Magazine Diario personale

Life unexpected

Da V

Pensavo al tavolo dei bambini. Quelllo nel quale,durante le cene,vengono radunati tutti i marmocchi in circolazioni e lasciati allo sbaraglio,mentre i genitori sbevazzano e chiacchierano a voce alta (per sovrastare le urla dei rispettivi figli che nel frattempo  si stanno lanciando pasta al pomodoro). Adoravo quel tavolo (anche perchè non mi hanno mai lanciato nulla di commestibile addosso durante la mia esperienza),eravamo indipendenti,eravamo grandi a dispetto delle etichette. È che il tempo passa e tu nemmeno te ne accorgi. E puoi fare tutti i piani che ti pare,ma tanto la Vita si metterà seduta comoda a smontarteli pezzo per pezzo.

Io da grande volevo fare la principessa,è che giùà allora mi piacevano i vestiti. E parecchio. Sino alla terza elementare litigavo quotidianamente con mia madre perchè volevo mettere collant e gonna per andare a scuola. Non mi piaceva leggere (da non credere!),ma adoravo scrivere. In seconda avevo completato il mio primo romanzo e in quarta avevo avviato un proficuo mercatino del baratto nel cortile della scuola.

Poi è arrivata la musica. I vestiti neri,i libri – una valanga di libri – e tutti quei sogni.

Non siedo più al tavolo dei bambini da parecchio e tutto è cambiato. O forse no. Ho sempre pensato che la vita fosse una strada retta,senza possibiltà di svolta. Il problema è che a volte sbandi,finisci fuori strada e ti ritrovi a vagare nel nulla senza un cartello nemmeno a pagarlo. Poi svolti,decidi di svoltare e …

…e ti ritrovi in una nuova città,una di quelle che hai sempre odiato,che però apprezzi. Ti ritrovi a ridere e scherzare con gli amici come non facevi ormai da mesi e mesi. E respiro. Incredibilmente.

 

V.

 


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