28 maggio 2014 Lascia un commento
Con lui perdera’ tutte le verginita’ possibili – a buon intenditor poche parole – non negandogli nulla e anzi travalicando le dinamiche del ménage tradizionale.
Non c’e’ altro da scrivere, questo e’.
Ora, che il pretesto sia il nudo artistico e’ fuori di dubbio ma e’ una scusa che non regge. Mi piace ripetere che cio’ che m’infastidisce non e’ il sesso in quanto tale, bensi’ la codardia del non volersi sporcare le mani col porno mascherandolo da grande arte.
Sara’ che l’iniziazione alle sfumature di grigio della ragazzina ha il suo appeal i primi 20 minuti, cinema solo di nome perche’ nulla ha a che fare con la settima arte, appartenendo semmai al dominio degli Squallor.
Noia, noia e ancora noia e alla centesima bastonata sulle chiappe, spereresti almeno in un uso piu’… profondo dello strumento punitivo. Poi che si vuole fare, l’apologia dell’individuo? Dei rapporti interpersonali? Della decadenza dei valori? Dello smarrimento sociale? E’ che giunti alla coprofagia, lascio la critica agli esperti che se ne intendono e auguro buona masturbazione. In ogni senso, perche’ alla fine e’ cio’ che resta.
L’idea di Jang, fin da subito palese, e’ quella di inframmezzare il film con dei backstage della realizzazione, finalizzati a cosa non so, forse a rompere la noia o come si diceva, a far finta tutto questo sia una cosa seria.
E non lo e’ anche a giocare col metacinema.
Vorrei ricordare che Jang e’ anche il regista di "The resurrection", tramnpolino di lancio per un tonfo dal quale non si e’ piu’ rialzato dal momento in cui fu il suo ultimo film e credo nessuno si sia strappato vesti e capelli.
"Lies" conferma non ci siamo persi niente.