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L’esercito francese ha bloccato nel Sahara un convoglio di droga di 1,5 tonnellate: l’operazione è avvenuta in un’area del nord est del Niger, al confine con la Libia: uno snodo centrale per i traffici libici da e per il Sahel. Insieme alla droga è stato trovato pure un buon numero di armi: il contrabbando nella regione è fortemente radicato, e spesso collegato al modo dei gruppi islamisti radicali ─ un esempio su tutti porta il nome di Mokhtar Belmokhtar, una volta lo chiamavano “Il guercio” a causa di un difetto a un occhio, ora è “Mr Marlboro”, uomo legato all’universo del terrorismo islamico e ai combattenti jihadisti, tanto quanto a quello dei contrabbandieri.
La questione interessa la Libia da sud, dall’area desertica sahariana dove si muove di tutto; anche per questo è nata l’operazione militare francese “Barkane”, attiva dall’agosto del 2014: 3000 soldati che si coordinano sul posto con le forze di Mauritania, Burkina Faso, Chad, Niger e Mali. Tutto era iniziato come intervento in aiuto del governo malese, che stava quasi per perdere il proprio territorio sotto l’attacco di Ansar Dine, MUJAO (Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa Occidentale), e al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) ─ e senza l’entrata in azione del 1° Reggimento straniero di cavalleria della Legione straniera francese, le cose sarebbero andate diversamente e forse adesso i qaedisti controllerebbero un intero stato in Africa. Ora continua come lotta al terrorismo islamico e ai traffici di contrabbando tra Maghreb e Sahel.
I traffici di contrabbando che coinvolgono la Libia meridionale, vanno sotto il capitolo “come se non bastasse quello che succede sulla costa libica” ─ e cioè, la guerra civile, anche se forse (“forse” va sottolineato) c’è un flebile spiraglio.
Martedì i portavoce delle più importanti brigate combattenti di Misurata, hanno espresso congiuntamente in una conferenza stampa (e redatto un documento ufficiale) la volontà di raggiungere un cessate il fuoco e una riconciliazione ─ Misurata sta con l’impropriamente-definito-governo islamista di Tripoli e combatte l’altro (che definiamo abitualmente in modo altrettanto inappropriato, anche se ha più appeal internazionale), che ha sede a Tobruk. Quello di martedì era un messaggio diretto a tutti i combattenti: “come eravamo attivi in prima linea, ora lo saremo sul fronte dei negoziati” ─ alcune delle milizie di Misurata figurano tra i soci fondatori dell’operazione “Alba della Libia” che si è legittimata come unica erede delle Rivoluzione che ha cacciato Gheddafi, contro il ritorno dei lealisti rancorosi (che l’Alba individua tra le forze di Tobruk).
Secondo i leader Misratan andati davanti i giornalisti, è necessario ricreare in Libia uno stato di diritto e ricompattare le forze di sicurezza, per non avere più una nazione divisa in tribù, partiti, città e regioni: si sono per questo detti pronti a sostenere qualsiasi appoggio internazionale per raggiungere pacificamente la soluzione della crisi. Durante l’intervento, i miliziani hanno parlato anche di quanto il raggiungimento dell’unità sia necessario per fermare il traffico di droga, l’immigrazione clandestina e per combattere la presenza del terrorismo islamico e delle fazioni jihadiste sul suolo libico (notare, che qui oltre ad andare contro alla filiale locale dello Stato islamico, Misurata si è identificata sul fronte opposto anche di Ansar al Sharia, gruppo jihadista locale che combatte da tempo al fianco del governo di Tripoli nell’area di Bangasi e non solo). A parlare davanti ai microfoni, sono stati i rappresentati di Ahalboss, Mahjoub, Hittin, e della Brigata 166. Quest’ultima è stata l’unica unità che ha ufficialmente combattuto contro l’IS in Libia, quando fu inviata a Sirte per difendere la città dall’assalto delle forze del Califfato.
Da diverso tempo si pensava che la città-stato di Misurata potesse prendere un’orbita propria nella guerra civile: l’invio di forze a combattere il Califfo a Sirte, è stato uno dei primi segnali in questo senso ─ ufficialmente, né le forze tripolitane, né quelle di Tobruk guidate dal generale Haftar, combattono la filiale dello Stato islamico locale, che coglie l’occasione dell’impunità e del caos per rafforzarsi e proliferare. Nell’ottica dell’attestarsi come entità indipendente, qualche settimana fa, quando cominciava a girare l’idea del piano UE per combattere l’immigrazione clandestina dalla Libia, il portavoce della municipalità di Misurata dichiarò all’Ansa che l’Italia, per portare a termine azioni concrete, doveva trattare anche con il governo di Tripoli: un’uscita che aveva di fatto scavalcato l’esecutivo tripolitano dal punto di vista della prassi diplomatica.
Nell’abitudine convenzionale che i media occidentali hanno acquisito nel descrivere il conflitto libico, le forze di Tripoli vengono descritte come “religiose”, quelle di Tobruk come “laiche”, ma in realtà ognuna delle due coalizioni è piuttosto eterogenea. Semmai, in questo schema facilitato, Misurata starebbe in mezzo (e forse pure più vicina ai laici). Qualche mese fa un comandante di Misurata faceva notare al Washington Post come nella sua fazione c’erano sì dei conservatori, ma aggiungeva che la «maggior parte sono meno religiosamente conservatori dei Repubblicani al Congresso degli Stati Uniti». Le visioni eccessivamente radicali e le tendenze antidemocratiche di svariati leader tripolitani, hanno sempre messo a disagio gli uomini di Misurata, che già da febbraio avevano mostrato apertura sui colloqui Onu.
Se i fatti corrisponderanno alle dichiarazioni, l’uscita delle milizie di Misurata dalla coalizione che sostiene Tripoli, è un passaggio importante della Seconda guerra civile libica. Da un lato c’è la possibilità di colloqui di pace più concreti, dall’altro il rischio dell’indebolimento tripolitano che potrebbe portare Haftar a spingere un’offensiva. In mezzo l’attestazione di Misurata come terzo polo indipendente.
Nel frattempo, mentre questo pezzo è in stesura, arrivano notizie di nuovi scontri a ovest di Sirte tra la Brgt 166 e gli uomini dello Stato islamico. Qualche giorno fa il sito libico al Wasat aveva diffuso la notizia di due miliziani misuratini decapitati dagli uomini dell'IS: la battaglia si è rinfiammate nell'area, dopo che le forze del Califfato hanno cercato di prendere la via che porta all'aeroporto di Sirte.
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