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La tragica casualità ci mette di fronte uno scenario simile in tutto il Medio oriente. Anche la Siria è interessata dai fenomeni di ribellione ai governi autoritari e la gente, sull'onda che ha attraversato tutto il Maghreb, è scesa in piazza per protestare. Pure qui la risposta (senza minacce) del governo è stata molto dura: la polizia ha iniziato a sparare sulla folla disarmata, sui civili inermi. In questo caso però nessuna risoluzione è stata presa dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Le spiegazioni possono essere molteplici: aprire due fronti di conflitto sarebbe oneroso per l'occidente, la Siria è un baluardo musulmano in quella zona e la Lega araba mal vedrebbe un intervento diretto. E così, volenti o nolenti, in questa occasione sono accontentati i pacifisti: la guerra è guerra, le bombe, checchè se ne dica, non sono intelligenti ma stupide, e i morti non hanno etichette e quindi se, in una situazione conflittuale come quella che c'è in questi paesi, non si interviene con le bombe, è meglio.Ma è veramente meglio?Qui, come in Libia, non è facile conoscere il numero delle vittime. In più, la stampa estera non è ammessa e quella interna è controllata. Le uniche fonti di informazione sono spesso riprese filmate fatte con i videotelefoni, o le notizie trasmesse dagli insorti attraverso quella parte di rete non controllata. Quale sarà la portata della cosiddetta moral suasion? Quale effetto avranno eventuali pressioni o embarghi? Meglio ancora sarebbe non solo congelare i patrimoni di questi governanti sparsi in giro per il mondo, ma addirittura multarli, sanzionarli per il loro comportamento inaccettabile. E comunque, riusciranno queste strategie alternative ad ottenere qualche risultato? E il bombardamento, parallelamente, caccerà il dittatore oppure peggiorerà le cose?Abbiamo in corso un tragico esperimento.
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