“Mi resi conto che ero libero di assumere un atteggiamento o un altro nei confronti della situazione, di darle un valore o un altro, di utilizzarla o meno in un senso o nell’altro. Potevo ribellarmi, oppure sottomettermi passivamente, vegetando; oppure potevo indulgere nel piacere dell’autocommiserazione e assumere il ruolo di martire oppure, potevo prendere la situazione in maniera sportiva e con senso dell’humor, considerandola come una nuova e interessante esperienza. Potevo farne un periodo di cura, di riposo, o di pensiero intenso su questioni personali, riflettendo sulla mia vita passata o su problemi scientifici e filosofici; oppure potevo approfittare della situazione per sottopormi a un training delle facoltà psicologiche e fare esperimenti psicologici su me stesso; o, infine, come un ritiro spirituale. Compresi che dipendeva solo da me capire che ero libero di scegliere una o più di queste attività o atteggiamenti; che questa scelta avrebbe avuto effetti precisi e inevitabili, che potevo prevedere e dei quali ero pienamente responsabile. Nella mia mente non c’era dubbio alcuno circa questa libertà essenziale…“.
Da “Libertà in prigione” di Roberto Assagioli