Lite in famiglia

Creato il 14 luglio 2011 da Dragor

   L’altra notte ho sentito mia moglie litigare con sua madre. Non crediate che gridassero, le Rwandesi non gridano mai. Ma la loro voce si era abbassata di un’ottava e sembrava un brontolio di tuono (mentre in caso di lite quella delle loro consorelle europee sale di un’ottava e sembra lo strillo di un'aquila), così ho capito che stavano litigando. Oltre a tutto mia moglie aveva lo sguardo delle grandi occasioni, quello che colerebbe a picco una corazzata e fa paura perfino a sua madre. Una traduzione postuma mi ha rivelato il seguente dialogo: “Dorme dentro!” “Dorme fuori!” “Ho detto che dorme dentro!” “Ho detto che dorme fuori!” Il pomo della discordia era il boy Jean-Baptiste. Secondo Marguerite doveva dormire in cucina, secondo mia moglie doveva dormire nell’alloggio dei boy perché di notte vuole chiudere tutte le porte della casa.

   Ho aspettato un po’, poi ho preso mia moglie per un braccio e l’ho tirata via. Mentre la trascinavo verso la camera, sua madre ha borbottato qualcosa come “non sono più padrona in casa mia.” “Quell’ingrata!” è sbottata mia moglie come siamo arrivati in camera. “Ho cacciato i parassiti, le ho rimesso in sesto la casa che sembrava un porcile e guarda come mi tratta!” Le ho fatto notare che, oltre agli orfanelli troppo cresciuti, abbiamo cacciato anche suo nipote Aloyse e l’amico Jimmy (avevano rubato la birra e si erano ubriacati picchiando il boy e perfino Marguerite), che abbiamo imposto una disciplina prussiana mentre prima il cancello era aperto e la gente andava e veniva, che abbiamo tolto tutti i cristi dalla casa per metterli nella sua camera e nella cappella, che non è abituata a spartire il potere (infatti dopo la cacciata dei suoi cocchi è fuggita per quasi un mese da suo fratello), che ha 84 anni e si può ben concederle qualche mugugno. Lei mi ha guardato con aria offesa ma non ha detto niente.

    Dopo 2 giorni nuova lite, stavolta nel cortile fra mia moglie e sua sorella Immaculée. Una traduzione postuma ha rivelato il seguente dialogo: “Non dai niente!” “No, do tutto!” “Ho detto che non dai niente!” “Ho detto che do tutto!” Stavolta il pomo della discordia era l’imbabura, una specie di barbecue che funziona a carbone. Mia cognata aveva chiesto i soldi per il carbone e mia moglie si era scoperta momentaneamente a corto di cash. “Quell’ingrata!”, è sbottata Dédé quando sono riuscito a tirarla via. “Ho trasformato questa stamberga in una reggia e lei mi da della tirchia perché non ho i soldi per l’imbabura.”  Le ho fatto notare che sua sorella è rimasta vedova perché suo marito è precipitato in un burrone facendo il rallye del Rwanda (degna morte per un pirla, ho pensato, ma mi sono guardato bene dal dirlo), che s’imbottisce di antidepressivi, che è normale che sia un po’ gelosa della sorella che viene dall’Europa con le tasche piene di euri e un marito ben vivo al seguito. Mia moglie mi ha guardato un momento, poi ha detto: “Non voglio più stare qui. Cerchiamo un’altra casa.” “Ma…” “Ho deciso.”

    Così si è messa a cercare casa durante le pause della sua campagna elettorale  (si è messa in testa di diventare capo del quartiere e ha diffuso uno stampato con scritto “se mi eleggete, farò lastricare le strade, tappare le buche  e vaccinare tutti contro il cancro all’utero”).  Ho cercato di farla ragionare, le ho ricordato che la nostra famiglia è sempre stata litigiosa. In effetti quando erano rifugiati in una casupola di Ngagara, un quartiere di Buiumbura, le liti scoppiavano in continuazione, ma finivano sempre con baci e abbracci. La nostra famiglia è incredibilmente unita, si direbbe che ogni membro viva solamente per il clan. Il grado di litigiosità sembra proporzionale all’investimento affettivo. Adesso la famiglia si è sparsa per tutto il mondo e le liti si sono allargate a scala planetaria dalla Danimarca alla Svizzera, dalla Francia alla Norvegia, dal Canada alla Svezia, paesi di cui molti membri sono diventati cittadini, ma è come  se  fossero ancora nel cortile della casupola di Ngagara. Così non ho nessuna intenzione di lasciare la mia casa. Perché dovrei spendere i soldi per un’altra? In questa ho investito un capitale per arredarla in stile rwandese con rari urusika (paraventi), tappezzerie zebra, tende in tono, pavimenti a piastrelle bianche e nere come quelle del palazzo di Mutara III a Nyanza, vasi, panieri, vassoi, mobili artigianali, zanzariere a baldacchino, stuoie, senza contare la ristrutturazione dei bagni, gli interventi in giardino e l’apporto culturale di uno dei più grandi arredatori del mondo (me). 

    Due sere fa le mie nipotine Alice e Lisa, seguite da Linda, hanno bussato alla mia porta e mi danno dato uno spiegazzato foglio di carta a quadretti con scritto in incerto francese: “Mama triste perché parti. Mama non vuole che parti.” “E voi?”, ho chiesto. Alice ha scosso la testa in silenzio, poi si è messa a piangere. Poveretta, le ricordo il papà. L’ho detto a mia moglie ma lei non ha ceduto di un millimetro. Così ho detto: “Io amo tutto di questa casa. Amo Marguerite, amo Immaculée, amo le mie nipotine Alice e Lisa che mi ricordano tanto nostra figlia quando aveva loro età, amo Linda (la pupilla di Marguerite), amo la casa, amo il giardino, amo i boy, amo le ajah, amo i cani. E dovrei lasciare tutto questo perché hai litigato con tua madre e tua sorella?” Lei ha detto: “Allora me ne andrò da sola.”

    E’ chiaro che in Europa ha perso l’abitudine di litigare. In tanti anni di matrimonio non abbiamo litigato quasi mai e adesso si è offesa per un banale bisticcio con sua madre e sua sorella. Incredibile, devo scegliere fra la mia casa e mia moglie. Come uscire dall’impasse?  

Dragor


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