“Libano nel baratro della crisi siriana”: diario di un’emergenza umanitaria, sociale e politica

Creato il 06 marzo 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Un viaggio nel dilemma di un Paese martoriato da un passato di divisioni etniche e religiose, guerre intestine ed invasioni, che si trova a costituire il teatro all’interno del quale vanno in scena e si riflettono le ripercussioni più critiche della guerra in Siria ed in cui aspetti politici, sociali, umanitari e dinamiche regionali si mescolano in modo esplosivo.

Libano nel baratro della crisi siriana (Poiesis Editrice, 318 pagine, 18.00 euro) scritto dai giornalisti Matteo Bressan e Laura Tangherlini rappresenta una testimonianza preziosa di un continuo ritorno dei due autori nel “paese dei cedri” che, con il tempo e con l’aggravarsi della situazione umanitaria, sa registrare – attraverso interviste, indagini nei centri di assistenza e servizi di informazioni – cambiamenti e fattori critici che la crisi siriana ha portato nei confini libanesi. Il Libano ospita il maggior numero di profughi siriani – un milione e mezzo su un paese di quattro milioni di abitanti – ai quali si devono aggiungere quasi mezzo milione di palestinesi.

I due autori raccontano del loro ritorno nel paese nel febbraio 2014. L’aeroporto semideserto ed i soldati che pattugliano le strade forniscono il segno di una Beirut non più turistica. Esemplificativa la testimonianza dell’ambasciatore italiano Giuseppe Morabito, il quale individua due ordini di problemi che affliggono il paese: l’emergenza profughi dalla Siria, con donne e bambini che hanno bisogno di servizi di base ed il ritorno del terrorismo, rispetto al quale viene ricordata l’uccisione del capo dei servizi segreti Wissam al-Hassan.

Il libro ha il pregio di narrare la quotidianità della realtà libanese dopo lo scoppio della guerra nel paese vicino. Scuola, sanità, campi profughi, mondo del lavoro sono gli universi dove l’emergenza si fa più tangibile e la convivenza stessa più difficile. Una situazione che genera un serrato dibattito nei media, nel mondo politico e nella stessa società civile libanese, incentrato sull’opportunità di riconfigurare, di dare nuove regole alla tradizionale politica di accoglienza nei confronti dei “fratelli” siriani. Oggi un abitante su cinque in Libano è siriano. Il sistema scolastico non è in grado di assorbire tutti i bambini, con la conseguenza di un rilevante tasso di esclusione scolastica, malgrado i tentativi di organizzare dei corsi fuori dal normale orario. La condizione di povertà dei profughi è la causa principale del dilagare di fenomeni di delinquenza quotidiana derivanti dall’incertezza, la fame e la precarietà; e di una deflazione del mondo del lavoro, come conferma agli autori la redattrice dell’emittente libanese Otv: «La situazione ormai è caotica. Dal punto di vista occupazionale, i siriani si accontentano di salari più bassi e perciò trovano lavoro con più facilità rispetto ai libanesi, sta aumentando la violenza nelle strade e ci sono malattie che prima non c’erano, come la poliomelite. La responsabilità della comunità internazionale è forte. Ha lasciato il Libano da solo a gestire la faccenda».

I due giornalisti, immergendosi nella quotidianità e mescolandosi tra gli abitanti, tengono il termometro di una società in ebollizione, dove l’acuirsi del fronte umanitario intacca gravemente le regole di convivenza e favorisce il sorgere di sentimenti razzistici prima sconosciuti nel comune sentire della gente. Naturalmente la narrazione – che alterna tratti emotivi ad altri maggiormente analitici – non può eludere la considerazione del contesto regionale ed internazionale. In primo luogo, meritevole di richiamo è l’analisi del ruolo italiano in Libano. Un contributo tradizionalmente stabile, che si concretizza in aiuti alle varie comunità libanesi che accolgono i profughi siriani; nel coinvolgimento nell’UNIFIL; nella partecipazione italiana all’International Support Group for Lebanon, un gruppo di lavoro ad hoc formatosi nel settembre 2013 con la funzione di coordinare le scelte strategiche su questioni sensibili, quali quella dei rifugiati; nella fitta rete di scambi commerciali tra i due paesi. L’Italia è il primo esportatore europeo ed il secondo in assoluto nel paese.

Un focus di riguardo è dedicato alle ataviche divisioni interne ed al ruolo di Hezbollah, il movimento sciita fondato nel 1982, nel conflitto siriano, a sostegno del governo di Assad. Il libro sviluppa una ricognizione storica dei fatti, con la formazione di schieramenti non sempre chiari a livello internazionale ed il crescente coinvolgimento nelle ostilità del “partito di Dio”, anche in funzione anti-sunnita. E lungo tale percorso gli autori sottolineano, tra le altre, l’importanza di alcuni episodi quali ad esempio quello della battaglia di Qusayr. Iniziata nel maggio 2013, essa ha segnato la conquista da parte del fronte filo-Assad di un avamposto strategico, proprio a ridosso del Libano, cruciale per il controllo del territorio. Un contributo alla vittoria delle forze del regime di Damasco è attribuibile senz’altro proprio ad Hezbollah. Bressan e la Tangherlini si fanno testimoni, su questo versante, di un sentimento controverso nella società libanese rispetto proprio alla partecipazione alla guerra del partito sciita, che si giustifica con il timore derivante dall’estensione del conflitto e l’apertura di un secondo fronte di ostilità oltre a quello, tuttora caldo, con Israele.

Con uno stile fluido ed un rigore giornalistico intervallato da spiragli di viva umanità, “Libano nel baratro della crisi siriana” ha il merito di accendere i riflettori sui contorni drammatici di una situazione umanitaria e sociale ormai fuori controllo, in un contesto geopolitico magmatico sul quale si affievolisce l’attenzione della comunità e dell’opinione pubblica internazionale.


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