“C’est bien français!” sentiamo dire spesso … e vale per italiani, spagnoli, inglesi, tedeschi, orientali.
Lungi da me banalizzare in generalizzazioni o in immagini patinate da quattro soldi, ma è evidente a chiunque osservi attentamente che un popolo, ergo una cultura – nell’accezione ampia del termine – ha tratti che lo contraddistinguono.
Sono caratteristiche legate alla tradizione, in buona parte frutto di operazioni letterarie, ma rappresentano comunque la cristallizzazione e la sintesi di innumerevoli riflessioni fatte nel tempo.
L’esprit français, quindi?
In Francia si usa frequentemente questo detto: “En France tout finit par des chansons” e l’analogo italiano “tutto finisce in gloria” non rende, secondo me, la stessa idea.
Nulla a che vedere con superficialità o disinteresse per contenuti profondi, anzi!
Il Francese ha la fama di essere spiritoso, di avere senso critico con sfumature canzonatorie e beffarde. Insomma, prende in giro con facilità, ridicolizza cose e persone con estrema naturalezza.
Dall’allegria spassosa ed esilarante di Rabelais all’ironia sarcastica di Voltaire, passando per la comicità di Molière, la satira di Beaumarchais e arrivando alle caricature di Courteline o allo humour impertinente di moderni chansonniers e vignettisti, la storia della letteratura e del pensiero ci regala un’ampia galleria di testimonianze.
Ma, attenzione! Castigat ridendo mores! C’è del serio sotto, eh!
Il Francese comunica in modo brillante dimostrandosi spigliato nel formulare giudizi ed esprimere opinioni, veloce nel concretizzarle. E adora chi è come lui mentre calpesta i mediocri. La delusione e lo scoraggiamento sono tuttavia sempre là, dietro l’angolo, e ne è spesso vittima con la stessa rapidità con cui ha prima agito e lottato. Perché ama la chiarezza, le linee curve lo demoralizzano, quelle dritte lo stimolano fino all’eccitazione in quanto proiezioni verso il nuovo.
È curioso, persino ficcanaso, capace sempre – o quasi – di sbrogliarsela e trarsi d’impaccio.
Ma soprattutto il Francese è innamorato della sua indipendenza. È un amante appassionato e la sua donna si chiama Libertà che, una volta conquistata, non lascia più. Le è fedele; in questo è assolutamente conservatore.
Paradosso? Affatto. Coerenza.
Questo ritratto ha aspetti assolutamente convenzionali, contestabili se si vuole.
Ma non è altro che un puzzle: ogni pezzo è un atteggiamento che ho conosciuto, un’abitudine che ho verificato, un comportamento che ho apprezzato, un’idea che ho discusso o condiviso. Tra francesi, con francesi, in Francia.
Uniti, creano il mio personale tableau de l’esprit français che voglio idealmente regalare questa sera a Charb (Stéphane Charbonnier), Cabu (Jean Cabut), Tignous (Bernard Verlach), Georges Wolinski, nell’ordine direttore e vignettisti di Charlie Hebdo, vittime oggi di un attacco alla libertà.
E ho giocato con questo puzzle proprio ripensando al Beauf di Cabu, caricatura del francese medio e mediocre, individuo che si pavoneggia nelle sue certezze, reazionario, conformista, fannullone, furbo.
Beauf – Jean Cabut
(una delle tantissime caricature)
Non entro nel merito dell’attentato; è stato già ampiamente fatto, detto, scritto e i prossimi giorni si moltiplicheranno le analisi, si forniranno soluzioni, disamine serie si alterneranno alla più bieca demagogia.
Non è questo il punto, non per me almeno.
Mi chiedo solo quanti tra coloro che hanno espresso opinioni assolutamente legittime, magari non tutte condivisibili dal mio punto di vista, abbiano letto prima di oggi qualche riga di Charlie Hebdo, guardato disegni, riso sulle vignette spesso irriverenti e caustiche, ma verso chiunque.
Chi desiderasse guardarne alcune le può trovare qui
Avrebbero dovuto sparare in molti, secondo una certa logica. Eppure …
La satira è libertà, da sempre, e un’umanità che non sa sorridere o ridere di se stessa è un’umanità che sta già un po’ morendo.
Il giorno in cui si toglie voce alla stampa – e intendo stampa tout court, oltre la collocazione ideologica o politica – è sempre un brutto giorno. Che avvenga con un atto di terrorismo o con un’imposizione dall’alto, non c’è alcuna differenza.
Una stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva, ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva.
Albert Camus, Resistenza, ribellione e morte, 1961 (postumo)