Luciano Vincenzoni disse che il cinema è un insieme di lavori multipli, un buon film non è solo merito del regista, ma anche del montatore, del direttore della fotografia, del produttore, si insomma la teoria dello scomparso sceneggiatore vede nella sinergia degli elementi la base del successo di una pellicola. Ora, per confermare questa teoria basta guardarsi attorno, e subito vediamo come alcuni registi utilizzino sempre il medesimo gruppo di tecnici al loro fianco da anni (basti pensare a Spileberg o a Scorsese, ma la lista di nomi è lunga). Anche se in modo del tutto differente (diciamo che hanno preso la teoria appena esposta e la hanno stravolta)alcuni produttori, sopratutto tra gli anni ’90 e 2K, avevano sotto di loro una serie di registi e tecnici a seguito cui affidare le pellicole che avevano intenzione di produrre. Avevano creato una sorta di scatola magica, in cui chiuso all’interno un soggetto ne usciva una pellicola, più o meno riuscita, ma recante il marchio di fabbrica del produttore, che diveniva anche più importante del regista (quasi lui stesso un autore non accreditato). Questa premessa è doverosa parlando di “Liberaci dal male”, visto che il “patron” dell’ultima fatica horror diretta da Scott Derrikson è Jerry Bruckheimer (uno che le “scatole magiche” le ha inventate). Chi conosce i film prodotti da costui, non faticherà a riconoscere in questo horror i valori produttivi che da sempre lo contraddistinguono (leggasi ritmo e spettacolarità). Ora se questo lo considerate un bene oppure no, diciamo che sono abbastanza fatti vostri, però chi visiona parecchie pellicole di genere si accorgerà fin dal primo minuto che la cura con cui il tutto è confezionato è ben al di sopra della media a cui siamo stati abituati (Blumhouse permettendo). Insomma “Liberaci dal male” è proprio la nemesi di tutti quei titoli “low cost” di cui il panorama dell’orrore è pieno (cosa che dai trailer non traspare minimamente). Questo non lo trasforma istantaneamente in un classico, ma ha un discreto peso, visto che con i mezzi si è arrivati a creare un titolo magari non originale ma decisamente sopra la media per qualità d’insieme.
Ed ecco i nostri protagonisti. Bana costretto a girare sempre con il distintivo altrimenti lo si confonde con il prete.
Appurato che stiamo parlando di un buon film dell’orrore trattiamo prima gli aspetti meno convincenti della pellicola (la trama la tengo per dopo, tanto non è che stiamo parlando di un Pulitzer), dato che sono pochi e non in grado di intaccarne le qualità. Per chi è abituato a fare colazione con pane ed esorcismi niente di nuovo, va detto che la storia poggia su alcuni luoghi comuni che resistono inossidabili fin dai tempi de “L’Esorcista” di Friedkin. Giusto per fare qualche esempio ritroviamo il prete dal passato burrascoso, un protagonista con problemi legati alla propria fede in Dio, senza contare il solito repertorio di cantine disgustose, animali uccisi (ed ovviamente crocefissi), scritte in latino, cantilene in latino, preghiere in latino e via di sto passo. Ecco questi elementi sono parte del sottogenere dedicato agli esorcismi che le probabilità di non vederli più all’interno di un film, sono le stesse di entrare da McDonalds e non trovare più il Big Mac a listino. Nulle insomma. Certo bisognerebbe chiedersi come sia possibile che un film con più di trent’anni sulle spalle detti ancora le linee guida del genere, ma non è questo il lugo in cui fare filosofia.
Questo è il nuovo look del prete cinematografico, un incrocio tra Bono e Morrison
“Liberaci dal male” racconta la storia del poliziotto Ralph Sarcie (Eric Bana), che si ritrova ad indagare su una serie di fatti grotteschi in corso nel Bronx (tra l’altro il film è ambientato nel 2013 e basato sui racconti del poliziotto protagonista). Lentamente più gli indizi lo porteranno vicino alla conclusione del caso, più sarà costretto a ritrovare la propria fede in Dio e il legame con la propria famiglia. Si unirà a lui nelle indagini padre Mendoza (Edgard Ramirez), prete esorcista dal passato costellato da dipendenze di ogni tipo tra cui droga e sesso (non tutti nascono preti a quanto pare), ma unico in grado di convincere il poliziotto che alcuni fatti vanno oltre l’umana comprensione e quindi accettati. Diretto e scritto in maniera solida ed ambientato per lo più di notte sotto una pioggia battente, “Liberaci dal male”, è la non dichiarata versione urbana del capolavoro di William Friedkin. Anche oggi come allora il male assoluto arriva dall’Oriente, nel 73 il demone venne scoperto da padre Merrin nello stesso Iraq in cui tre Marines lo risvegliano 30 anni dopo, riportandolo a casa con loro nel Bronx (se avessero viaggiato con Ryan Air il demone sarebbe ancora nel suo paese di sicuro visto il costo del supplemento bagagli).
Pur incrociando più volte il proprio film con il capolavoro dell’orrore moderno, Derrikson evita di inglobarne parti aggiornandone l’estetica (basti anche solo pensare che ci ha risparmiato addirittura la bambina con camice bianco, per il latino dovremmo attendere ancora), costruendo un film che grazie ai due attori protagonisti spaventa e coinvolge fino alla fine. Siamo ben distanti da horror quali “L’evocazione” o lo stesso “Sinister” diretto da Derrikson, ma allo stesso tempo ci viene consegnata una pellicola riuscita e in una “confezione” lussuosa. Ora non so voi, ma mi risulta pure difficile chiedere di più.