La trama. Due mondi che si contrappongono, quello delle classi elevate e l’altro del ceto basso. Due mondi che si sfiorano ma che non si toccano. Solo poche eccezioni. Renèè la portinaia, Paloma la bambina che decide di suicidarsi e il ricchissimo ed umanissimo Kakuro Ozu. Gli unici tre personaggi che danno uno scopo alla loro vita con lo studio e la bellezza e le domande. Gli unici che oltre che guardare vedono e comprendono. Tre clandestini, in fondo, in un mondo dove è tutto appartenenza ad un ceto e apparenza. Dove finzione e realtà si scambiano i ruoli e la finzione diventa di primaria importanza: è tutto come gli altri vogliono che sia, dove niente disturba il loro modo frettoloso di passare e tirare dritto senza soffermarsi. E quando questo accade, lo sbalordimento totale; un abisso che si apre ai loro piedi rendendoli incapaci di reagire.
Giudizio. Una allegoria della vita stressata, degi stereotipi, dell’incapacità di osservare degnamente quanto ci circonda. L’incapacità di vedere e comprendere che anche in un animaletto goffo come un riccio può esistere bellezza e saggezza, intelligenza e umanità, voglia di vivere e crescere interiormente. L’unico neo, per mio conto, è il finale. Non volevo il principe azzurro e il cavallo bianco, però alla soglia della felicità, l’ennesima bastonata della vita. Tutto finito…. ed era appena iniziato. Come succede molte volte nella vita reale.
A cura di Patriza