L’archeologo Savino Di Lernia lancia l’allarme per Leptis Magna e altri siti.
Il pericolo maggiore per i beni archeologici libici è che vengano impiegati come forma di rivendicazione e di pressione, come successe in Afghanistan con l’abbattimento da parte dei talebani delle statue dei Buddha. Non sorprenderebbe se, in concomitanza con la grande propaganda contro l’Italia, venisse compiuto un gesto dissennato contro le aree archeologiche. L’archeologo Savino Di Lernia, che dirige la spedizione italo-libica nel Messak e nell’Acacus, guarda preoccupato alla situazione del patrimonio archeologico conservato in Libia e sottolinea i possibili pericoli che i grandi siti archeologici della Libia settentrionale potrebbero correre.
Non sono da sottovalutare le bombe intelligenti, che a volte sbagliano bersaglio; ma il timore maggiore dell’archeologo è che le aree archeologiche diventino il palcoscenico del conflitto armato. Nella Libia settentrionale sono concentrati i resti monumentali del paese: le città puniche e fenicie, quelle greche e romane, quelle che conservano maggiori vestigia visibile e che sono state musealizzate. I resti delle città romane, spesso, sono stati impiegati per evidenziare alternativamente l’inimicizia o l’amicizia tra l’Italia e la Libia. Lo studioso si riferisce particolarmente a Sabratha, vicino a Tripoli, dove si sono verificati alcuni scontri, ma anche a Leptis Magna, a metà strada tra Misurata e Tripoli, e a Cirene, al centro della Cirenaica. Tutte aree archeologiche facenti parte della lista UNESCO.
Ritornato in Italia a fine febbraio grazie a un aereo militare, Di Lernia evidenzia che il primo problema per molte di queste aree è che sono inglobate nelle città e nelle periferie urbane, come Cirene e Sabratha, che potrebbero essere teatro di scontri o potrebbero venire colpite da una bomba intelligente. Inoltre, i siti potrebbero essere usati come una forma di ritorsione contro il turismo che per gli abitanti della Libia costituisce un asseto produttivo. Durante le guerre il patrimonio culturale può trasformarsi in merce di scambio.
Le aree più sensibili si trovano sulla costa, mentre quelle situate nel sud-est e nel sud-ovest, famose per un’archeologia molto antica e per l’arte rupestre preistorica, sembrerebbero più al sicuro. In ogni caso, gli occidentali non possono proteggere il patrimonio artistico dell’UNESCO, che possiede un margine di azione molto basso. Nessun intervento può essere organizzato senza che lo richieda il paese che conserva i beni archeologici in pericolo.
Fonte: Archeorivista