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Creato il 30 gennaio 2012 da Vivianascarinci

Venire presi dall’imboscata del dialogo con l’elemento alternativo di se stessi, ossia venire presi da un sé alterno che non subisce l’apoteosi di comparire, è come attraversare un desiderio barbaro e nullificante, che scatena la mossa della paura, è come essere trafitti da una corrente incontrovertibile che conduce alla continua verifica di esistere, enunciando se stessi a partire dal corpo e dal sangue “la paura mi conduce al peccato/col vostro corpo salvatemi/col vostro sangue inebriatemi”. E’ il corpo come presupposto fallace all’esistere che bisogna parossisticamente comprovare. E’ “l’indigenza del divino” che dà al corpo la separazione che lo rende vuoto, e che spinge alla gara iniziatica di un’azione radicale, un’azione che recida di netto la sensazione di non appartenersi. E in tutto il disamore che c’è nel potere questo, “vince chi muore per primo”.


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