Mettevo a posto la libreria, e ho trovato questo passo di un saggio di Bertrand Russell, dal titolo Libertà accademica:
Prima di esaminare le attuali condizioni della libertà accademica, sarà utile stabilire cosa noi intendiamo con questo termine. Fondamento della libertà accademica è che gli insegnanti siano scelti per la loro competenza nelle materie che debbono insegnare, e che a giudicare di questa competenza siano gli altri competenti. Che uno sia un buon matematico, un buon fisico, o un buon chimico, può essere provato soltanto da altri matematici, o fisici, o chimici, i quali siano in grado di giudicare imparzialmente. Gli avversari della libertà accademica ritengono che, oltre alle capacità inerenti all’insegnamento, altre condizioni debbano essere prese in considerazione. Un insegnante, secondo loro, non dovrebbe avere mai espresso opinioni contrarie ai detentori del potere.
Russell scrive nel 1940, quando i totalitarismi sono all’apice del potere e hanno fatto sprofondare l’Europa nel momento più tenebroso della sua storia, la seconda guerra mondiale.
È nei momenti più difficili che bisogna riaffermare i fondamenti. Sulla didattica il nostro è altrettanto chiaro:
Una delle cose più importanti da sviluppare negli istituti scolastici di una nazione democratica è la facoltà critica degli allievi. La formazione di menti aperte, preparate ad ammettere come a rispettare, se è il caso, qualsiasi opinione, dovrebbe essere scopo e vanto della scuola. Se la censura mette il bavaglio all’insegnante, l’opera di censura non servirà più allo scopo e produrrà, anziché una nazione di uomini, un branco di fanatici e bigotti.
Mi piace ricordare queste parole oggi, primo giorno di voto del ballottaggio a Milano, la mia città.