“C’erano sette miliardi di persone,” è la prima cosa che dico. “Sette miliardi.” Il numero mi ha sempre fatto girare la testa. Oggi il mondo è popolato da un miliardo di donne, secondo le stime più ottimiste. In Francia vivono poco più di otto milioni di donne.
“Gran parte della popolazione mondiale era concentrata ad est, in Cina e in India. L’Africa era popolata, a differenza di oggi. Si parlava addirittura del pericolo di sovrappopolazione,” dico guardando Baguette. Penso ai dati sull’evoluzione che ho studiato negli ultimi cinque anni, agli esami di Storia Pre-Moderna.
Baguette, però, scuote il capo. “Non parlo di questo, Lilac. Non parlo dei numeri e delle statistiche. Ci pensi mai a com’era il mondo quando c’erano anche i maschi? A come si viveva, intendo. Alle cose che si facevano, ai cibi che si mangiavano. Alla vita, intendo. La vita. Pensi mai a com’era una giornata tipo sessanta o settanta anni fa?”
“No,” rispondo senza guardarla negli occhi. “Non riesco a pensarci, Baguette, perché io non c’ero. Non so nulla di quei tempi.” Tranne ciò che ho letto sui libri, ovvero poco, visto che tanti argomenti sono stati censurati dall’USP perché strettamente legati al sesso maschile.
Ma le mie conoscenze si limitano ai dati e alle informazioni che ho appreso a scuola. In realtà non ho alcun riferimento pratico, alcuna testimonianza reale di quei tempi, e Baguette ne conosce la ragione.
“Perché Francesca non ti racconta mai nulla?” chiede lei, facendo una domanda vecchia come il Sole.
“Lo sai il perché,” mormoro, osservando il vialetto immacolato della Vecchia. “Mia nonna ha perso tutta la sua famiglia durante la Sindrome. Non ama parlarne, e quando le ho fatto delle domande mi ha sempre ricordato che riferirsi a quei giorni è sconsigliato, oltre che proibito.”
“La Vecchia ne parla sempre,” dice Baguette, spostando una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. “Mi parla della musica, dei film. Mi parla degli sport praticati prevalentemente dai maschi. Lo sai che esisteva la boxe? Due uomini si davano a pugni in una specie di recinto rialzato fino a che uno non cadeva a terra.”
La guardo facendo una smorfia. “Mi sembra assurdo.”
“E’ vero. La Vecchia mi ha mostrato un video. Mi ha anche fatto vedere un concerto! Lo sapevi che prima i cantanti si riunivano in un luogo all’aperto e chi voleva ascoltarli poteva farlo in quel modo? La chiamavano musica dal vivo. Senza fare la fila da Jeanette, senza infilare quello stupido casco e rimanere seduti. Durante i concerti la gente ballava e cantava
assieme ai cantanti! Ho visto un video in cui questo gruppo inglese faceva-”
“Baguette, basta,” dico a voce alta. Talmente alta che la mia amica allarga gli occhi. “E’ inutile parlarne. E’ inutile ricordare il passato che non c’è più. E’ doloroso, e proibito,” ripeto per l’ennesima volta. “Dovresti fare più attenzione.”
“Non c’è nulla di male nel ricordare,” insiste Baguette. “Tu più di tutti dovresti saperlo. Hai studiato Storia, accidenti. Non è quello che fate, voi studiosi di storia? Parlare del passato, parlare delle cose che non esistono più.”
“Parlare dei maschi è vietato per legge, Baguette. Punto.”
“D’accordo, d’accordo,” dice sospirando. “Lungi da me volerti trasformare in una fuorilegge.”
Infila il lettore nella borsa e si prepara a scendere dalla biposto. Prima di aprire la portiera, però, si gira verso di me e sorride. “Sono ancora la tua migliore amica, vero? Anche se ascolto musica vietata?”
“Certo che lo sei,” dico senza esitazione. Le accarezzo i capelli, lisci come i miei. “Lo sei e lo sarai sempre, ed è per questo che vorrei fossi più attenta. Le guardie potrebbero scoprirti e-”
“Tranquilla, Lilac. Nessuno mi scoprirà.”
Baguette mi dà un bacio sulla guancia prima di scendere sul vialetto della Vecchia. Ci diamo appuntamento per il mattino dopo, a scuola, per celebrare il mio diploma.
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