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Libri/Anteprima: “Il cappotto di Proust”

Da Uiallalla

Proponiamo un breve estratto da “Il cappotto di Proust” (Mondadori), il libro con cui Lorenza Foschini ha tentato di recuperare la memoria di uno dei più grandi scrittori moderni salvandolo dalla furia omofobica della famiglia. Giovedì 24 febbraio alle 18.30 l’autrice presenterà il volume al Chiaja Hotel di Napoli (via Chiaia 216).

la copertina del libroQuesto non è un racconto immaginario, tutto quello che ho scritto è realmente accaduto. I protagonisti di questa storia sono veramente esistiti, ma nel ricostruirne i passaggi, nel leggere le carte, nel conoscere più da vicino le persone che l’hanno vissuta, ho scoperto che importanza hanno dettagli anche minimi. Oggetti senza valore, mobili di dubbio gusto,persino un vecchio cappotto sdrucito. Le cose più comuni,infatti, possono svelare scenari di inaspettata passione.

“Le beau est toujours bizarre”
Charles Baudelaire

Tirano fuori la scatola di cartone. La calano giù con cura, ma con un certo distacco, come se non fosse loro compito riesumare quelle povere cose. Io sono lì in piedi nel camerone illuminato al neon. Come un parente chiamato a riconoscere il cadavere di un congiunto. Posano la scatola sul tavolo al centro della stanza. Sollevano il coperchio, e all’improvviso un odore di canfora e di naftalina mi invade. In un istante monsieur Bruson e il suo aiutante sono ammantati di bianco, due fantasmi gesticolanti, le braccia alzate, sventolano candidi fogli. Mi avvicino lentamente a piccoli passi, sorridendo per l’imbarazzo, e mi accosto al tavolo. Davanti a me c’è il cappotto, adagiato sul fondo della scatola, posato su di un grande foglio come su di un lenzuolo: irrigidito dall’imbottitura di carta che lo riempie, sembra davvero rivestire un morto. Dalle maniche, anch’esse imbottite, escono ciuffi di velina. Mi sporgo di più, piegandomi sul piano di metallo dove è poggiata la scatola, mi sembra che vi sia al suo interno un fantoccio senza testa e senza mani. Pieno, corpulento, con un ventre sporgente…

…Non mi decido ad andarmene. In fondo sono passati solo pochi minuti, e davanti a me c’è il cappotto in cui Proust si è avvolto per anni, che giaceva sulle sue coperte quando sdraiato scriveva la Recherche. Mi vengono in mente le parole di Marthe Bibesco: Marcel Proust venne a sedersi davanti a me, su una piccola sedia dorata, come se uscisse da un sogno, col suo cappotto foderato di pelliccia, il suo volto di dolore e gli occhi che vedevano la notte…

 


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