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Libertà e disobbedienza. La poetica di Giorgio Caproni
Creato il 03 febbraio 2013 da Saradurantini @SaraDurantiniL'inserto domenicale del Sole24ore dà la notizia che la poesia italiana esiste ed è in buona forma. Si specifica anche che solitamente la poesia non è considerata notizia e credo non tanto per la sua natura intrinseca, quanto per il suo carattere ribelle. La poesia è libertà e disobbedienza, come dichiarava Giorgio Caproni, è una voce intima che esce dal coro per raccontare la tragedia privata in rapporto alla vicenda umana, come sosteneva Montale.
Quando leggo la parola poesia la mente ripercorre proprio i versi di Caproni, in lui riconosco il poeta per eccellenza, colui che ha dato voce al dolore e, attraverso esso, ha riflettuto sull'uomo stesso intraprendendo un cammino dantesco dove "il buio è così buio/ che non c'è oscurità" (La Lanterna). Sono le parole di Caproni, anche laddove non vi è lirica ma esplicazione narrativa dalla sua poetica, che mi catturano con la loro forza celebrativa: la rivelazione del poeta minatore frutto delle letture dei versi di Antonio Machado, la ricerca dell'io che si trasforma in noi, e la verità feroce espressa da Proust "quando uno legge un poeta non fa che leggere se stesso".
Il verso poetico viene stracciato, segmentato, scarnificato da Caproni, vive delle contraddizioni della sua epoca, del lancinante quanto straziante grido disperato di un uomo che si scontra con l'orrore del periodo storico nel quale vive e si sente inerme davanti alla serie di eventi che lo travolgono. Non si tratta di un sentire individualistico ma di una percezione che coinvolge un'intera generazione nata durante il primo grande conflitto e frantumata da una successiva guerra.
E' in questo contesto che deve essere letta la sua poesia quale viaggio attraverso la morte e la rievocazione di chi l'ha resa possibile (Seme del piangere, 1959) e la consapevolezza della solitudine del poeta, dell'impossibilità di relazionarsi, di essere parte di qualcosa di più grande (Muro della terra, 1969).
L'esilio nel quale decide di vivere è fatto di cartapesta, si deteriora solo a guardarlo. Però, finché regge, la precarietà cede il posto a una parvenza di umanità, pur nella sua condizione bistratta. L'illusione di un momento. Una delle possibilità.
Se non fosse stato per un corso universitario sulla poetica di Giorgio Caproni probabilmente non avrei mai letto nulla di questo immenso poeta, quindi ringrazio Andrea Masetti, fino a qualche anno fa ricercatore dell'Università di Parma, per aver scritto un meraviglio saggio: Caproni poeta dell'esilio (Uninova).
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