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Quel qualcuno è la gothic girl per eccellenza, miei cari amici, la regina del palcoscenico, maestra di dizione, luce della ribalta, la fanciulla che fa fremere i vostri blogroll, ovvero colei che, senza indugio alcuno, ha voluto farmi il grande regalo di un guest post nel momento del bisogno.
Il suo nome? Non è difficile da indovinare, dai! Ma è bene che vi provveda ad avvertirvi che oggi, a sorpresa, la nostra ospite svestirà i panni con i quali siete abituati ad ammirarla nel suo blog, per indossare quelli, totalmente inaspettati, della metallara D.O.C.
Oggi si parlerà infatti di musica su Obsidian Mirror, si parlerà di una metal band molto particolare che, devo ammettere, non avevo mai sentito nominare fino a solo pochi giorni fa. E a proposito di musica, mi viene in mente che era davvero da molto tempo che non se ne parlava qui sul blog e, riflettendoci, quasi quasi mi viene voglia di riprendere a scriverne, magari riesumando quella vecchia rubrica intitolata “Certi concerti”, rubrica da me sedotta e abbandonata ormai due anni fa. Ma basta ciarlare di cose mie, è arrivato il momento di lasciarsi (più che volentieri) rubare la scena dalla nostra amica Elisa Elena Carollo, conosciuta anche come Drama Queen, dal nome del suo bellissimo blog. Il sottoscritto tornerà al timone nei prossimi giorni. STAY BRUTAL! \m/
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Salve a tutte, anime perse in questo oscuro angolo della blogosfera, vi ringrazio se vorrete leggermi. Ringrazio anche The Obsidian Mirror, perché finalmente mi permette di parlare di musica, che è una delle mie passioni, ma non ho spesso occasione di parlarne nel mio blog. Vi avviso fin da ora, però, che anche l’altra delle mie grandi passioni, il teatro, non sarà estranea a questo post. Infatti, vi sto per parlare di un gruppo metal emergente che ha fatto della teatralità il suo biglietto da visita.
Loro si chiamano “Ideogram” e sono quattro giovani milanesi che hanno dato vita a questo progetto alla fine del 2012. All’inizio dell’anno successivo hanno rilasciato la demo “Raise the curtain” ed il videoclip “Theatre of the absurd”, mentre è del 2014 il primo album vero e proprio: “Life mimics theatre”, prodotto dall’etichetta Wormhole Records. Si definiscono “avantgarde metal” e vi basti questa, come definizione, perché non sono pratica di generi e sottogeneri dai nomi astrusi. La voce femminile ha uno stile lirico, che richiama il symphonic metal nordeuropeo (Nightwish dei primi anni, Epica, After Forever, per citarne alcuni). La particolarità, però, è che in questo caso viene affiancata da altre due voci in stili molto differenti, il growl e lo scream, con cui si intreccia creando quasi un’unica melodia.
Il progetto “Ideogram” mira a unire la musica con l’aspetto visivo del teatro. I musicisti portano costumi di scena, maschere e trucco teatrale, per interpretare dei veri e propri personaggi, come fanno gli attori, e lasciare le loro identità quotidiane fuori dal tempo e dallo spazio in cui si svolge lo spettacolo. La metafora della vita come opera teatrale è un tema ricorrente nelle loro canzoni, insieme al tema della maschera. Tutti noi portiamo maschere, nella vita di ogni giorno. Ma che cosa c’è dietro di esse? L’animo umano è composto di infinite sfaccettature, lati nascosti, a volte anche oscuri e paurosi. I testi e le musiche degli Ideogram vogliono indagare le profondità dell’anima, per portare alla luce questi aspetti nascosti e trascurati. I componenti della band sono quattro, ma in realtà rappresentano uno solo. Sono i diversi lati della personalità di ognuno: distinti, eppure uniti da qualcosa. Come i segni che compongono un ideogramma, che sono spesso senza significato se considerati da soli, eppure assumono un significato se vengono visti tutti insieme. Ecco da dove deriva il nome del gruppo.
I quattro membri, inoltre, hanno scelto dei nomi d’arte che richiamano l’ambito teatrale. Ognuno di loro ha deciso di reinterpretare un genere e di vestirne i panni, attraverso il trucco e la maschera. Absurd, il bassista, rappresenta appunto il teatro dell’assurdo. Kabuki, il chitarrista e vocalist addetto alle parti in growl, si richiama al teatro tradizionale giapponese. Grand Guignol, nickname del tastierista e vocalist addetto alle parti in scream, era anche il nome di un teatro francese attivo dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento, specializzato in spettacoli di carattere macabro e violento. Opera, la cantante, è l’unica che non porta una maschera. Questo è dovuto non solo alla sobrietà delle rappresentazioni che caratterizza il teatro dell’Opera, in cui prevale l’aspetto lirico, ma anche al fatto che la figura simboleggia l’aspetto esteriore e rassicurante dell’animo umano, dietro cui si celano i demoni, rappresentati dagli altri membri della band. A questa ed altre domande ha risposto il bassista Absurd in un’intervista a “Les Fleurs du Mal”, che vi invito a leggere se vi interessa avere maggiori informazioni sul gruppo. Nella formazione all’inizio figurava anche il batterista Mime, uscito dalla band nel 2013. Il gruppo ha deciso di non cercare un elemento che lo sostituisse e di proseguire il percorso musicale con l’uso di basi e drum machine.
I temi delle loro canzoni, scritte in inglese per poter raggiungere un pubblico più ampio, sono quelli già citati: la metafora della vita come opera teatrale e l’infinità di aspetti contrastanti che si possono nascondere sotto le maschere che portiamo ogni giorno. Nell’intro al primo demo “The curtain rises”, la metafora viene spiegata più dettagliatamente. E’ quando si alza il sipario che nasconde le sfaccettature nascoste del nostro io che inizia il vero spettacolo: The mask. We are all players after all. Which role will you play today? What happens when the mask falls? What happens when the most hidden parts of our inner self meet the mask we’ve been wearing for so long? Life mimics theatre, but the fiction is safer. The curtain rises, the show begins. Il tema è ripreso e sviluppato in “Theatre of Absurd”, che è anche il primo videoclip della band. Il pezzo è stato riproposto in veste rielaborata anche nell’album “Life mimics theatre”, con il titolo “Trembling hands”. Nonostante l’uso più marcato dell’elettronica, che di solito non mi entusiasma più di tanto, preferisco quest’ultima versione, perché mi sembra musicalmente più matura, in particolare nell’alternare e dosare sapientemente le tre voci. Il testo racconta il paradosso per cui, sotto la maschera del clown, si può nascondere l’individuo più infelice di tutti: I paint words in my tears which I hide behind my eyelids. The word is a picture I’ll color with trembling hands. Smiling mask. Only a façade. The show must go on. Actor without script. Everybody make fun of the clown. Ma il pubblico non comprende, o non vuole comprendere, e continua a prendersi gioco di lui: I hate my artificial face, the part of me I know. The more I suffer, the more I look derisible. They buy tickets to watch this show. The clown is always happy. The clown has fun. The clown makes you laugh.
Gli Ideogram, nella loro dichiarazione d’intenti, dicono di voler indagare i lati dell’animo umano che si nascondono dietro la maschera. Ebbene, alcuni di essi possono essere davvero spaventosi, come si racconta in “Mirrors”. Quando l’uomo si guarda allo specchio e si vede per ciò che è veramente, può scorgere distintamente le ombre: I see my blood on the walls, I see long shadows. I see shadows in my head. Death everywhere. I enjoy your fear crushing your lousy bones. I let the warm blood flow on the floor, so slowly. Da un gruppo di musicisti che amano profondamente anche le altre forme d’arte, non poteva mancare una riflessione sul rapporto tormentato dell’artista con la sua opera, come nel pezzo “Evil (In her hands)”: Nobody loves my perfection, so I hide myself in my work of art. I see myself naked and fragile and make fun of you, blind creatures. Art, like a mirror, like a Rorschach test. Life mimics theatre, but fiction is safer. Quest’ultima frase, che è anche il titolo del loro album, si richiama ad Oscar Wilde e alla sua idea che sia la vita ad imitare l’arte e non il contrario. Ma tra le due c’è una fondamentale differenza: la finzione è sicura, perché quando l’opera finisce l’attore scende dal palcoscenico. Nella vita reale, invece, non si può scappare dalle conseguenze delle proprie azioni. La musica degli Ideogram vuole essere idealmente un accompagnamento, una colonna sonora per quell’opera teatrale che è la nostra vita, in tutte le sue infinite sfaccettature ed i suoi cambi di genere, dal comico al tragico e viceversa.
Per maggiori informazioni, potete visitare il loro sito ufficiale oppure il loro canale YouTube.
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