Dovrebbe essere questione di ore per la liberazione della Libia dal tiranno Gheddafi.
Ma è d'obbligo usare il condizionale, perché Gheddafi è come un gatto "dalle sette vite".
Mentre si è convinti d'essere vicini alla cattura definitiva, ecco che arriva la smentita e addirittura si parla di uscite en plein air del colonnello in città.
Stavolta a Tripoli.
Così come il figlio prediletto che, dato per arrestato dai ribelli, appare poi, alcune ore dopo, in immagini televisive a capo dei lealisti ,che incita alla strage di chiunque non sia con i Gheddafi .
Tuttavia,supponendo che presto o tardi, più presto possibilmente che tardi, si giunga a centrare l'obiettivo, sorgono già da parte degli osservatori esterni numerosi interrogativi.
Né peregrini, né agevoli a risolversi.
Sopratutto si teme uno scontro brutale e violento del dopo tra le opposte fazioni(lealisti e ribelli), che poi molto più semplicemente significa vendette familiari e personali tra la gente comune per chi ha combattuto in opposte parti. E che non dimentica.
E questa purtroppo è la cancrena purulenta di situazioni del genere , ovunque ci sono state o sono in corso guerre civili. Ed è possibile si verifichi anche in Libia mentre andrebbe assolutamente evitato.
Come?
Le responsabilità sono tutte del Cnt ossia del Comitato nazionale transitorio, che, assumendosi i pieni poteri, dovrebbe con rigore prevenire ogni scenario del genere.
E qui devono intervenire sopratutto a dare man forte quei Paesi ,che hanno caldeggiato la cacciata di Gheddafi,partecipando alle operazioni militari in Libia in risposta alle due risoluzioni ONU, rispettivamente la 1970, e la 1973.
Dovranno quindi, con ogni mezzo, rafforzare il Governo di transizione, che deve essere assolutamente forte e serio nella programmazione del da farsi e quindi favorito nelle conseguenti strategie da applicare in nome della costruzione di una effettiva democrazia.
Ma gli scenari energetici (gas e petrolio) peseranno e non poco sia per i governi occidentali e gli USA che per quel che riguarda le spartizioni interne del tesoretto da gestire.
Tutti vorranno mettere le mani nell'Eldorato.
Perché la Libia, in Africa, lo è.
E le diverse tribù libiche,rivali e fastidiose l'un l'altra, non staranno certo tranquille a guardare,per cui la pace agognata, dopo gli anni della terribile dittatura, potrebbe rischiare di divenire, ancora una volta, un miraggio.
E potrebbe subentrare un nuovo caos, di difficilissima gestione, anche per chi è stato da sempre disinvolto acquirente del mercato libico,senza farsi ovviamente molti scrupoli circa il rispetto dei diritti umani laggiù, prima del cambiamento.
Noi italiani, per esempio, per primi con la nostra ENI.
E con noi ,francesi e britannici.
Senza contare il ripristino delle infrastrutture letteralmente distrutte o semidevastate, che richiederà ovviamente tempi lunghi.
E ancora, più preoccupante per gli europei tutti, il rinnovo dei contratti per accedere ed estrarre gas e petrolio.
Comunque un passo alla volta va compiuto, senza essere faciloni e ottimisti. Ma neanche fasciandosi la testa prima del tempo. E volendo per forza vedere nero dappertutto.
Ciò che conta più di ogni altra cosa attualmente( a mio parere e non solo) è dare sopratutto al popolo libico quella stabilità che gli è venuta meno e quelle sicurezze umane e sociali, insieme a delle garanzie politiche che, da alcuni mesi a questa parte, esso ha perso.
Questo sì che è importante. No gas e no petrolio.
Ma (la signora) Politica a braccetto di(le signorine) Economia e Finanza non la pensano proprio così.
Ed è qui il garbuglio.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)