Quando leggo un libro e mi accorgo che non ho “niente da dichiarare” un po’ ci rimango male. Anche se è un libro brutto, eh, perché significa che non solo è brutto, ma soprattutto è insignificante. Mi ritrovo persino su goodreads senza saper quante stelline dare!
Di solito sono quei libri che in breve tempo ti scordi di aver letto: a voi è mai capitato? A me sì.
Ad esempio un anno fa ho letto in successione una serie di Libri Insignificanti che ora non saprei nemmeno più elencare e che mi portarono a uno stato di lettrice apatica per qualche tempo… Il classico Blocco del Lettore (anche se mai così forte come quando mi lessi Camilleri, la Mazzantini e Giordano di fila. Un’esperienza da inserire in qualche girone infernale), che guarì istantaneamente quando, di ritorno dal Salone del Libro di Torino, lessi in treno Un segno invisibile e mio di Aimee Bender.
Insomma, i libri insipidini mi fanno un po’ tristezza. Che non sono per forza libri orrendi e spesso appartengono alla tanto mortificata letteratura d’intrattenimento, ma un’esperienza lettoria che si chiude con un’alzata di spalle è un po’ come quando esci con qualcuno e dopo un paio di appuntamenti nessuno dei due chiama l’altro, senza che ce ne si accorga.
Per esempio: a me piace molto mangiare e sperimentare cucine nuove. Però mi piace mangiare in compagnia, adoro esplorare i miei gusti, mi piace la buonissima cucina ma anche scoprire che una cosa mi fa schifo. Mentre mangiare per mangiare, per sfamarmi, mi lascia sempre un’insoddisfazione antipatica. Come leggere per leggere.
Per dire qualche nome, nell’ultimo mese o poco più ho sofferto di varie letture insignificanti. Di cui non ho scritto niente qui, a volte ho frettolosamente digitato qualcosa su goodreads, al massimo.
Nnell’ultimo mesetto ho avuto per le mani Storia catastrofica di te e di me, di Jess Rothenberg. Che è un Young Adult (sto imparando parole nuove, sì) camuffato in una pubblicazione Stile Libero Big Einaudi. Quindi non avevo capito mica che fosse un romanzo decisamente per adolescenti, prima di cominciarlo. Non che questo gli tolga di qualità a priori, non fraintendetemi, anzi: ho in saccoccia bellissime letture adolescenziali, però è di una taglia che mi andava un po’ stretta.
Parla di una ragazza che muore e della vita “dopo” e l’inizio è tanto grazioso perché molto spigliato, ma poi si appiattisce e drammatizza e insomma. Alla fine ho fatto le famose spallucce.
Però alla fine è considerabile grazioso, non come Tu contro di me di Jenny Downham, che parte pure da pretese seriose come la gestione del racconto delle conseguenze di una violenza sessuale da parte di un ragazzo di buona famiglia su una ragazza di ceto sociale inferiore, e invece è soltanto un romanzetto superficiale e di piatta scrittura.
Non so come ho fatto ad arrivare in fondo (mi sentivo in colpa a non concluderlo, dato che mi è stato regalato). Ok, lo ammetto, ho saltato alcune pagine. Trattasi di sopravvivenza! Almeno non è andata come con Tutti i miei amici sono supereroi di Andrew Kaufman, la cui lettura ho tentato perché mi ricordava moltissimo Ritratto di famiglia con superpoteri, che al contrario di questo mi era piaciuto molto. Tutti i miei amici sono supereroi l’ho interrotto nonostante la brevità, il che è sufficiente a dirla tutta.
Tutto in una volta ho invece letto Tutto può cambiare di Jonathan Tropper. Che ha vari difetti (delle inguardabili descrizioni di corpo femminile, non so per quale motivo, con aggettivi tipo “cesellato”, ad esempio), ma è a sprazzi divertente e in generale godibile. M’ha tenuto compagnia la sera che ero delirante per l’influenza.
Un libricino divertente, non certo da una firma Nobel. Di una firma Nobel è invece il decisamente piatto A casa di Toni Morrison, che mi è stato particolarmente antipatico già dalla terza pagina, quando un uomo gentile&buono soccorre il protagonista (ma toh, ne è pieno da tutte le parti, guarda!), gli dà tutto quel che può e gli dice che ha fatto bene a scappare dal manicomio perché da lì non si torna, perché vendono i cadaveri agli studenti di Medicina, i riccastri. A parte improbabili dettagli e uno sviluppo narrativo che ti ritrovi ad aspettare e mai si realizza, ne ho un ricordo confuso perché mi sono addormentata a più riprese.
A casa parte da basi drammatiche – il ritono in Goergia di un reduce delle guerra in Corea – e diventa noioso, invece Warm Bodies di Isaac Marion parte da presupposti di (macabro) divertimento e diventa noioso. Anche se i primi capitoli sono piuttosto divertenti! Peccato per lo sviluppo poco riuscito, perché l’ironia, l’avrete capito, mi piace molto.
Tanto che l’altro giorno mi sono goduta un libricino di Lella Costa, Come una specie di sorriso, che come soggetto ha proprio l’ironia. Capitoletti brevi, niente rivelazioni apocalittiche e più episodi, aneddoti, citazioni che contenuti… ma a un sorriso non si dice di no.
Anche se questo sorriso, a dirla tutta, domani potrei essermelo già dimenticato.