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LIBIA. qualche saggio

Da Atlantidelibri

 

L’Italia e l’ascesa di Gheddafi, Arturo Varvelli, Baldini Castoldi & Dalai
«Riguardo all’espulsione della comunità in Libia, alcune responsabilità italiane furono evidenti. Moro si affidò all’intermediazione di Nasser rendendosi conto solo tardivamente dei contraddittori interessi tra Italia ed Egitto circa il mantenimento della presenza in Libia della collettività italiana e del doppio gioco egiziano, e ritardò i preparativi di un incontro chiarificatore a causa delle beghe di politica interna. Con ancora maggior gravità i diplomatici italiani non compresero prontamente che Gheddafi, per rafforzare il proprio potere all’interno del Paese, avrebbe potuto compromettere le relazioni con l’Italia e sottovalutarono i reali pericoli. (…) Solo più tardi l’Italia comprese la profondità del rancore e della voglia di riscatto di Gheddafi e di buona parte della popolazione libica.»

A soli 11 mesi dal golpe da lui capeggiato, il 21 luglio 1970 Muammar Gheddafi emanava una durissima legge contro gli italiani in Libia: confisca di tutti i beni ed espulsione dell’intera comunità residente. Gheddafi, allora uno sconosciuto colonnello ventisettenne, diveniva improvvisamente il liberatore dalla presenza coloniale italiana acquistando fama in patria e all’estero. La diplomazia e il governo italiano furono decisamente spiazzati: la richiesta mediazione di Nasser si rivelò un bluff perché non si compresero il doppio gioco e gli interessi egiziani; inoltre, seppur noto, fu sottovalutato il reale pericolo del nazionalismo libico. Oggi, per la prima volta, la consultazione della documentazione inedita degli archivi del ministero degli Esteri, integrata con le carte degli archivi inglesi e americani, ha permesso ad Arturo Varvelli di ricostruire minuziosamente quegli anni cruciali. E di raccontarci come Moro seppe riallacciare i rapporti con Tripoli, scartando le misure di ritorsione, sventando anche un golpe contro Gheddafi e puntando a compensazioni indirette in campo economico. Fu uno scambio conveniente per entrambi i Paesi, che coinvolse le grandi opere, il petrolio e le armi, e che assicurò all’Italia un approvvigionamento petrolifero preferenziale in cambio di know-how tecnico-scientifico essenziale allo sviluppo della Libia. La collaborazione italo-libica si muoveva però in uno scenario intricatissimo in cui l’Italia doveva mediare tra la politica mediorientale degli Stati Uniti, che con la crisi petrolifera del 1973 si mutò in dura opposizione ai Paesi produttori di petrolio, e le esigenze energetiche nazionali. Ecco perché la conclusione dell’accordo di cooperazione con la Libia del febbraio 1974 acquisì una rilevanza politica, il cui obiettivo era collocarsi come Paese «cerniera» fra l’Alleanza atlantica e il mondo arabo, salvaguardando gli interessi economici italiani in Medio Oriente e assicurandosi sul piano interno il consenso del Partito comunista. L’intesa del 1974 è rimasta un caposaldo della politica mediterranea italiana fino ai nostri giorni, malgrado una lunga situazione di contrasto tra il regime di Gheddafi e la maggior parte delle potenze occidentali. La storia si ripete, dopo il trattato d’amicizia tra Roma e Tripoli del 30 agosto 2008. Oggi come allora, Gheddafi è un partner indispensabile. La perfetta complementarietà tra le due economie sembra suggerire e rivelare che, in fondo, gli interessi comuni sono ancora gli stessi.

Arturo Varvelli è nato a Torino nel 1976. Si occupa di politica e storia internazionali. Ha conseguito un dottorato in Storia internazionale presso l’Università Statale di Milano. All’attività di ricerca presso l’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) di Milano affianca quella giornalistica collaborando con diverse testate nazionali.

Non desiderare la terra d’altri. La colonizzazione italiana in Libia, Federico Cresti,Carocci
Negli ultimi anni i rapporti che legano l’Italia alla Libia sono stati spesso al centro di dibattiti e polemiche. Questo libro – che esce a cento anni di distanza dallo scoppio della guerra italo-turca (1911), primo atto del sogno nazionalista italiano di ottenere “un posto al sole”, e a sessanta dalla dichiarazione di indipendenza del paese nordafricano (1951) – rappresenta dunque l’occasione per ripercorrere un capitolo fondamentale dei rapporti fra i due paesi: la drammatica vicenda della conquista coloniale della Cirenaica, destinata dal governo fascista a essere popolata da agricoltori italiani.

A un passo dalla forca, Angelo Del Boca, Baldini Castoldi & Dalai
La conquista italiana della «quarta sponda» è costata alle popolazioni della Libia, nell’arco di vent’anni, centomila morti. Un numero enorme di vittime, se si pensa che il Paese contava, al momento dell’invasione, appena ottocentomila abitanti. Sinora si conosceva il dramma del popolo libico essenzialmente da libri redatti in base a documenti di fonte italiana ed europea, a volte incompleti e spesso poco imparziali. Nel 2006 Angelo Del Boca, il maggior storico del colonialismo italiano, ha avuto la straordinaria opportunità di poter consultare un documento di cui si ignorava l’esistenza: le memorie di Mohamed Fekini, capo della tribù dei Rogebàn, uno dei più irriducibili oppositori della dominazione italiana. Seguendo il filo degli avvenimenti narrati con grande precisione e lucidità da Fekini, Angelo Del Boca ha potuto così offrirci una ricostruzione, finalmente completa e attendibile, del periodo che va dal 1911, anno dello sbarco degli italiani a Tripoli, al 1930, quando Fekini, incalzato dalle bombe di Graziani, fu costretto a rifugiarsi con la sua gente in Algeria.
Il libro oltre a fornire una visione del tutto nuova e capace di rendere giustizia alla cultura e al patriottismo libici, ha anche il merito di dare risalto a pagine tragiche, colpevolmente rimosse dalla nostra storia nazionale.

Gheddafi. Una sfida dal deserto, Angelo del Boca, Laterza
“Sono il leader dei leader arabi, il re dei re dell’Africa e l’imam dei musulmani”: Muammar al-Gheddafi, da quarantuno anni alla guida della Libia, è vivo, lucido, nel pieno delle sue energie, deciso a mantenere il potere con ogni mezzo. È anche fresco di recenti successi. È stato cancellato dalla blacklist americana dei “paesi canaglia” e reintegrato a pieno titolo nella comunità internazionale. Resta l’ultimo suo grande sogno di costruire un’Africa unita, che stenta però a decollare. Angelo Del Boca, il più noto storico del colonialismo italiano, accoglie la sfida di una biografia in fieri e racconta le molte facce del leader libico: lo statista, l’agitatore, il politico e insieme il funambolico beduino, l’arguto narratore del deserto.



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