Lievito naturale o lievito madre in casa – guida pratica
di Sergio Maria Teutonico
Semplicemente di un impasto a base di acqua e farina, lasciato all’aria ed inacidito.
Poco invitante diranno in molti, forse all’apparenza ma non certo nella sostanza.
Il fenomeno di fermentazione avviene attraverso la trasformazione delle sostanze contenute nella farina e nell’acqua e del conseguente lavoro di ristrutturazione da parte di saccaromiceti e di acidi quali il lattico, il butirrico, l’acetico ed anche dall’alcool.
Il lievito madre è il campo di coltura di tutti questi microscopici organismi e sostanze che, in questo microcosmo vero e proprio, troveranno nutrimento attraverso zuccheri semplici e complessi (saccarosio e amidi) che in risposta della loro metabolizzazione si tramuteranno in anidride carbonica, alcool e calore.
Tutto questo “trambusto” a livello molecolare, prende il nome di fermentazione, attività basilare in ambito di lievitazione.
Come è facile immaginare, l’anidride carbonica sprigionata, trova opposizione da parte del glutine della farina che va a costituire una sorta di reticolo ed imprigiona il gas che altrimenti si disperderebbe.
Tali reticolati sono elastici, dilatandosi, formano porosità che persistono anche durante la cottura dell’impasto, conferendo sofficità e morbidezza al nostro pane.
Sempre per meglio comprendere il nostro procedimento, a livello interno, l’acido lattico conferisce maggiore elasticità al reticolato glutinico, l’acido acetico invece rigidità, avremo inoltre che una maggiore umidità complessiva del nostro impasto contribuirà alla formazione di più acido lattico, al contrario, con un impasto più consistente, avremo più acido acetico.
Il lievito naturale ha una maggiore digeribilità rispetto ad altri lieviti, quali ad esempio il lievito di birra, grazie ai processi enzimatici che, facendo un parallelismo a puro titolo esemplificativo, come per le trasformazioni che avvengono durante la stagionatura del prosciutto, i composti complessi si trasformano in composti semplici, dando al nostro organismo maggiore funzionalità e facilità nel loro assorbimento.
Un breve inciso sul lievito di birra:
Il microrganismo Saccharomices cerevisiae è, in sostanza, il costituente del lievito di birra.
Prende questo nome dalla originaria pratica di coltivarlo utilizzando scarti di lavorazione della birra, quali il malto, generalmente di orzo; oggi si trae principalmente utilizzando la barbabietola da zucchero; ha un validissimo potere nutrizionale, è facilmente assimilabile e ricco di moltissime sostanze preziose per il nostro organismo.
Favorisce la migliore trasformazione dei grassi e delle proteine in energia, stimola le difese immunitarie, favorisce la disintossicazione cutanea.
Ha molti pregi, ma, per il pane, non è in assoluto il massimo della scelta, anche se è sicuramente il più utilizzato per la panificazione.
Portando ancora un esempio e citando il pane integrale, le crusche contengono importanti livelli fitici, cioè di acido Fitico, sostanza che, per le proprie peculiarità, mal si addice, parlando di pane, alla nostra alimentazione; infatti, ha la tendenza di legare a se il magnesio, il calcio, il ferro, così come le proteine, con la conseguente difficoltà di assimilazione da parte del nostro organismo.
Utilizzando il lievito di birra, non si ottengono effetti di disgregazione significativi nei confronti di questi “agglomerati nutritivi” formati con l’acido fitico, mentre la presenza dell’enzima chiamato fitasi presente nell’ambiente acido del lievito naturale (detto appunto a pasta acida), demolisce letteralmente l’acido fitico, conferendo una maggiore digeribilità ed organoletticità al pane che andremo a preparare.
Chiarito almeno in parte perché preferisco l’utilizzo del lievito naturale, vorrei sottolineare l’importanza che ricoprono gli acidi presenti all’interno della base acida, da preferirsi senza dubbio la formazione di acido lattico, che contribuirà ai costituenti aromatici del nostro pane, senza però trascurare l’acido acetico che meglio aiuterà la lievitazione, a parole è complicato ma con un pizzico di pratica e di esperienza, troverete il giusto equilibrio.
Il lievito naturale ha caratteristiche ben precise che lo identificano: visive, gustative, olfattive, ma anche di natura acida, meglio verificabile con un piaccametro, ovvero uno strumento che misura il livello di acidità di una data sostanza.
Non tutti hanno uno strumento del genere a casa, quindi qui di seguito alcuni marcatori che potranno aiutarvi nel comprendere lo stato del lievito naturale che state per utilizzare:
- pronto/maturo: aspetto soffice, alveolatura lievemente allungata, colore biancastro e piacevole, aroma lievemente acescente.
- Passato/forte: al gusto e all’olfatto si presenta con note amare, acetiche, alveolatura tondeggiante, colore tendente al grigio, aspetto non piacevole.
- Acerbo/debole: colore biancastro, modesta alveolatura, sentori acescenti e dolci.
- Acido: aroma di burro, spiccata nota acescente, impasto appiccicoso, colore tendente al grigio, percepibile acidità.
Come impostare il lievito naturale:
Utilizzeremo una farina forte, di tipo 00 (anche 0 volendo), con un valore proteico di almeno 12 gr/kg, trovate questa indicazione nella tabella dei valori nutrizionali posti in etichetta.
Acqua a temperatura di 20°C, possibilmente povera di sali minerali (accelera la fermentazione).
Utilizzeremo uno starter, ovvero una sostanza alimentare ricca di zuccheri, come ad esempio la frutta, che ridurremo in polpa frullandola; la mela ben si presta a questa operazione, ma potrete utilizzare anche banane, albicocche, pesche, uva, prugne.
Base per il lievito naturale
100 gr polpa di mela (o altra frutta) frullata
100 gr acqua a 20°C
300 gr farina
Impastare in ambiente pulito fino ad ottenere un primo pastello omogeneo ed il più asciutto possibile.
Porlo in un recipiente e coprirlo con la pellicola trasparente, praticandovi dei fori affinché l’aria possa circolare all’interno.
Porre a temperatura di 27°C e mantenere tale temperatura per circa 48 ore e comunque fino a quando l’impasto non avrà triplicato il suo volume.
Se non vi siete scoraggiati fino ad ora e avete ottenuto un risultato accettabile, potrete procedere alla costituzione del lievito vero e proprio.
Affinché si possa ottenere il lievito naturale, dovremo procedere sistematicamente con diversi rinfreschi dell’impasto appena ottenuto.
Lievito naturale a pasta acida
300 gr della base che avrete preparato in precedenza
300 gr farina 00 forte ( almeno 12 gr/kg valore proteico)
150 gr acqua a temperatura di 20°C non troppo ricca di sali minerali
- In queste fasi la pulizia di ogni superficie, degli attrezzi e delle vostre mani, dovrà essere impeccabile, pena la compromissione irrimediabile del vostro lavoro.
Aggiungere quindi farina in pari peso all’impasto di base, aggiungere ora la metà del peso della farina in acqua: 300 gr impasto + 300 gr farina + 150 gr acqua.
Impastare accuratamente, ottenendo un impasto omogeneo e asciutto (non si dovrà attaccare alle mani né al tavolo di lavoro).
Comporre ora l’impasto in una palla, avvolgerlo in un panno pulitissimo e privo di odori, lasciando la parte superiore scoperta (la coprirete con della pellicola trasparente), porlo in un recipiente stretto (molto pulito), lasciare riposare a 27°C attendendo che il suo volume si sia triplicato.
Questa fase richiede meno tempo rispetto alle 48 ore dell’impasto base.
- Tenete conto del tempo, il lievito sarà pronto, quando triplicherà il suo volume nel giro di quattro ore circa, fino all’ottenimento di queste tempistiche, procedete a periodici rinfreschi.
Non temete se l’impasto nelle prime fasi avrà un colore tendente al grigio, arrivando a maturazione si schiarirà, tendendo invece al bianco e si percepirà al gusto una netta nota dolce/acida.
Il lievito è pronto.
Lo utilizzerete nella misura variabile dal 10 al 25% del peso dell’impasto che andrete a formare, quando farete il pane.
Parliamo ora della sua conservazione, non avremo fatto tanta fatica per poi sprecare tutto!
Effettuare il rinfresco come descritto prima, avvolgere quindi il lievito in un panno pulitissimo e legatelo con una corda, non troppo strettamente, proprio come se fosse un salame o un arrosto.
Lasciare riposare il nostro”salame” di lievito in un ambiente fresco 16/18°C per alcune ore.
Quando l’impasto “tirerà” la corda, allora potrete metterlo in frigorifero (6°C/7°C), rallentando in questo modo le fermentazioni e mantenendolo così per tre o quattro giorni senza dover eseguire altre operazioni.
Per riattivarlo, dovrete ripetere il rinfresco, porlo a riposo a temperatura di 26°C/27°C gradi, farlo maturare e poi utilizzarlo. Se avete tempo leggete anche questo: http://www.cibovino.com/domande-e-dubbi-sul-lievito-madre/.