di Alberto Prunetti da Carmilla

Un libro di “cronache”, termine che in Messico indica un preciso genere di giornalismo ibrido e narrativo che nel racconto delle tragiche vicende dei narcos ha dato i suoi frutti migliori. Lorusso lo incarna con una forte precisione e abbondanza di dettagli, descrivendo non solo il Messico dei narcos ma tutto quello che attorno al narco-sistema gira o che a quello stesso sistema si oppone. Quindi da un lato corruzione, traffico di armi, terrorismo della violenza usato come forma di controllo sociale, femminicidi e sfruttamento; dall’altro i movimenti indigeni, gli zapatisti, le forme di resistenza civile, la lotta dei familiari dei desaparecidos. A proposito di desaparecidos, pare che il Messico abbia ormai quasi raggiunto la cifra di scomparsi dell’ultima dittatura militare argentina, solo che a quanto pare c’è al potere una democrazia. O una narcodemocrazia. Dove per “narco” bisogna intendere l’intreccio tra racket criminale, politica istituzionale e sfruttamento ipercapitalista degli oppressi: la droga è solo una merce tra tante. Quello di Lorusso è un libro fondamentale per la comprensione del Messico contemporaneo e di quelle dinamiche, tutt’altro che messicane, che fanno girare il capitalismo oltre i confini, sempre precari, tra legalità e illegalità.
Roberto Arlt, Una domenica pomeriggio, Roma, Sur, 2015, pp. 60, euro 7, traduzione di Raul Schenardi

Adrián Giménez Hutton, Chatwin in Patagonia, Roma, Nutrimenti, 2015, pp. 286, euro 19, traduzione di Marino Magliani e Luigi Marfé
Non ho mai provato troppa simpatia per Chatwin. Almeno da quando, trovandomi in Argentina, mi resi conto che tutti ne parlavano molto male e poi mi suggerivano di leggere Patagonia rebelde, un libro di Osvaldo Bayer che raccontava la vera storia della Patagonia, il libro da cui Chatwin, a detta di molti, aveva scopiazzato frettolosamente qualche appunto, rovesciando ironia da gentlemen colonialista sulle spalle già gravate degli operai patagonici fucilati dagli estancieros gringos. La cosa la raccontai qui. Questo bel libro di Gimenéz Hutton, tradotto superbamente da Magliani e Marfé, è da un lato narrativa di viaggio, dato che l’autore segue alla lettera i percorsi del viaggio di Chatwin, rimettendolo in corso d’opera, penna e taccuino alla mano; dall’altro è una rigorosa (e mai astiosa) operazione di fact-checking. Il risultato è sorprendente e il malumore verso Chatwin sembra segnare quasi tutti quelli che in Patagonia non possiedono un albergo che ospiti turisti europei.

All’inizio sembrava un’indagine per addetti ai lavori e poi si è trasformato in un libro che considero fondamentale per la comprensione di alcuni aspetti di controllo culturale operati dalla dittatura di Videla e soci. Chiunque sia interessato alla storia dell’Argentina e in particolare alle vicende della dittatura militare, non può fare a meno di comprare questo libro. Conoscevo già la repressione contro gli scrittori di sinistra (da Walsh a Bayer a Uroldo a decine di altri casi) ma non immaginavo con che mano pesante fosse stata colpita dalla dittatura la letteratura scolastica o quella religiosa, ad esempio. In quest’ultimo caso, immaginavo che la mannaia fosse caduta su un piccolo gruppo di teologi della liberazione, mentre invece si è colpito su vasto raggio per disciplinare in maniera estesa e radicale ogni dimensione sociale, anche quella del clero. (Quasi un off topic. Leggevo queste pagine mentre in Veneto usciva una lista di libri per l’infanzia da mettere a censura: mi è venuto da pensare che i moderni censori leghisti non abbiano inventato nulla. A proposito, sono andato a leggermi le opere che a loro dire inciterebbero a ideologie perverse nelle fantasie dei bambini, tipo Piccolo blu e piccolo giallo: ho trovato profondità di sentimenti e apertura al mondo e alla differenza. E soprattutto relativismo culturale. Dicano la verità: son queste le cose che li spaventano).
Ma ormai siamo entrati nel regno dei libri per l’infanzia.
Cerchiamo quindi altri libri per i moderni censori possano odiare (e noi amare) perché aprono a una visione del mondo plurima e non identitaria, libera da passioni tristi.
Antonio Gramsci e Viola Niccolai, La volpe e il polledrino, Milano, Topipittori, 2014

Isabella Christina Felline, Libro fiore, Follonica, Ouverture, pp. 57, illustrato, euro 14,50 (illustrazioni di Elena Martini).
Mi è piaciuta molto questa raccolta di microscritture per l’infanzia. All’inizio pensavo che il titolo alludesse a una sorta di omaggio alla canzone di Endrigo/Rodari, ma qui più che il senso della logica delle connessioni naturali ho trovato una dimensione diversa. L’autrice regala ai lettori dell’infanzia una sorta di semiotica delle passioni, da quelle tristi a quelle più positive, dalla creatività alla diffidenza, dalla laboriosità all’insoddisfazione. Del resto, ci sono tanti modi per far crescere i semi e trasformarli in fiori. E i fiori prendono qualcosa della passione che governa chi si cura di loro. Brava l’autrice e belle anche le tavole dell’illustratrice Elena Martini.