Però tutto parte da lei - e infatti è stata ingaggiata come giudice della versione per bambini - da questa signora dotata di modi educati e di un sorriso saggio, dalla sua passione per la cucina e la ristorazione, e dal suo amore per i sapori «originali» della sua terra natia.
La signora è in Italia da due mesi per registrare le puntate di Junior MasterChef Italia, in arrivo su Sky Uno a febbraio-marzo. Palcoscenico tv sul quale sarà giudice insieme ad Alessandro Borghese e a Bruno Barbieri. E se le si chiede se la missione MasterChef Junior si sta rivelando complicata, risponde: «Con Barbieri e Borghese l'intesa è stata immediata, e poi ci conoscevamo professionalmente da tempo. Con i piccoli concorrenti, sinceramente, temevo peggio». L'idea di realizzare una versione Junior per l'Italia risale a poco dopo l'arrivo del figlio Joe in Italia. «Il suo successo fu tale - prosegue Lidia Bastianich - che venne naturale. Joe pensò subito a me, perché sono mamma e nonna, e ho la sensibilità giusta per trattare coi piccoli». Piccoli di taglia ma non di carattere. «Da noi competono giovanissimi dagli 8 ai 13 anni di età, vengono alla gara con una sana voglia di esprimersi, ma hanno anche uno spiccato istinto di competizione. E talvolta non accettano di buon grado le critiche. E poi conoscono perfettamente il programma MasterChef, e hanno persino imparato l'arte di studiare e mettere in difficoltà i rivali».
Eppure la cucina dovrebbe essere «cosa da grandi» ma, spiega la signora Lidia, «con sorpresa ho visto questi ragazzini abilissimi a cucinare. Possiedono un'inventiva e un'abilità nel presentare i piatti che non ci si aspetterebbe da loro. Maneggiano i prodotti in modo incredibile, propongono combinazioni quasi da ristorante. Certo, sospettavo che i concorrenti italiani fossero più abili di quelli americani, d'altronde sono cresciuti in famiglie dove il mangiar bene è una legge, dove mamme e nonne dominano la cucina, ma non pensavo in queste proporzioni». Sul figlio Joe, il cui stile è diventata una studiata «antipatia», risponde: «Io non farò come lui. E comunque mio figlio non è cattivo, sa. Quanto ai bambini bisogna capirli, riprenderli con chiarezza e onestà quando sbagliano, ma allo stesso tempo bisogna entrare in sottile comunicazione. C'è il momento per la tenerezza e la coccola, e quello dell'ordine. Alla fine la gara è una lezione di vita: imparano a capire che si può vincere e perdere».
Dall'intervista di Ferruccio Gattuso per "il Giornale"






