Complice la pausa pasquale e l’arrivo del Kindle, ultimamente ho letto più di quanto riesca a recensire per esteso. Quindi per una volta andiamo di recensioni in pillole.
Il mio impero è nell’aria
Gianluca Ricuperati, 2011
Minimum Fax
315 pagine, 15 euro (ebook 9,90 euro)
Undici anni nella vita di Vic Gamalero, dall’adolescenza inquieta al traguardo dei trent’anni. A fare da filo conduttore, l’ossessione per il denaro.
Non pensate però all’epopea di uno yuppie, perché Vic è tutt’altro: i soldi non sono per lui un mezzo per acquistare fama e potere, sono semmai il termometro dell’affetto che gli altri provano per lui. Ecco quindi il protagonista affannarsi a stringere legami che gli consentano di ricevere prestiti:
Io, non so come dirlo altrimenti, convertivo i sentimenti in denaro, e il denaro in sentimenti.
L’uso che poi ne fa è tutto sommato ininfluente: riviste, libri, cd o vestiti, non sono che merci accessorie, accidenti che dimostrano quanto sia riuscito ad ottenere dagli altri.
Tra un debito e l’altro, tra slanci d’indipendenza e ricadute nella malinconica coscienza della propria ossessione, Vic si rende conto che il via vai di denaro dalle sue tasche è la sola cosa in grado di definirlo:
Tutto ciò che conoscevo di me stesso era definito dall’arte di fare debiti, di stare sopra e sotto, di brivido buio.
Forse il romanzo si sfilaccia un po’ nella parte centrale, ma anche quando parla di argomenti astratti come l’architettura di edifici inesistenti la scrittura di Ricuperati è avvolgente, e il protagonista è uno di quei personaggi che non si dimenticano.
Pochissimi i dialoghi, ma calibrati alla perfezione (soprattutto quelli tra il protagonista e la madre).
Insomma, lo consiglio vivamente, e credo che Ricuperati sia un autore da tenere d’occhio. Sono pronto a scommettere che tempo uno o al massimo due romanzi, e una qualche major editoriale se lo accaparrerà.
Bagombo Snuff Box
Kurt Vonnegut
G. P. Putnam’s Sons, 2000
224 pagine, 15 dollari
Raccolta uscita negli Stati Uniti e ancora non uscita in Italia, presenta una serie di racconti scritti negli anni Cinquanta e pubblicati su varie riviste.
A dire il vero non ho ancora finito di leggerla, ma due parole credo di poterle scrivere.
È un Vonnegut ancora piuttosto acerbo; non tanto nella forma, che resterà tutto sommato abbastanza semplice anche nei capolavori seguenti, quanto nel tono.
Meno caustico che in futuro, qui il buon vecchio Kurt (lo ricordo, uno dei numi tutelari di MondoBalordo) non sembra aver ancora sviluppato appieno il tono sarcastico e la battuta secca che lo contraddistinguono, limitandosi ad alcune riflessioni su quanto sappia essere beffardo il destino.
Più vicina per temi alla fantascienza di stampo classico rispetto ai futuri romanzi,Bagombo Snuff Box è insomma a mio avviso una chicca per appassionati.
Se dovete partire da zero nella lettura dell’autore, rivolgetevi a qualche opera più recente.
Avete l’imbarazzo della scelta.
Uomini e topi
John Steinbeck, 1937
Bompiani (Trad. di Cesare Pavese)
128 pagine, 7,90 euro
Il numero dei classici che ancora non ho letto è così alto da farmi venire le vertigini (qualcuno ha detto Lolita, Huckleberry Finn, Anna Karenina? Hemingway, Faulkner, e così via?).
Uomini e topi era una di queste mancanze, e certo non c’è bisogno del mio parere per certificarne la levatura. Dialoghi ad orologeria, non una parola di troppo, descrizioni a inizio capitolo che sono panoramiche ampie prima dello zoom sui personaggi. Poi non restano che loro, i due braccianti George e Lennie. Il grosso stupido, il piccoletto sveglio. Da una fattoria all’altra, inseguendo lavori massacranti e la chimera di raggiungere l’indipendenza.
Un giorno avremo messo insieme i soldi e ci sarà una casetta con un pezzo di terreno e una mucca e i maiali e i conigli, e vivremo del grasso della terra.
Questo il mantra che Lennie prega George di ripetere.
Non ci vuole un genio per intuire che non andrà affatto così.
Terribile. Bellissimo.
Un plauso a Bompiani che mantiene la prima traduzione italiana del 1938, elegante ed invecchiata al punto giusto; la firma un certo Cesare Pavese.
La citazione:
A heart that’s full up like a landfill,
a job that slowly kills you,
bruises that won’t heal
[…]
Such a pretty house, such a pretty garden
No alarms and no surprises
Non è Steinbeck, però. Sono i Radiohead.
Cinacittà
Tommaso Pincio, 2008
Einaudi
335 pagine, 17 euro
La Roma futura di Pincio è un girone infernale.
Sconvolgimenti climatici hanno innalzato la temperatura rendendo impossibile la vita diurna. Gran parte dei romani hanno lasciato la città diretti al nord Italia, e una massiccia immigrazione cinese ha ormai colonizzato tutto, dai bordelli ai palazzi di giustizia.
Uno dei pochissimi italiani rimasti nell’urbe, accusato di aver ucciso una giovane prostituta cinese, dal carcere racconta la propria storia. Il caldo, le birre, il sesso, poi il blackout che gli impedisce di ricordare se ha davvero fatto quello di cui è accusato.
Per gusti del tutto personali metto Cinacittà un gradino sotto a Lo spazio sfinito(che avevo recensito qui), ma è comunque per me il frutto di un gran talento.
Forse il romanzo ci mette un po’ a carburare, ma è davvero difficile non farsi catturare dal gorgo di questa Roma irriconoscibile e crepuscolare. L’amarissimo finale fa poi guadagnare parecchi punti nella mia personale valutazione.
Ecco, quando sento dire che gli scrittori italiani, insomma, non hanno il respiro, le idee, la tecnica di quelli americani o inglesi, quello di Pincio è un nome che spendo volentieri.
Roger Federer come esperienza religiosa
David Foster Wallace
Casagrande editore
56 pagine, 8,50 euro (gratis in inglese qui)
Saggio di DFW dedicato a Roger Federer; lo trovate in un volume edito da Casagrande, o direttamente online sul sito del New York Times che lo ha commissionato. Se masticate l’inglese consiglio la versione originale, anche perché 8 euro e 50 per una cinquantina di pagine è un prezzo che definire eccessivo sarebbe eufemistico.
Si tratta di una lettura breve, e innegabilmente piacevole, anche se
forse non regge il confronto con altri saggi di DFW. Descrivere a parole uno scambio di colpi tennistici non è facile, neppure per uno con una penna sopraffina.
Interessanti invece le considerazioni sul ruolo dell’atleta nella società contemporanea e sul gesto sportivo come espressione della bellezza, già sfiorate in uno dei saggi contenuti in Considera l’aragosta.
Ecco una sintesi della partita a cui si riferisce il pezzo; non credo serva essere appassionati di tennis per rendersi conto del livello stratosferico di questi due atleti, e per condividere almeno un po’ l’ammirazione stupefatta di cui Wallace è preda: