Pasolini, Medea, 1969
Uno dei fenomeni più endemici della contemporaneità è rappresentato dalla cosiddetta “Tv del dolore”: basta accendere un televisore in qualsiasi ora del giorno per trovare almeno un paio di programmi che eviscerano chirurgicamente fatti di cronaca nera, violenze, soprusi, permeando la narrazione della sofferenza provata da vittime e persone vicine. Esiste una vera e propria metodologia di rappresentazione di questo dolore mediatico che è stata anche oggetto di studio da parte di organi competenti; alcuni elementi diventano essenziali per una efficace comunicazione verso il pubblico, in modo da fidelizzarlo e catturarne l’attenzione dall’inizio alla fine del programma.
È necessario, ad esempio, adottare una raffigurazione strumentale del dolore, ottenuta attraverso un’esibizione voyeuristica di pianti, volti affranti; i racconti dei fatti di cronaca nera sono effettuati poi con eccessi patemici, condendo le immagini con testi allarmanti, musiche ed effetti sonori che solleticano l’immaginazione dello spettatore, creando una suggestione empatica con le vittime, anche grazie alla commistione di realtà e finzione, che si confondono, non permettendo più di distinguere dove finisce l’informazione oggettiva e dove inizia la ricostruzione.
Il tema del dolore e della cronaca nera è dall’origine dei tempi uno dei principi fondamentali dell’intrattenimento: basti pensare alla tragedia greca, uno dei generi letterari di più ampia fortuna della storia antica. La tragedia greca nasce in età classica, V secolo a. C., ad Atene, allora non solo capitale politica ma anche culturale e sociale della Grecia. La tragedia aveva allora un ruolo così centrale nel costume della città da essere consacrate ufficialmente durante le Grandi Dionisie, feste cittadine che duravano sei giorni ed erano aperte da un complesso cerimoniale in cui si celebrava la benedizione da parte della divinità, Dioniso Eleutèreo; le feste avevano un’importanza strategica anche dal punto di vista politico in quanto venivano letteralmente messi in scena i privilegi ed i benefici che la ‘polis’ accordava alla comunità in un’ottica di bene comune: ad esempio venivano fatti sfilare gli orfani dei caduti in guerra; venivano esposti i tributi pagati dalle città alleate; venivano premiati i cittadini più meritevoli: si trattava essenzialmente di una manifestazione del potere imperialistico e militare della ‘polis’ ed un monito nei confronti dei nemici. Da queste informazioni si può intuire la grande rilevanza della tragedia che era l’intrattenimento principale durante le Dionisie: tre tragediografi avevano a disposizione ciascuno un giorno intero per mettere in scena una tetralogia, composta da tre tragedie ed un dramma satiresco.
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Euripide, Medea, allestimenti scenici del Teatro Greco di Siracusa realizzati da Massimiliano e Doriana Fuksas, 2009