Della mia ossessione adolescenziale per Baudelaire, a questo punto, dovreste essere già abbondantemente informati. Beh, a meno che non capitiate oggi sul blog per la prima volta. In questo caso: “Ciao, tanto piacere, mi chiamo Ilaria e sono un po' schizzata”. Niente che non si risolva con un cd nello stereo, ad ogni modo. Per il resto, vi basterà sapere che amo la Spagna. Che ho una vena groupie. E che a diciassette anni leggevo sotto banco Le Fleurs du Mal. Anche se, a parte i Fleurs, chiunque direbbe che con me c'entra poco.
E da lì, ormai molti anni addietro, ho tratto i migliori insegnamenti letterari che qualcuno mi potesse mai dare. Non che li abbia necessariamente messi in pratica nel modo corretto, intendiamoci. Di certo non l'ho fatto come avrebbe fatto lui. Anzi, probabilmente molti diranno che l'ho fatto male. Eppure, dall'età di diciassette anni, ogni volta che scrivo una frase pensando con cura alle parole da usare mi ripeto come un mantra:“sii sempre poeta, anche in prosa”. Ogni volta che mi assalgono i dubbi e mi chiedo perchè diavolo dovrei continuare a parlare di me, mi ricordo delle asserzioni sul conoscere se stessi per farne il soggetto più sincero che esista. Ed è tutto lì, tutto nero su bianco ne “Il mio cuore messo a nudo”. L'ho riaperto, facendo le pulizie. Ho accarezzato le vecchie sottolineature fatte con una matita evidentemente spuntata. E ho constatato incredula, una volta in più, come quelle frasi scritte a fine ottocento riescano ad essere ancor'oggi un ottimo corso di scrittura creativa. Le principali, le riporto a seguire.