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Nelle 36 ore che ho passato a Lisbona ho arricchito il mio vocabolario portoghese di nuovi termini: "juros" (tassi d'interesse), "orçamento" (budget), "poupar" (risparmiare). In Portogallo la crisi (che qui si chiama crise), non solo si vede, ma si respira e si beve con il primo cafezinho da manhá. I ristoranti sono semivuoti e i negozi ti propongono sconti vertiginosi su prezzi già sufficientemente bassi, a volte quasi ridicoli. I giornali e telegiornali non parlano d'altro e ad ogni angolo di strada c'é un cartello elettorale o un poster di qualche partito d'opposizione che denuncia la crisi (un po' come urlare contro la pioggia invece di cercare un ombrello). La scritta "greve geral" (sciopero generale) appare un po' ovunque, seguita da una data. Ma la data non é mai la stessa e non capisco se lo sciopero del 14 novembre si riferisce al 2012, 2011 o 2010.
Comunque sia, quest'aria mesta di recessione sembra quasi naturale in questa città, già un po' melanconica di suo, abituata al declino (quello economico è in corso da 4 secoli, anno più anno meno). Se la ricchezza genera fasto architettonico, il tempo e la povertà portano fascino e bellezza. Questo sembra spiegare il potere ammaliante dei vicoli che si inerpicano tra muri scrostati e splendidi azulejos, trafitti da binari arrugginiti su cui sferragliano tram traballanti che sembrano accasciarsi ad ogni curva. Si avrebbe voglia di affittare ogni casa con il carello aluga-se e di comprare ogni soffitta con il cartello vende-se (e per chi cercasse un affare immobiliare i cartelli non si contano). Ci si può immaginare senza problemi a passare il resto della propria vita a mangiare bacalhau in una taverna con quattro o cinque tavoli ad ascoltare il vicino fare un'analisi dettagliata delle potenzialità di ogni squadra portoghese (ne ho trovato uno che avrebbe fatto impallidire il 'Tennico' del Bar Sport di Benni). Sarebbe il sogno di chiunque, in particolar modo di quei pompieri portoghesi a cui un anagramma governativo ha abbassato lo stipendio da 750 a 570 euro. Stanno tutti cercando di fare come me: andare a lavorare in Svizzera, dove tutto funziona a perfezione, ma la parola fascino non sarà mai associata ad un angolo di strada.
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