Anche gennaio se n’è andato: è stato un mese quasi del tutto “scolastico”, nel senso che la maggior parte dei libri che ho letto mi è stata data come compito a scuola – e forse è per questo che sono un po’ in ritardo con i libri da recensire. E così, mentre fuori, dopo settimane di attesa, finalmente si è deciso a nevicare, io me ne sto chiusa in casa al calduccio a raccontarvi quali libri ho letto in questo periodo.
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> Il respiro, Thomas Bernhard (126 pp. – letto a scuola)
Dopo averne parlato in classe, suppongo grazie alla bravura del mio mitico prof, il mio giudizio si è un pelo alzato… Rimane però il fatto che proprio non mi è piaciuto, quindi direi che vale più di due stelline, ma non più di tre. A parte alcuni spunti indubbiamente interessanti, non è riuscito proprio a trasmettermi granché. Non so… forse è perché la lettura di questo libro è stata un compito da svolgere per scuola, e sarò anche l’unica anticonformista che oserà mettere una valutazione così bassa, ma l’ho trovato tremendamente pesante. Certi periodi interminabili, inoltre, me l’hanno fatto quasi odiare, anche perché, secondo il mio modesto parere, la traduzione fa acqua da tutte le parti: mi è toccato leggere per ben due volte un “la maggior parte… non SAPEVANO”, perciò penso mi capirete se a un certo punto ho perso le staffe. È proprio uno di quei libri che si leggono tutto d’un fiato, volendo citare un mio compagno
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> Bartleby Lo scrivano, Hermann Melville (200 pp. – letto a scuola)
Anche questo era un libro da leggere per le vacanze di Natale, e stavolta mi è piaciuto un pelo di più (nella mia classe si sono addirittura create due fazioni per decidere quale dei due libri era il migliore – anzi, forse il meno peggio): Bartleby ha suscitato in me simpatia e tenerezza fin dal primo momento, ma anche ammirazione per come riesce a rifiutare tutto ciò che gli viene proposto con assoluta calma e compostezza, con il suo ormai celebre “Preferirei di no” che è capace di spiazzare chiunque. Non va sicuramente letto alla leggera per essere compreso: anzi, nonostante l’abbia già analizzato più volte, la personalità del nostro Bartleby è tuttora un mistero. Niente male, quindi.
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> Anfitrione, Plauto (letto a scuola)
Davvero spassosissimo, assolutamente il migliore tra i libri che ho letto durante le vacanze. Può sembrare bizzarro che una commedia di oltre duemila anni fa faccia ridere ancora oggi, ma Plauto c’è riuscito. Anzi, mi sono divertita molto di più leggendo l’Anfitrione, piuttosto che una di quelle storie moderne che vorrebbero essere umoristiche, ma che in pratica non fanno ridere neanche i polli.
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> Le nuvole, Aristofane (260 pp. – letto a scuola)
Prima di leggere il libro avevo assistito a una rappresentazione che lo metteva in scena nella mia città, che mi aveva divertito molto, perciò è stato un piacere rivivere quelle scene a distanza di alcuni anni. Come per l’Anfitrione, può stupire che a distanza di millenni faccia ancora ridere e riflettere, ma è così. L’unico aspetto che non mi è piaciuto un granché sono state le frequenti volgarità, ma resta sicuramente un libro da leggere per tutti quelli che amano la filosofia.
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> Il Simposio, Platone (100 pp. – letto a scuola)
Questo finora è stato l’unico, tra i libri di Platone che ho letto, a lasciarmi perlopiù indifferente, forse perché non è stato facile districarmi tra i dialoghi piuttosto lunghi. Nonostante questo, però, alcuni discorsi sull’amore mi hanno stupito per quanto siano ancora attuali!
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> I racconti di Pietroburgo: Il cappotto – Il naso, Nicolaj Gogol’ (220 pp. – letto a scuola)
Come mi è già capitato, probabilmente sarò l’unica ad aver assegnato a questa raccolta un voto così basso, ma resta il fatto che proprio non mi sono piaciuti: ho letto autori che sapevano narrare anche situazioni grottesche e ai limiti dell’assurdo con assoluta eleganza, mentre Gogol’ non mi ha trasmesso quasi niente… peccato.
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> d.flies, Diletta Fabiani (178 pp. – inviatomi dall’autrice in formato eBook)
Prima di cominciare questo romanzo, ma dopo aver letto la trama e aver constatato che non avrebbe potuto essere più distante dai miei gusti, il mio timore era quello di trovarmi immersa in un mondo per me assolutamente incomprensibile… e invece non è successo nulla di tutto questo; anzi, oserei dire l’esatto contrario. Non capite niente di rock band quanto la sottoscritta? Nessun problema: leggetelo lo stesso. Scoprirete che anche una storia che parla di un argomento di cui forse si interessano in pochi (non ci metterei la mano sul fuoco, però: magari, dopo aver pubblicato questa recensione, scoprirò di essere l’unica in tutto il web a sapere poco o niente del rock giapponese, quindi non si sa mai!) può rivelarsi lo stesso incredibilmente piacevole e soprattutto ricca di pensieri e di emozioni palpabili. Quindi doppi complimenti all’autrice, che è riuscita a creare un racconto affascinante sotto tutti gli aspetti, adatto sia a chi si ciba solo di rock che a coloro che, invece, per i più svariati motivi non ne sono appassionati.
(Recensione completa qui.)
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> Loèdill I – Guardiani tra i Mondi, Francesca Poggioli (516 pp. – inviatomi dall’autrice)
È evidente fin dalla copertina che di cura, dietro a questo romanzo, ce n’è tanta. I problemi però non mancano lo stesso, nonostante questa attenzione lodevole. Prima di tutto, arrivare alla conclusione è stato difficile, ma non credo quanto partire: il problema maggiore è che già dal primo capitolo vengono introdotti un gran numero di personaggi diversi, tra l’altro con nomi tra loro molto simili. Il risultato che dopo poche pagine aveva già cominciato a girarmi la testa: riconosco che la mia memoria non è un granché quando si tratta di ricordare i nomi dei personaggi, ma la mia impressione era che ce ne fossero davvero troppi, e quel che è peggio tutti in una volta. A peggiorare le cose ho trovato un’altra scelta narrativa che non mi è piaciuta per niente: a volte si salta dal punto di vista di un protagonista all’altro, e oltretutto spesso ci vuole un po’ per capire di chi si tratta. In ogni caso, questo non vuol dire che Loèdill sia uno di quei romanzi da buttare: la storia, come ho già detto, è buona e il mondo in cui è ambientata pare costruito con minuziosità nei minimi dettagli. Si percepisce che l’autrice ha lavorato sodo per elaborare il suo background e renderlo credibile, e almeno in questo direi proprio che c’è riuscita. Confesso però che non è molta la curiosità di dedicarmi anche al secondo libro, nonostante ci siano molte domande in sospeso.
(Recensione completa qui.)
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> Darkwing – La spada dei sette occhi, Davide Cencini (424 pp. – inviatomi dall’autore in formato eBook)
(Recensione disponibile a breve.)
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PS: siamo al 100° articolo!
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