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Anni di ricerche, un mese e mezzo di riprese, oltre cinquanta ore di girato per 70’ di documentario che arrivano al cuore come le parole fortissime, mai banali, a volte ironicamente amare di Pina Maisano e dei suoi figli Davide e Alice, moglie e figli di Libero Grassi, l’imprenditore catanese di nascita e palermitano d’adozione ucciso il 29 agosto 1991 dal racket delle estorsioni per non aver voluto pagare il pizzo. Un uomo coraggioso che squarciò per la prima volta il velo di omertà denunciando pubblicamente i suoi estortori con una lettera pubblicata in prima pagina sul Giornale di Sicilia. E’ il 10 gennaio 1991. Per molti è la data che segna l’inizio della lotta al racket. Da quel momento nessuno ha potuto più dire “io non sapevo”.
A vent’anni da quel tragico 29 agosto 1991, la vita e la morte di Libero Grassi, «uno che coerentemente con tutte le scelte che ha fatto, si divertiva a ripetere che il suo “più che un nome, è un aggettivo”», è stata raccontata da Pietro Durante, regista e documentarista romano che ha scritto, prodotto e diretto Libero nel nome. Oggi ventennale dal suo omicidio, il 29 agosto 2011, il documentario sarà trasmesso in prima serata da Rai2.
«Ho presentato il mio lavoro alla Rai. Marco Giudici, uno dei vicedirettore di Rai2, l’ha ritenuto interessante ed è stato deciso di trasmetterlo in una data simbologicamente importante come il ventennale dell’omicidio», spiega Durante che conobbe – televisivamente, s’intende – Libero Grassi durante l’intervista trasmessa nel 1991 a Samarcanda su Rai3 e, contemporaneamente, su Canale5.
«Fui colpito dalla figura di quell’uomo sin dal momento in cui lo sentii parlare. Quell’immagine, unita con quella della sua morte, rimase latente nella mia mente. Anni dopo cercai di sviluppare un progetto cinematografico su Libero Grassi ma approfondendo le ricerche mi resi conto che la materia era difficile da ridurre in una sceneggiatura così decisi per il documentario», racconta il regista.
Libero nel nome, però, non è un documentario agiografico fine a se stesso. Oltre a ricordare la figura di Libero Grassi si concentra sull’eredità anti-racket raccolta dai ragazzi di Addiopizzo e di una Palermo che lentamente, ma inesorabilmente, cambia. «E’ un processo che nessuna mafia potrà mai fermare – conclude Durante -. E’ questo che “Libero nel nome” spero riesca a far vedere attraverso i racconti privi di vittimismo dei familiari di Libero Grassi e di chi continua ad impegnarsi ogni giorno per far cambiare le cose creando una rete di supporto utile a chi vuole dire no al racket».
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