Porta Susa, il binario 2 si prepara all’arrivo del Frecciabianca 9737 per Trieste Centrale: chi si saluta, chi aspetta impaziente, chi parla al telefono. Un uomo di mezza età siede alla mia destra e osserva la scena in silenzio. Incrocio per caso il suo sguardo e non riesco a fare a meno di ricercarlo in quell’attesa. C’è qualcosa di silenziosamente percettibile in quel gran caos, qualcosa che sul momento percepisco appena. Eppure “c’è un modo di entrare in contatto tra esseri umani più percettivo e affidabile della parola, fatto di sguardi, silenzi, gesti e messaggi ancora più sottili,” scrive l’ungherese Sándor Márai in Liberazione, il libricino che l’uomo alla mia destra tiene tra le mani. “É il modo in cui un essere umano nel suo intimo risponde al richiamo di un altro, quella silenziosa complicità [...] il cui senso è semplicemente questo: io sono dalla tua parte, anch’io la penso così.” Sembra tirare un sospiro di sollievo quando il treno arriva e i molti salgono. Lui resta sui binari, e in fondo un po’ lo capisco.
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