6 maggio 2015 Lascia un commento
(a seguito della prima parte)
Bello, forse troppo iconico e raccolto nei propri archetipi, almeno nella parte di lavoro qui esposta.
La visita e’ proseguita con la temporanea visitabile sino al 7 Giugno del 2015 de "Dolci trionfi e finissime piegature", un eco dello sfarzo che caratterizzo le nozze di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia tenutosi in Palazzo Vecchio la sera del 5 ottobre 1600.
Sculture di stoffa e di zucchero, procedimenti antichi e inusuali riscoperti e in parte reinventati dai moderni artigiani, tecniche antiche che oggi sorprendono piu’ di ogni modernita’. Lavoro importante per quanto in apparenza minore laddove, tolti i risultati che comunque restano stupefacenti, l’importanza del lavoro e’ nella ricerca e nella ricostruzione di tecniche oramai date per scomparse. Interessante. Si interessante anche se l’aumento di un terzo dell’ingresso causa questa questa mostra, poteva essere posto facoltativamente. Per carita’, non stiamo qui a discutere 5 euro ma infastidisce un obbligo che non lascia scampo ad un turista a cui resta la sola scelta tra il vedere tutto o niente.
Infine la Galleria Palatina che qui cito per dovere di cronaca, nel senso che malgrado i Tiziano e i Raffaello, tutto cio’ ha davvero poco interesse per me, specie senza un contesto e a causa di una massificazione impressionante ma poco utile all’apprendimento di alcunche’ non sia pura presenza. Comprendo sia anche difficile costruire un percorso prima filologico poi storico, parlando di una raccolta costruita tra il settecento e l’ottocento e anche a fronte dei capolavori presenti, tutto sommato nemmeno troppi nella mole di quadri molti dei quali destinati ad uno sguardo o poco piu’.
Tutto qua cio’ che ho da dire su secoli di storia e arte? Certo ed e’ riconoscere i limiti di chi ha fatto dell’arte e non tutta, un hobby e il riconoscere che la presenza non basta, che osservare non basta, nemmeno compiacersene non basta e che ne dicano maestri e professori, tantomeno basta la mandria di ragazzini ai quali oltretutto, non basterebbe comunque una spiegazione dettata da una voce monotona che legge un riassunto su un libro.
Se poi come detto, ci si mette un percorso espositivo che forse rispetta una verita’ cumulativa ma che nulla dice per chi cerca un percorso stilistico o tematico, allora l’effetto massificante fa del male a tutti.
Svecchiare, riorganizzare, ricombinare, illustrare, serve ben altro nel XXi secolo
Palazzo Pitti meta obbligata? Agli italiani non frega molto, tutti nel Giardino di Boboli e saloni poco frequentati se non da giapponesi, i soliti inglesi che vedono troppi film e qualche pensionato in cerca di una panca sulla quale accasciarsi e morire. A piacere tutti gli altri.