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“Libero”e Giacomo Matteotti usuraio e sovversivo

Creato il 10 giugno 2014 da Catreporter79

Una lezione di metodo: che cos’è la storiografia e come si fa. E come non si fa.

Il quotidiano “Libero” sceglie di ricordare la figura di Giacomo Matteotti con un articolo di stampo revisionistico particolarmente duro nei confronti dell’onorevole veneto e della sua memoria, e lo fa ricorrendo agli stralci di un libro dello “storico” Gianpaolo Romanato (Dottore in Filosofia) in cui Matteotti viene accusato di usura e di aver fomentato i segmenti più radicali e violenti della sinistra durante il cosiddetto “biennio rosso” (in realtà, Matteotti faceva capo all’ala più moderata del PSI, poi maturata, in epoca repubblicana, nel PSDI saragattiano).

Tuttavia, potremmo notare come né l’estensore del corsivo (tal Francesco Borgonovo) né il Romanato forniscano, a questo proposito , alcun elemento documentale verificato e verificabile (quindi certo), allontanandosi così dal principio dell’analisi storiografica su base logica e razionale (ricordiamo come la storiografia propriamente detta sia una scienza e non un’arte, una disciplina umanistica o dialettica, come invece, al contrario ed appunto, è la filosofia).

Entrando più nel dettaglio, il Romannato dice che Matteotti non si oppose al clima di violenza di quegli anni (al quale contribuirono anche le squadre fasciste) “per non perdere il rapporto con il suo elettorato polesano”. O, ancora, sulle tensioni che regnavano all’epoca nel Polesine, zona di provenienza di Matteotti: “I due maggiori leader, prima Nicola Badaloni e poi Matteotti, operarono per moderare tali spinte e incanalarle in un’azione politica organizzata e più disciplinata. Ma dopo la guerra, quando il conflitto si accese, Matteotti ebbe sempre meno spazio per le mediazioni, non avendo neppure più la sponda di Badaloni. È questa la fase, siamo nel cosiddetto “biennio rosso”, in cui Matteotti apparve in Polesine più un piromane che un pompiere. Altra era invece la linea che teneva a Roma, dove il confronto era dialettico e non “pugilistico”. Questa duplicità gli fu rimproverata da tutti i suoi avversari, liberali, cattolici e fascisti”.

Come appare evidente, le sue analisi patiscono l’assenza di ogni conforto probatorio, esibendosi come un mero florilegio di congetture e ragionamenti apodittici più vicini al relativismo filosofico che non al rigorismo della ricerca e dell’elaborazione storica. Del tutto inesistente la produzione speculativa in merito all’accusa di usura.

Dispiace dover constatare, ancora una volta, come una certa destra non riesca ad approdare ad una sua Bad Godesberg, 130 anni dopo la nascita di Benito Mussolini, come dispiace cerchi la manomissione storica mediante dilettantismi di questo genere.

“Sutor, ne ultra crepidam” (Ciabattino, non andare oltre le scarpe), dicevano i Romani.



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