Il terreno fertile per le più grosse delusioni letterarie si annida in romanzi che possiedono trame accattivanti, raccontano le storie di personaggi affascinanti, sono stati scritti da autori rodati e vengono pubblicati da editori dei quali sai che ti puoi fidare. Durante questa lunga, intensa e anomala estate sono stati molti i romanzi, gli autori e le case editrici che mi hanno delusa. Wu Ming, Murakami e Marguerite Duras: tre piccole, grandi certezze della Diana lettrice che poche centinaia di pagine sono state in grado di far vacillare. L'Armata dei Sonnambuli dei Wu Ming (Einaudi) è un romanzo perfetto sotto ogni punto di vista. Svela al lettore una pratica estremamente affascinante, il Magnetismo Animale, ambienta le sue vicende in un periodo vivace e dalla forte carica magnetica, gli anni del Terrore in Francia, popola le sue pagine di una serie di personaggi, popolani e non, ricchi di sfumature e per nulla stereotipati e cattura il lettore con uno stile scorrevole, eclettico, mimetico e ricco di preziosismi lessicali. Il peggior difetto di questo romanzo, quindi, risiede nella sua estrema perfezione. Nel confezionare un romanzo tematicamente e stilisticamente perfetto, infatti, i Wu Ming hanno dimenticato il cuore. I personaggi non vivono, la Storia non entra nella quotidianità e i rumori, gli odori e gli umori della Parigi del XVIII secolo non escono dalle pagine, non avvolgono il lettore. La storia è bella ed è confezionata a regola d'arte, ma a fine lettura non lascia assolutamente nulla.L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio di Haruki Murakami (Einaudi), invece, non possiede assolutamente nulla di perfetto. La trama è scialba e inconsistente e viene narrata in modo estremamente svogliato e approssimativo. Il nostro Tazaki Tsukuru è un single trentenne ricco, inetto, piatto, pigro e lagnoso. Siamo lontani dalle atmosfere oniriche di Kafka sulla spiaggia, da personaggi come Tengo e Aomame, da luoghi come il Dolphin Hotel e il suo indimenticabile uomo pecora. Un romanzo vuoto e abbozzato. Più che Murakami sembra di leggere un suo (sprovveduto) imitatore. Marguerite di Sandra Petrignani (Neri Pozza) rappresenta, invece, un ingenuo tentativo di emulazione. La Petrignani, scrittrice che ha alle spalle un bel po' di successi letterari, prova a vestire i panni della piccola Nenè, della giovane Margot e della divina Duras. Il tentativo mimetico, però, fallisce miseramente e quello che ci si ritrova a leggere è una biografia ripetitiva e superficiale. Per raccontare un personaggio come la Duras ci vuole fegato, per affrontare una scrittrice dal fascino senza tempo bisogna osare. Un po' di coraggio in più avrebbe reso Marguerite una biografia magistrale come Oriana, una donna di Cristina De Stefano. Perfetti, imperfetti o estremamente manieristici: la mia Flop ten letteraria 2014 si è nutrita di titoli, autori ed editori che, in passato, hanno avuto il merito di rubarmi il cuore. Alla prossimaDiana