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Libreria Kmzero a Milano

Creato il 19 gennaio 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Da qualche settimana è uno degli argomenti più gettonati, con relativo contorno di polemiche. La notizia è che a marzo aprirà a Milano, in zona semicentrale, la libreria Kmzero, riservata ai piccoli editori. Complice una buona campagna di comunicazione, l’iniziativa si è guadagnata visibilità fin sulle pagine nazionali di Repubblica, dove peraltro si è dato conto delle numerose perplessità che circondano l’iniziativa. Ma già da qualche settimana se ne sta parlando molto sul web, in particolare su finzionimagazine, dove si è sviluppato un dibattito ampio e quasi esaustivo, utile da leggere e al quale rimando per chi volesse abbracciare l’intera complessità della questione e i vari punti di vista (vi abbiamo partecipato anche noi, seppure in forma interlocutoria).
Qui, senza la pretesa di toccare tutti gli argomenti, vorrei esprimere la posizione di Autodafé, le nostre considerazioni principali e le nostre scelte conseguenti. Per farlo, devo sforzarmi anzitutto di sorvolare sul cattivo primo impatto di una comunicazione furbetta, che ricicla slogan propri del consumo ecosostenibile senza che essi corrispondano in alcun modo al senso della proposta. Perché Libreria Kmzero vorrebbe dire, nello spirito di questa definizione, proporre al lettore milanese libri di piccoli editori milanesi privi di distibuzione nazionale; cosa che non è, e che peraltro non può essere perché sarebbe poco sensata. E parlare di slowbookstore serve solo a fare il verso a slowfood, ma non corrisponde davvero a nulla di concreto e spiegabile, né di alternativo a un inesistente fastbookstore.

Libreria Kmzero a Milano. Qualche considerazione da piccoli editori indipendenti

Vengo dunque ai tre aspetti critici, e d’altra parte essenziali, intorno a cui si è concentrato il dibattito sul web: gli 800 euro annui per metro lineare richiesti agli editori per poter essere presenti sugli scaffali della libreria con i propri titoli; il 50% trattenuto dalla libreria sull’incasso delle vendite; la mancanza, in ingresso, di un criterio selettivo di qualità, per cui la libreria dei piccoli editori indipendenti rischia di trasformarsi in libreria dei piccoli editori abbienti.
Sorvolo su quest’ultimo punto, perché se Kmzero sia riservata agli abbienti lo vedremo valutando i primi due aspetti, mentre l’idea di una selezione per qualità ci condurrebbe in un campo troppo ampio e minato. Credo poi che sarebbe comunque prematuro e ingiusto stabilire a priori che la libreria non abbia, o non voglia darsi, altre forme per promuovere e incoraggiare gli editori di qualità, selezionando tra i presenti in base a un criterio non meramente economico (chi più paga più ha diritto).
Più semplice ragionare sui costi. Gli 800 euro annui (più Iva) sono troppi, come sostengono molti? No, in assoluto. Sì per una sola libreria, nuova e senza alcuna garanzia. Come ha sottolineato qualche editore intervenuto nel dibattto, vi è il concreto rischio che questa formula “pagare per essere esposti” diventi prassi; significa che se un piccolo editore vuole essere presente in 15-20 librerie indipendenti sul territorio nazionale, che è l’obiettivo minimo di un’autodistribuzione, deve sborsare 15-20 mila euro ogni anno, che è cifra fuori dalla portata di tutti o quasi (e, peraltro, è una cifra con cui società di promozione ti fanno arrivare, attraverso i grandi distributori nazionali, nelle maggiori librerie di catena, con la stessa percentuale di sconto praticata al distributore).
La stessa debolezza, appunto, presiede ai ragionamenti sullo sconto che l’editore deve praticare alla libreria. Il 50% è percentuale da distributore; un distributore al netto della promozione, ma comunque pur sempre un soggetto che tiene magazzino, movimenta le merci su vari punti vendita, consente una semplificazione della gestione contabile. Per una sola libreria, si tratta di una percentuale del tutto fuori misura.
I promotori dell’iniziativa, e proprietari della libreria, hanno risposto ad alcune delle critiche. Gli 800 euro, hanno spiegato, andrebbero intesi come una tantum (ma il contratto non lo dice) e come compartecipazione al rischio; però, allora, la proposta avrebbe dovuto essere formulata in maniera chiara e diversa, così come ovviamente diversa avrebbe dovuto essere la redistribuzione degli utili, a fronte di una compartecipazione al rischio d’impresa. Quindi hanno aggiunto che si prevede, prossimamente, l’apertura di altre librerie analoghe in alcune delle principali città italiane, peraltro senza precisare in che modo verrebbero formalizzati gli accordi con gli editori che già hanno pagato la partecipazione alla prima fase del progetto; ma l’ipotesi di apertura di altri punti vendita, senza condizioni chiare, appare comunque vaga e tardiva, e mi viene semplicemente da rispondere “prima vedere cammello”.
La sensazione è che in tutta l’operazione non ci sia alcuna progettualità di ampio respiro, ma solo il tentativo (anche ragionevole, dal puro punto di vista imprenditoriale) di monetizzare a proprio vantaggio il bisogno di visibilità dei piccoli editori. Mentre l’apertura di una libreria con le caratteristiche dichiarate sarebbe stata un’ottima occasione per provare qualcosa di diverso, costruire una rete di librerie indipendenti che si riconoscessero in un marchio e in un progetto (magari coinvolgendo in altre città librerie già esistenti, senza bisogno di nuovi investimenti), per proporre agli editori interessati una nuova rete commerciale. Dentro un’operazione di questo tipo, avrebbe anche avuto un senso pagare degli spazi espositivi (certo non 800 euro a ciascuna delle dieci o venti librerie coinvolte, ma un migliaio di euro per tutte o per una presenza modulare ci potevano stare benissmo) e lasciare un 50% degli incassi a una piccola rete distributiva, seppure circoscritta, che si occupasse della gestione dei titoli in tutti i punti vendita associati, con relativa circolazione delle copie.
Al di là delle seduzioni della comunicazione e della sbandierata novità della vetrina esclusiva, ci pare in fin dei conti che “l’idea innovativa” sia stata largamente sovrastimata ed enfatizzata oltre i contenuti. Senza bocciare a priori, senza attribuire cattive intenzioni e concedendo ogni beneficio del dubbio, la proposta, semplicemente, non ci interessa. Perché è davvero inutile uno sforzo economico tanto ingente per essere presenti in un solo punto vendita, e perché rischia di costituire un pessimo esempio cui altri librai indipendenti potrebbero essere tentati di uniformarsi, sempre perseguendo ognuno la logica del proprio particulare.
Seguiremo l’avventura di Kmzero, anche con la speranza che evolva invece in direzioni più interessanti. Ma il primo passo non ci sembra mosso nella direzione giusta. E continuiamo a pensare che le alternative “di sistema”, anche piccole, dobbiamo costruirle noi, editori e librai già esistenti e già presenti sul mercato, nella logica dell’unirsi per fare forza.


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COMMENTI (2)

Da Ugobruno
Inviato il 22 gennaio a 12:16
Segnala un abuso

solo chi non ha mai vissuto la dura solitudine in cui opera un piccolo editore non riesce ad apprezzare quanto vale la presenza promozionale continuativa inventata e proposta da kmzero ( i commenti sul nome mi sembrano superflui e un po' gratuiti )

Da Ugobruno
Inviato il 22 gennaio a 12:16
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solo chi non ha mai vissuto la dura solitudine in cui opera un piccolo editore non riesce ad apprezzare quanto vale la presenza promozionale continuativa inventata e proposta da kmzero ( i commenti sul nome mi sembrano superflui e un po' gratuiti )