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Liberazione

Creato il 22 aprile 2015 da Scribacchina

In questi giorni, in Redazione girano solo pezzi sul XXV Aprile.
Sono le memorie di tanti signori che hanno fatto la Liberazione.
… No, non signori: sono ragazzi di settanta-ottanta primavere.
Nei loro scritti si legge tra le righe un sola cosa: «Quelli sono stati i giorni più belli della mia vita».
Non fatico a crederlo.

Gli scritti sono tanti, troppi.
Alcuni vergati a mano, altri mandati con quella diavoleria moderna che si chiama posta elettronica.
Neppure io che ci lavoro in mezzo riesco a leggerli tutti.
Così, me li salvo in qualche modo con l’idea di guardarli con calma stasera.
O domani, chissà.
Sono piccole perle preziose.
Sembrano zirconi, in realtà sono diamanti.

Ci sono anche le foto dei partigiani in città.
C’è, splendida, la foto di un soldato americano che abbraccia una bambina; non fosse per il Teatro sullo sfondo, riconoscibilissimo, avrei giurato fosse una foto di Alfred Eisenstaedt, gemella di questa:

A jubilant American sailor clutching a white-unifo

Invece, il Teatro della foto è quello della mia città. Quello che era stato abbattuto, tanti anni fa, e poi ricostruito completamente diverso. Non ha mantenuto nemmeno il nome.
E quella bimba, quella abbracciata dal soldato americano, chissà… forse è una delle ragazze di ottant’anni che ho visto stamattina al bar.

O forse sono io, mentre guardo con occhi sempre nuovi il mondo che mi circonda.
Mondo che in una frazione di secondo diventa passato.
Mondo sempre in divenire.


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