Davide Frezzato 19 settembre 2013
Il Mondo sembra essere zeppo di artisti. I talent show ne sfornano almeno una mezza dozzina all’anno (in modo da poter rimpiazzare le tante meteore che portano alla ribalta), le metropolitane e le piazze delle varie città straripano di geni incompresi (e incomprensibili) e, cosa ancora peggiore, improvvisati galleristi e mercanti d’arte tentano di smerciare opere discutibili ma dal prezzo ben evidente.
Siamo di fronte ad un annichilimento artistico? È questo l’Armageddon che ci porterà a vedere l’Arte-fenice prendere fuoco e rinascere dalle proprie ceneri? Forse è meglio lasciar gli effetti speciali catastrofici agli esperti di Hollywood e fare una netta e doverosa distinzione fra Arte e passatempo.
Il Parnaso per secoli è stata la vetta che in molti hanno tentato di scalare allenandosi strenuamente giorno dopo giorno per tutta la propria vita servendosi dell’aiuto di guide più esperte. Oggi, invece, pare sia sufficiente caricarsi sulle spalle uno zainetto di buone intenzioni e partire per l’impervia arrampicata.
Che l’Arte sia espressione ormai è un concetto ben chiaro a tutti ma che l’espressione di sé abbia bisogno di studio e pratica forse non è ancora chiaro ai più. Se prendiamo ad esempio tutti quei ragazzi che animati dal sacro fuoco dell’Arte si avventurano nella palude dei provini televisivi nella speranza di diventare il nuovo astro della Musica o della Danza ci rendiamo conto di un aspetto desolante: la scarsa cultura generale. Oggi più che mai la Danza e la Musica vengono smembrate in decine di gruppi e sottogruppi e si dà per scontato che un ballerino di hip-hop possa permettersi il lusso di essere completamente digiuno dei rudimenti della Danza Classica o che un cantante rock non debba perdere tempo nella conoscenza delle evoluzioni della Musica dalle sue origini alla nascita dello stile che più lo interessa.
L’ambito pittorico e letterario è ancora più settario, dal momento che fino a mezzo secolo fa gli artisti si riunivano in movimenti con ideali che potessero accomunare la maggior parte degli aderenti, fossero allo stesso tempo un pretesto per discutere, per confrontarsi e scontrarsi con chi la pensava in modo diverso e rappresentassero metaforicamente una cordata formatasi per garantire mutua assistenza a tutti coloro che avevano intrapreso il Gradus ad Parnassum. Oggi, invece, chi ha del talento, reale o presunto che sia, intraprende la missione suicida di scalare la montagna da solo, cadendo spesso nel crepaccio dell’autoreferenza.
Nella sterminata volta che ospita i Maestri più illustri vi sono momenti in cui nascono nuove stelle che saltuariamente riescono anche a non implodere. È sempre più difficile, però, scovare delle nuove costellazioni. Il mondo dell’Arte, quella vera non quella gridata dai venditori di fumo, si muove timidamente eppur si muove! e ciò sarebbe bene ricordarselo quando si è presi dallo sconforto e si chiede a gran voce che venga redatto il suo certificato di morte. Sono sempre meno gli Artisti che capiscono che si è alti solo perché ci si siede sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto e che l’umanità è condannata all’aiuto reciproco per sopportare il peso di un bagaglio culturale sempre più vasto e sempre più pesante.
Avere una tela davanti e imbrattarla in totale libertà non è Arte. È sfogarsi. L’Arte richiede sacrificio, conoscenza e pratica. Tanta pratica. E studio. Tanto studio. L’improvvisazione, invece, richiede la sfacciataggine di coloro che sanno trovare le giuste parole per congratularsi con l’imperatore per i suoi nuovi vestiti.
La semplicità con cui viene trattata la vita artistica forse è una conseguenza dell’aver snaturato l’Arte facendola diventare un bene di consumo, da divorare in poco tempo e da espellere con altrettanta velocità. Nessun impresario è disposto a concedere tre o quattro anni ad un pittore affinché possa realizzare un capolavoro, dal momento che il lancio sul mercato impone che ci sia una quantità di opere sufficienti a soddisfare il pubblico più eterogeneo. La Musica invece deve essere solo vendibile e rispecchiare la moda, le innovazioni sono troppo pericolose perché non vengono mai capite dai contemporanei e si rischia di raggiungere fama imperitura solo dopo la morte (Mozart ne sa qualcosa!).
Rinascerà l’Arte-fenice?
La speranza è che lo stato febbricitante della Cultura (e anche dell’Economia) si trasformi in una nuova epidemia che sia un soffio rigenerante per la selezione naturale di quanto prodotto sotto l’egida delle Muse e lasci in vita solo i germi della rinascita e della consapevolezza che l’espressione di sé non sia altro che una delle molte sfaccettature di questo diamante chiamato Arte.
In copertina: Raffaello Sanzio – Parnaso (affresco – Stanza della Segnatura – 1510-11 dettaglio)