Come prevedevo, durante il mese che si è appena concluso ho avuto molto più tempo a mia disposizione… tempo che ho impiegato, tra le tante cose, a leggere tanti bei libri nuovi. Eccoveli qua, dunque, come sempre insieme a un piccolo commento.
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Questo è un libro in cui ho trovato alcune cose che mi sono piaciute poco o persino per niente. Tuttavia, anche se di solito non vado d’accordo con le storie che prendono spunto da Tolkien, quella che state per leggere non è una delle mie “recensioni disastrose”, bensì… insomma, giudicate voi.
L’aspetto più evidente, infatti, è che questo romanzo segua abbastanza fedelmente il sentiero già tracciato dal Signore degli Anelli, senza però esagerare: troverete tutte le classiche creature, i nomi dei luoghi e dei personaggi che danno un vago senso di déjà vu, così come per la cartina, ma le somiglianze, in fondo, sono quasi tutte qui.
Il problema vero, invece, trovo che sia nello stile. Gli aggettivi e gli avverbi, infatti, spuntano a tradimento, e molte volte nel corso del libro queste descrizioni diventano da particolareggiate a noiose. Non dimentichiamoci, inoltre, del “PoV salterino“.
Per concludere, trovo che ne La terra dei draghi siano senz’altro presenti degli elementi degni di nota, ma non ho trovato, ahimè, nemmeno un aspetto che spiccasse per innovazione o per altre. Invece, pur non mancando i pregi, i problemi si fanno sentire. Consiglio dunque all’autore di continuare a scrivere e di non arrendersi, perché nel suo libro c’è del buono e sono sicura che nei prossimi libri questo buono emergerà ancora di più.
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> Il libro degli esseri immaginari, Jorge Luis Borges (261 pp. – preso in biblioteca)Sapendo che esiste un libro del genere (e non solo questo, per fortuna), mi chiedo davvero come mai gli autori fantasy, nostrani e non, si ostinino a inserire nei loro romanzi sempre le solite creature fantastiche.
Qui, infatti, ce ne sono davvero di tutti i tipi, anche esseri misconosciuti, ma non per questo meno affascinanti. Certo, avrei preferito almeno qualche illustrazione per farmi un’idea di come appaiano veramente certe creature, ma resta comunque un libro che non può mancare dalle librerie di chi ama fantasticare.
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> Estasia – Danny Martine e la corona incantata, Francesco Falconi (511 pp. – preso in biblioteca)Ho una mezza idea di dedicare a questo libro una recensione più lunga e dettagliata, perché bisogna dirlo: se la merita. No, purtroppo non si tratta affatto di un capolavoro… anzi, oserei dire che è l’esatto contrario. Non sarà raccapricciante quanto i libri di Elisa Rosso, ma vi assicuro che ci siamo vicini.
Tanto per cominciare, non credevo fosse possibile saturare fino a questo punto un libro fantasy di cliché; eppure Francesco Falconi c’è riuscito, perché gli stereotipi del genere ci sono praticamente tutti: il solito ragazzo incapace che si ritrova in un mondo incantato e lì scopre di essere il Prescelto™, colui che salverà la regina dal terribile incanto che la tiene prigioniera, colui che viaggerà per ogni angolo di Estasia alla ricerca delle nove gemme della corona incantata… Insomma, non trovate che sia un po’ troppo? Senza contare, tra l’altro, che si tratta praticamente della brutta copia de La storia infinita. L’avete letta anche voi? Bene: prendete tutti gli elementi che il buon Ende vi ha inserito – dall’Infanta Imperatrice al Nulla – cambiate loro nome e otterrete Estasia. Ah, non dimenticatevi lo stile da prima elementare e tutte le banalità più banali che vi vengano in mente: anche questi sono dettagli importanti.
Dite che sto esagerando? Be’, ditemi un po’: cosa c’è di più scontato di un prescelto incapace che riesce a saltare fuori dalle varie situazioni non per le sue abilità ma grazie alle pietruzze magiche che gli hanno regalato o per intervento di un altro personaggio? Ebbene sì: le “incredibili capacità” che hanno reso Danny un prescelto sono limitate a questo: quando ha un problema, ha a disposizione un numero incredibile di oggetti magici, che lo salvano senza che lui ci metta niente di suo. Non c’è da stupirsi, dunque, se l’ho odiato con tutto il cuore dal primo all’ultimo istante.
Lo stile utilizzato, poi, è a dir poco vergognoso: è piatto, noioso, non dà minimamente ritmo alla narrazione, e soprattutto è zeppo di ingenuità e anche di veri e propri errori. E qui mi fermo, perché la sto già tirando troppo per le lunghe.
Credete di poter giustificare almeno in parte la bruttezza di questo libro sapendo che l’autore, quando lo ha scritto, aveva quattordici anni? Secondo me no, per niente. Anzi, trovo che sia un aggravante: quindici anni di distacco sono un tempo più che sufficiente per rileggere e trasformare una storiella adolescenziale in un romanzo che non suoni come una presa in giro per un lettore con un minimo di cervello. Cosa di cui Falconi, evidentemente, non è stato capace.
Ero indecisa se dargli il minimo, ovvero mezza goccia (o persino se era il caso di inventarmi le “0 gocce”): non scherzo, mi sembrava di leggere “Il regno della fantasia” di Geronimo Stilton… con l’unica differenza che quest’ultimo è per bambini delle elementari, e per giunta è anche più originale e scritto meglio!-
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> La compagnia della Serenissima, Francesca Sannibale (226 pp. – eBook inviato dall’autrice)Un pregio che il mio sguardo di lettrice ha notato fin dalla prima pagina è stato senz’altro lo stile con cui l’autrice ha deciso di narrare la sua storia. Considerata la sua giovane età, temevo che la sua scrittura contenesse note di ingenuità, cosa che invece per fortuna non è accaduta. In poche parole, è uno stile privo di fronzoli, ma che non per questo sa risultare meno accurato: è in grado di dipingere i luoghi, far conoscere il carattere dei personaggi e mostrare i loro rapporti in modo attento. E tutto questo riuscendo sempre ad andare subito al punto senza perdersi.
Questo stile ben curato e coinvolgente affianca una trama chemi è piaciuta molto: ammiro sempre gli autori che sanno mescolare due generi diversi, e unire le indimenticabili e misteriose atmosfere di una Venezia antica con un pizzico di magia mi suonava senz’altro come una scelta vincente.
L’unica nota negativa è il layout del libro: ci sono intere pagine scritte tutte di fila senza andare a capo nemmeno una volta, neppure quando tra due frasi consecutive si crea uno stacco che lo richiederebbe.
Sono assai felice di consigliarvelo, dunque, specie se come me amate le storie che sanno mischiare più generi: non ve ne pentirete, perché “La compagnia della Serenissima” è senza dubbio un libro che vale.
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> 1089 e altri numeri magici, David Acheson (176 pp. – preso in biblioteca)Per chi ama la matematica – ma se è per questo anche per chi non la ama, ma che vuole scoprire qualcosa di essa che potrebbe piacergli – questo libretto è davvero da leggere: mi è piaciuto molto, soprattutto per il modo semplice e coinvolgente con cui è scritto. Non è uno di quei titoli divulgativi che spiegano soltanto, e magari in modo noioso: questo cerca di insegnare qualcosa, ovviamente, ma lo fa tessendoci sopra una storia vera e propria che si è rivelata davvero piacevole. Vi consiglio di darci un’occhiata.
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> Piccola storia della matematica, Paolo Caressa (181 pp. – preso in biblioteca)
Sempre parlando di matematica, questo è un esempio di come non dovrebbero essere i libri di divulgazione: scritto bene, questo sì, ma per nulla scorrevole e addirittura noioso, e per giunta scritto così fitto che passa all’istante la voglia di leggerlo. Questo, invece, ve lo sconsiglio, se cercate un libretto che parli di storia della matematica. Molto meglio quello sopra.
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> Sentieri di luce, sentieri d’ombra, Flavio Graser (498 pp. – eBook inviato dall’autore)Come accade più o meno con tutti i buoni gialli, all’inizio ho trovato questo romanzo semplicemente irresistibile: adoro quando mi si presenta davanti un assassinio avvolto nel mistero, opera di un ancor più misterioso killer, e uno che potrebbe essere un ragazzo qualunque si ritrova coinvolto suo malgrado nella vicenda e deve indagare per togliersi dai guai. Aggiungete poi alla ricetta anche un libro arcano e voilà, sono pronta a cadere ai piedi di qualsiasi scrittore di thriller. Se dunque il romanzo fosse stato lungo solo fino a poco più della metà della storia effettiva – diciamo fino a quando non si narra la vita passata della co-protagonista – credo che sarebbe andato assai vicino alle cinque goccioline.
Come mai allora il voto finale è così basso? Il fatto è che, purtroppo, la seconda parte del libro mi ha alquanto delusa: probabilmente è perché la piega esoterica che prende quasi all’improvviso me lo ha fatto sembrare assai soprannaturale… forse troppo. Sarà pure un’opinione dettata dal mio gusto personale, ma avrei preferito un giallo più “concreto”, mentre come lo ha scritto l’autore è diventato… paranormale, appunto; non saprei come altro definirlo. Questo non è necessariamente un male, per carità, ma resta il fatto che non mi è piaciuto.
Tornando a parlare degli aspetti oggettivi del libro, anche qui purtroppo ho trovato diverse cose che non mi hanno convinto: considerato che si tratta di un libro autoprodotto, credo di non sbagliare quando affermo di non aver trovato le tracce di passaggio di un editor… figura che, a mio parere, in questo caso avrebbe assicurato al romanzo almeno una goccia in più.
Tanto per cominciare, lo stile è ridondante e troppo pieno di fronzoli: si sarebbe potuto alleggerire tranquillamente, e lo stesso vale per alcune scene del libro che sembrano messe lì solo per riempire le pagine e non per reale necessità. La maggior parte dei dialoghi, inoltre, fa davvero sorridere da quanto suoni artefatta e per niente naturale.
Per concludere, me la sento di consigliarlo solo a chi non soffre di stomaco debole e a chi non trova seccante uno stile pomposo come questo. Non è un romanzo da buttare via, certo che no, ma avrebbe necessitato almeno di una revisione.
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> 100 incanti, Erica Bertelegni (331 pp. – comprato su Amazon)Date le premesse, ammetto che mi aspettavo anche peggio. Nella fattispecie, non è un brutto libro, ma non è neanche bello come lo dipingono tutti: sarebbe stato migliore, se solo l’autrice avesse avuto qualche anno di più e non lo avesse scritto esattamente come scrivono tutte le 13enni di questo mondo, ovvero in modo ingenuo e infantile.
L’impressione che avevo durante la lettura era quella di avere tra le mani una fanfiction: una storiella carina, narrata in modo fluido e divertente, ma nulla di più. Non brilla per il lessico, né per l’originalità con cui è scritta: insomma, lo ripeto, è il classico modo di scrivere di chi ha talento ma è ancora alle prime armi, e quindi necessita di esperienza. Ciò non è un male, naturalmente, e con questo non sto certo dicendo a Erica che deve smettere di scrivere: nel momento, però, in cui decido di acquistare un libro pubblicato, credo di avere il diritto di ottenere in cambio dei miei soldi qualcosa di più.
Quel che mi è piaciuto di meno sono i personaggi: sono quasi tutti piatti e alquanto stereotipati, a cominciare da Aurora (che tra l’altro puzza di self-inserction dell’autrice lontano un miglio), e in generale privi di quello spessore che li rende realistici. Marta, per esempio, non è che il classico stereotipo della ragazzina smorfiosetta, presuntuosa e che vuole essere sempre al centro dell’attenzione.
L’idea dei desideri, invece, mi è piaciuta abbastanza: alcuni degli incanti che esaudisce Aurora sono molto carini, ma ce ne sono anche alcuni che sembrano messi lì non per reale necessità, ma solo perché fanno numero.
La cosa irritante, però, è tutto il fenomeno commerciale che si è creato attorno a questo libro: è carino? Questo sì, d’accordo, ma il fatto che Erica Bertelegni sia così giovane non lo rende certo un capolavoro. Per tutta la pubblicità che è stata fatta, onestamente, mi aspettavo qualcosa di più di un raccontino adolescenziale.
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> Ulthemar – La forgia della vita, Antonio Lanzetta (470 pp. – inviato dall’autore)Forse il primo aspetto che salta all’occhio leggendo La forgia della vita è la scarsa originalità. In questo caso, però, definirlo “scopiazzato” come gran parte delle saghe fantasy esistenti mi sembra tuttavia eccessivo e anche ingiusto. Ciò che mi ha un po’ infastidito, infatti, non è stata tanto l’ambientazione classica di per sé, quanto i non pochi cliché che vi sono stati inseriti.
Per quanto riguarda i personaggi principali le cose vanno bene, nonostante alcuni fastidiosi cliché. Riguardo agli altri, trovo che purtroppo siano stati caratterizzati un po’ meno bene, e che per questo siano poco più che delle comparse.
Con lo stile, purtroppo, le cose non migliorano granché. Per dirla tutta, nel complesso si tratta di un libro scorrevole che si legge con piacere e mantiene viva l’attenzione, nonostante il suo stile risulti a volte pomposo. Tuttavia spesso ho incontrato passi che mi hanno fatto storcere il naso: un esempio di questo sono i quasi onnipresenti problemi di punto di vista, il raccontato e le descrizioni stile infodump che riferiscono notizie sui personaggi che compaiono, ma che così facendo interrompono la narrazione.
In ogni caso, già quando avevo letto la bozza inedita ricordo di aver pensato qualcosa come: “Si tratta senz’altro di un’idea buona.” Ora che ho il libro tra le mani continuo a pensarlo, nonostante i vari problemi che ho riscontrato. Dopotutto una trama completa e appassionante come quella di Ulthemar non capita spesso, almeno secondo me.
(Recensione completa qui.)
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Adesso tocca a voi, come sempre: forza, raccontatemi quali bei libri avete letto!