Come da tradizione inizio l’anno sul blog con un piccolo excursus delle letture dell’anno precedente. Ormai è un’abitudine ben consolidata ed anzi vi lascio di seguito i link per gli anni precedenti:Il 2011 in libri
Il 2012 in libri
Il 2013 in libri
Il 2014 in libriPremetto che è stato un anno veramente scarsissimo: ho letto pochissimo purtroppo, tuttavia ne sono uscite diverse perle (ma anche numerose ciofeche). Spero troverete qualche interessante spunto.
- Markus Zusak, Storia di una ladra di libri: questo è stato un regalo di natale; nonostante il fenomeno mediatico e le lodi spassionate di letterati dell’ultima ora, io non lo avrei mai acquistato di mio. Non saprei dire perché ma proprio non mi ispirava ed in generale ho abbastanza fiuto in questo senso: riesco a capire istintivamente cosa potrebbe piacermi. Ad ogni modo mi piace leggere qualche volta anche romanzi distanti dal mio gusto, per farmi apprezzare ancora di più i capolavori. La storia è scarna, strappalacrime; la scrittura poverissima e suscita davvero scarsissima empatia. Lo consiglio a chi ama letture veloci, non troppo impegnative, di puro intrattenimento.
- Vladimir Nabokov, Il dono: tutta una altra storia per questo romanzo gigantesco di Nabokov di cui ho ampiamente parlato in questa recensione. Si tratta di un Romanzo con l’iniziale maiuscola, non tanto per la trama piuttosto semplice, quanto per le capacità narrative e descrittive dirompenti di uno degli scrittori più grandi della storia della Letteratura. Ci vuole molta pazienza per leggerlo perché la lingua è molto raffinata e difficile, spesso non di immediata comprensione, ma il gioco vale decisamente la candela!
- Mordecai Richler, L’apprendistato di Duddy Kravitz: pur essendo un romanzo molto al di sopra della media, non brilla come La versione di Barney, certamente il romanzo più celebre dello scrittore canadese. Il topic dell’ebreo che fa strada nella vita e nel lavoro è lo stesso, ma ripreso da un’angolazione ben diversa. Interessante e di veloce fruizione, mantiene un buono standard qualitativo.
- David Nicholls, Noi: una bella occasione letteraria sprecata! La storia aveva un gran potenziale, ma lo stile ha svilito tutto: troppi dialoghi rendono il romanzo una sceneggiatura, pronta per essere ripresa da una cinepresa. Non che sia un romanzo scadente, ma per chi ha letto Un giorno e lo ha amato, la delusione potrebbe essere cocente.
- Richard Yates, Una buona scuola: Yates è una certezza. Non ho mai nascosto la mia passione per il grande romanzo americano di cui Yates è un magnifico esponente (chi non ha lasciato un pezzo di cuore su Revolutionary Road?). Una buona scuola è un romanzo di formazione sui generis, malinconico e bizzarro, scritto in maniera eccelsa, ça va sans dire.
- Fabio Volo, Le prime luci del mattino e Il giorno in più: e con queste due letture credo di aver pagato il fio per sempre. Volo non mi è mai stato simpatico: tronfio, egotista, autoreferenziale, manifesta queste peculiarità anche nei suoi romanzi. Li ho trovati un’accozzaglia di banalità, scritti in maniera elementare, tipico di chi si inventa scrittore. Romanzi fatti di happy ending, che servono agli uomini per sedurre donne con poca stima di sé. Per carità, ho letto di peggio nella vita, (purtroppo), ma dubito che lo affronterò di nuovo (almeno adesso posso criticarlo con cognizione di causa!).
- Israel Joshua Singer, La famiglia Karnowski: leggere un romanzo familiare per me è come sparare sulla croce rossa: al 90% mi piacerà. In effetti è stato così! Storia di una famiglia ebrea che dalla Galizia polacca emigra negli Stati Uniti per fuggire le persecuzioni antisemite. Tre generazioni di Karnowski si susseguono, mostrando l’avvicendarsi sociale e culturale dell’epoca, Un romanzo a tratti amaro, ben scritto, intelligente e complessivamente godibile, pur non entrando nel mio Olimpo personale del genere.
- Nick Hornby, Funny girl: il secondo libro che affronto dello scrittore inglese dopo Non buttiamoci giù. L’ho trovato gradevole ma nulla di più. Il problema essenziale è che racconta la storia di una celeberrima sitcom della BBC degli anni sessanta, da noi mai trasmessa, per cui è impossibile apprezzarne le sfaccettature e le implicazioni sulla storia del costume e della cultura britannica. Si lascia leggere, ma non si può goderne a pieno: un po’ come farebbe un lettore inglese davanti un romanzo che racconta la storia di Casa Vianello.
- Marco Viviani, La crisalide nel fango: primo romanzo della iena Matteo Viviani, si tratta di un romanzo nero dalle sfaccettature pulp. L’idea è interessante, forse pecca di una certa mancanza di esperienza a livello linguistico: manca l’abilità del fraseggiare complesso e sofisticato che avrebbe senz’altro regalato un quid a questa storia (mi viene in mente Come dio comanda di Ammaniti, per esempio, un eccellente esempio di noir ben scritto, non sempre così scontato per il genere nei nostri italici lidi).
- David Herbert Lawrence, L’amante di Lady Chatterly: mi aveva sempre incuriosito questo romanzo scandaloso ma temevo fosse più vicino ad un harmony che ad un bel libro, ma mi sbagliavo. Lungi dall’essere un romanzetto erotico, approfondisce molto bene la psicologia dei personaggi, indugiando certamente sulla sessualità, raccontata in una maniera decisamente esplicita (e quasi inaspettatamente visto che ci troviamo nel 1928) ma al contempo raffinata e mai volgare, regalando alcuni momenti di vero lirismo letterario.
- John Steinbeck, Furore: e qui alzo le mani! Potrei quasi definirlo “la migliore lettura del 2015”, se non ci fosse anche Roth in seguito a minare le fondamenta di questa certezza. Steinbeck mi è sempre piaciuto, dalla prima lettura (Quel fantastico giovedì) ma qui esprime una potenza narrativa incontrollabile. Nonostante un registro linguistico basso, povero (a rispecchiare la miseria economica ed umana di cui tratta la vicenda), mi ha emozionato come pochi sanno fare (Tolstoj, Zolà, Fallaci, Tondelli,…). Penso sia difficilissimo raccontare a parole la disperazione eppure Steinbeck ci riesce alla perfezione. Particolarmente attuale anche la tematica (crisi economica; famiglie costrette ad emigrare in paesi stranieri per mangiare; povertà;…) che ci fa riflettere su come il tempo non cambia mai ed è tutto un eterno ritorno. Ma quello che resta alla fine è, inspiegabilmente, un messaggio di disperata speranza (chi conosce questo romanzo capirà l’ossimoro).
- Pauline Réage, Histoire d’O: racconta la storia di una giovane donna talmente innamorata del suo compagno da prestarsi ad una educazione sessuale puramente masochistica. L’argomentazione appare quanto mai scandalosa vista l’epoca di uscita del romanzo (metà degli anni cinquanta, quando il sesso era ancora un sacro tabù culturale). Anche in questo caso non si tratta di un mero romanzo erotico (nel 1955 vinse il Prix des Deux Magots) fine a scaldare solo i bollenti spiriti; racconta invece il viaggio verso gli inferi di una donna, disposta a tutto per l’uomo che ama, ma forse è ancora di più un romanzo di introspezione che svela progressivamente l’indole di una persona inconsciamente attratta da un mondo in cui piacere e dolore sono legati da un filo doppio. Le pratiche sessuali, dalla sodomia all’orgia, dalla scarificazione alle punizioni corporali, sono raccontate nel dettaglio, lasciando pressoché nulla all’immaginazione, con un linguaggio molto preciso, quasi tecnico, e delineano alla perfezione il percorso che rende O una vera schiava sessuale, il tutto nella piena libertà di una propria consapevole scelta.
- David Grossmann, Che tu sia per me il coltello: ho speso parecchie parole per questo romanzo, dotato di una scrittura perfetta, di un lirismo equilibrato e potente, di una storia struggente; eppure il fastidio che ho provato nei confronti del protagonista maschile, Yair, me lo ha fatto andare a noia. Yair, un omuncolo, debole ed egocentrico. Un pifferaio magico che riesce a sedurre una donna magnifica come Myriam, come spesso gli omuncoli inspiegabilmente riescono a fare. Ho letto molte lodi su questo romanzo, anche da veri amanti della lettura di qualità, eppure non riesco a superare l’idiosincrasia che provo per questo personaggio, forse perché nella storia di Myriam e Yair ritrovo molte tracce del mio passato che vorrei dimenticare.
- Haruki Murakami, Dance dance dance: un altro romanzo della serie “i sopravvalutati”. Ancora una volta il protagonista di Murakami è un uomo nella media, a cui succedono cose bizzarre, circondato da personaggi stravaganti mentre di sottofondo si sente una raffinata colonna sonora. La scrittura asciutta ed essenziale non me lo fa amare, perché non è controbilanciata da nient’altro (com’era ad esempio dal dramma narrativo in Norwegian wood) e mi ha lasciato un buona dose di amaro in bocca. Concedo a Murakami solo un’altra occasione per riconquistarmi, sperando ci riesca o sarò ostracizzata dalla comunità bibliofila mondiale!
- Philip Roth, La macchia umana: vabbè, Roth, che altro devo aggiungere? Un romanzo perfetto, sotto qualsiasi punto di vista, che dice tutto nei tempi e nei modi giusti e lo dice bene come solo i grandi maestri sanno fare. Volevo scriverne una recensione, ma ho pensato che mai nessuna sarebbe stata bella ed esauriente quanto quella di Margherita di Nulla di preciso, quindi se volete saperne di più, andate da lei! Per quanto mi riguarda Roth non sbaglia un colpo, da Indignazione a Pastorale americana a Lamento di Portnoy. Non aspetto altro che leggere tutta la sua opera completa!
- Virginia Wolf, Gita al Faro: un romanzo delicato e riflessivo, ricco di suggestioni visive e più in generali sensoriali; pieno di affetti e di mancanze; con pacati colpi di scena ed una scrittura raffinata tipica della Wolf. Da leggere per capire l’importanza dei propri cari, quando ci sono e quando mancano, specialmente delle donne, motore immobile delle famiglie, in ogni epoca, tempo, società.
- Italo Calvino, Lezioni americane: un saggio che raccoglie una serie di conferenze che Calvino avrebbe dovuto tenere nel 1985 all’Università di Harvard all’interno del ciclo Poetry Lectures che tuttavia non furono mai realizzate a causa della sua morte nell’autunno di quell’anno. Le Lezioni esprimono la poetica del grande letterato italiano, ma anche la sua visione futura della letteratura, degli aspetti che saranno decisivi, specialmente per lo sviluppo culturale del secolo a venire. Una prosa d’autore che, nonostante il taglio saggistico, ospita interessanti digressioni narrative e non annoia neanche me che aborro la saggistica. Alcuni pezzi poi sono poesia pura, da leggere anche solo per il gusto di leggerli.
Come sempre ogni suggerimento per quest’anno è molto ben accetto!!