglio davvero! È stata una sorpresa davvero piacevole!
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> Le regole del gioco, Peter Atkins (144 pp. – prestato)
Libro prestatomi dal mio professore di fisica. Conoscevo già questa bella collana di divulgazione scientifica, e anche questa volta la lettura non mi ha delusa: è bello sentirsi spiegare la fisica in modo così semplice ed efficace, con esempi chiari e uno stile leggero e al tempo stesso nitido. Andarsi a studiare formuline e formulette e farsi risultare gli esercizi è tutta un’altra faccenda, ovviamente, ma devo dire che mi è stato davvero molto d’aiuto!
Ah, sarà una sciocchezza, ma la copertina mi piace tantissimo!
PS: spero che la verifica sul 2° principio sia andata bene grazie a questo libretto! Incrociamo le dita e preghiamo…
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> Stryx – Il marchio della strega, Connie Furnari (300 pp. – eBook inviato dall’autrice)Quando ho letto il riassunto di questo libro, ricordo di aver pensato: “Oddio, ecco l’ennesimo fantasy-fotocopia, ovviamente sulla scia di Tualet.”
Questo è vero, almeno in parte, ma per fortuna non è tutto qua. Tanto per cominciare, per una volta il “bello e dannato” della storia non è un lui ma una lei, sebbene quest’ultima – che risponde al nome di Sarah – interpreti sempre la parte della ragazza carina-ma-sfigata che si trasferisce e che si ritrovi a fare i conti con le onnipresenti Barbie del liceo e con tutta una serie di personaggi poco raccomandabili. Non mancherà, naturalmente, l’amore proibito per un ragazzo, che le farà passare non pochi guai.
Nonostante questi (apparenti) cliché belli grossi, però, a lettura ultimata posso dire che si tratta davvero di un buon libro.
Anche la narrazione mi è piaciuta molto: come già detto, vi è un frequente uso di flashback che raccontano, attraverso gli occhi di Sarah, il passato delle due sorelle; questi salti temporali, però, non disturbano come verrebbe da pensare, bensì rendono la storia movimentata e appassionante.
A parte un buon numero di virgole che sembrano messe a caso (se ne trova una tra soggetto e verbo quasi a ogni pagina) e alcune descrizioni un po’ ripetitive, dunque, lo stile mi è parso di un ottimo livello.
A questo punto, credete che sia impossibile che, da una trama poco meno che banale come può apparire questa, possa nascere una storia comunque avvincente e scritta bene, e che in generale il libro risulti ben strutturato e assai piacevole da leggere? Be’, in tal caso vi consiglio di leggere Stryx: potreste rimanere sorpresi.
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> Il mio Richard, Lillian Narpini (94 pp. – libro inviato dall’autrice)Un libro che proprio non mi è piaciuto. Anzi, nonostante non arrivi alle 100 pagine, ho fatto davvero fatica a concluderlo.
Fin dall’inizio c’è stato una caratteristica della narrazione che non mi è andata giù, ovvero il fatto che il narratore si infili con prepotenza nella storia, come se fosse la stessa autrice a raccontarci la vicenda di Elen. Anche se, a quanto mi è parso di capire, si tratta di un racconto almeno in parte autobiografico, non ho trovato giustificazioni che spiegassero questa “infiltrazione” continua della voce narrante. Per esempio, nel prologo ci racconta già tutto di lei, nonostante abbia a disposizione l’intero libro per farlo. Un’altra cosa fastidiosa sono i tempi verbali, che sembrano utilizzati in modo pressoché casuale (“Elen ci era rimasta male, questo fatto la fece sentire poco importante, la tristezza e la delusione l’avvolgevano.” Oppure: “Io non trovavo il coraggio ci avvicinarmi [...] (si fecero le 23:15) iniziai a pensare che tutto quello che avevo fatto per incontrarlo era stato inutile, andava tutto in fumo.”); per non parlare delle ripetizioni, delle virgole mancanti o messe a caso, delle fastidiose parentesi piazzate in ogni dove e soprattutto dei tanti (troppi) puntini di sospensione, senza contare gli errori veri e propri. Il risultato è, ahimè, un testo quasi incomprensibile.
Come se non bastasse, la triste storia d’amore tra Elen ed Emanuel, che dovrebbe risultare struggente, non è riuscita a trasmettermi un minimo di sentimento.
Concedo una mezza stellina in più solo perché verso la fine lo stile sembra migliorare. Questo è l’unico punto che ho trovato a favore, però.
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Mo’, passo e chiudo, lasciando come al solito a voi la parola: quali letture vi hanno accompagnato per le prime settimane del 2013?