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Like a virgin

Da Bambolediavole @BamboleDiavole

La verginità nell’era contemporanea e nella cultura occidentale non è più vista come un valore morale. E meno male! Eppure, fino all’altro ieri, il precetto, dettato dalle religioni, era chiaro e inopinabile: una donna doveva sposarsi vergine! Mai ineguaglianza fu più fastidiosa, perché al maschio che convolava a nozze, non era richiesta la stessa dote e d’altronde, è prettamente impossibile verificarne l’illibatezza.

L’etimologia della parola vergine viene dal latino virginem con più significati: fanciulla matura al matrimonio o semplicemente, giovane donna. Le religioni monoteiste hanno da sempre rafforzato questa norma e perdere la verginità prima del matrimonio è considerato peccato nel cristianesimo e reato per la regione islamica. E a volte può prendere un aspetto davvero raccapricciante: è recentissima infatti la notizia secondo la quale Atena Farghadani, una giovane disegnatrice satirica iraniana, sia accusata dal regime teocratico in vigore, di relazioni sessuali illegittime per aver stretto la mano al suo avvocato. Ma il risvolto ha il sapore della follia e dell’idiozia se, a questo si aggiunge l’obbligo ad una visita ginecologica per verificarne la verginità. Il test di verginità imposto è considerato internazionalmente come una forma di violenza e discriminazione nei confronti di donne e bambine. Viola anche l’articolo 7 del Patto Internazionale sui diritti civili e politici ratificato dall’Iran.

verginità

Nell’opera di Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, si evince che non è sempre stato così. Il mito della verginità, a seconda della cultura tribale, poteva essere temuto come esatto (da esigere) dal maschio. Presso i Tibetani infatti, non vi era uomo che volesse prendere in sposa una donna vergine, poiché il significato intrinseco della sua illibatezza era quello di una donna non desiderabile. Il geografo arabo El Beckri, parlando degli Slavi, riporta che “se un uomo sposandosi scopre che la moglie è vergine, la ripudia cacciandola di casa”. Si ha notizia addirittura, che presso alcuni popoli primitivi, gli uomini accettavano solo di sposarsi con donne ch’erano già madri e che avessero quindi, fatto prova della loro fecondità. Ma tornando indietro nella notte dei tempi, i motivi di questo costume si tingono di mitologia. Presso alcuni popoli, vi era la convinzione che un serpente stazionasse nella vagina, pronto a mordere lo sposo nel momento della rottura dell’imene. Il sangue verginale infatti, aveva terrificanti virtù: poteva, per esempio, distruggere il vigore maschile! Da qui il potere attribuito alle vergini come le Valchirie e la Pucelle d’Orléans.

Ci sono dei casi invece, in cui alla deflorazione dell’imene non è attribuito alcun significato: nelle popolazioni studiate da Malinowski, i giochi sessuali sono autorizzati fin dall’infanzia e conseguentemente quasi nessuna donna arriva vergine al matrimonio. Può capitare anche, che per opera della madre, della sorella o della matrona, la bambina venga deflorata con l’uso di un bastone o di un osso, e il suo orifizio allargato durante tutta l’infanzia. E se state pensando che questo sia un rito barbaro, c’è di peggio!

Presso altre comunità tribali, le bambine in età puberale, sono sottomesse ad una selvaggia iniziazione: vengono portate fuori dal villaggio e violentate con l’uso di strumenti. Un altro rito frequente è quello di consegnare le vergini agli stranieri di passaggio o ancora, di darle in pasto al prete, medico o capo del villaggio la notte prima delle nozze. Ovviamente, il rito aveva lo scopo di salvaguardare lo sposo dalle forze malefiche sprigionate dal sangue virginale.

Nell’antica Roma il culto era simbolico: issavano la fidanzata sul fallo d’un Priape di pietra, che aveva lo scopo di aumentare la sua fecondità e assorbire i fluidi potenti e nefasti della sua vagina.

A Samoa, il marito deflora la futura moglie col dito cinto da una pezza bianca e alla fine del rito, darà un pezzetto di tessuto imbevuto di sangue a tutti gli astanti. Ad un certo punto della Storia, sempre quella fatta dagli uomini e a loro beneficio (sic!), il sangue della vergine prende un significato del tutto propizio. In alcuni paesi dell’Italia meridionale e della Francia, il mattino dopo la prima notte di nozze, il lenzuolo insanguinato veniva esposto in bella vista alla finestra o mostrato a parenti e amici. Questo perché nel regime patriarcale, l’uomo diventa proprietario della donna e quindi la cosa diviene un elemento prezioso per il maschio che ha saputo addomesticare la sua femmina. Niente diviene più desiderabile di quello che non è mai appartenuto ad altro essere umano. Sempre Simone de Beauvoir spiega che il solo fatto di “penetrare”, dia all’uomo la percezione di “creare”. Uno degli scopi perseguiti dal desiderio è quello della consumazione dell’oggetto desiderato, che implica la sua distruzione. Rompendo l’imene, l’uomo si appropria del primato sulla donna, facendone un suo oggetto passivo. Eppure la verginità è un’attrazione solamente se è legata alla giovinezza, altrimenti diviene qualcosa di ripugnante agli occhi di un uomo. La zitella è colei che è rimasta illibata solo perché nessuno se l’è presa: la sua carne è rimasta indesiderabile giacché nessuno l’ha mai desiderata.

Se googlate la parola vergine, dopo wikipedia, troverete tanti articoli su blog “femminili” che invitano a ponderare bene la vostra prima volta, che rimane una scelta personale, e che sarebbe meglio venisse fatta sotto uno stato d’innamoramento reale. Oppure i link riportano a improbabili consigli fatti da religiosi canossiani che si arrogano il diritto di proclamare “itinerari educativi alla verginità” o “al fascino indiscusso della verginità”.

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Ragazze mie, a volte la rottura dell’imene succede. Come quando piove. Non fattene una malattia, smettiamo di mitizzarla. Non voglio neanche che questo sia un invito a sbarazzarsene, come si fa con le cose ingombranti che non sai più dove mettere. Ognuna ha il potere delle proprie azioni: siate consapevoli e soprattutto, come cantavano gli Agricantus: Amatevi! Il mito della verginità è altamente anacronistico e obsoleto e nella vita ci sono almeno un miliardo di cose più importanti!

Babita


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