Obama dice che è colpa dell’Europa, Draghi dice che è colpa degli Usa. L’insensata querelle corre attraverso l’Atlantico guidata dalle necessità e dalle angosce elettorali, ma una cosa è evidente: che entrambi hanno ragione, anzi che entrambi hanno torto. Le due parti si accusano a vicenda di essere vittime e carnefici della finanza di spendere cifre spropositate per salvare le banche. Quelle stesse che poi affondano i titoli sovrani gravati, direttamente o indirettamente, proprio dai giganteschi aiuti concessi per salvare la finanza dai suoi stessi eccessi.
Nella stessa occasione in cui Draghi ha dato la stilettata agli Usa ha anche rivelato un dato significativo: dall’inizio della crisi l’Europa ha speso 4500 miliardi euro per venire in soccorso degli istituti di credito imbottiti di titoli “salsiccia”, di scommesse astruse e demenziali, indebitatisi al casinò finanziario che esse stesse hanno allestito. Non è tanto la cifra gigantesca a stupire, quanto il fatto che essa è praticamente sovrapponibile all’entità dei debiti pubblici dei Piigs sommati assieme. Con quei 4500 miliardi buttati in un calderone che non riesce a risollevare l’economia, si sarebbero potuti azzerare i debiti di Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda .
Ma per un trattato che prende ispirazione direttamente dall’ideologia americana, non lo si è potuto fare, avendo deciso anni addietro che non lo si voleva fare. Così la soluzione, peraltro auspicata dai padri del liberismo, è quella di azzerare welfare, di negare i diritti, di impoverire interi popoli dentro un disegno politico che alla democrazia sostituisce la tirannia impersonale del denaro, anche se essa ha i suoi valvassori e i suoi emissari. La querelle si riduce alle divergenze fra gli Usa che almeno il denaro lo possono stampare e il nostro continente che da patria dello stato sociale, è andata assai più avanti sulla strada della “modernizzazione” distruggendo, come voleva von Hayek, l’ideologo ispiratore di questa Europa, l’accesso dello Stato alla moneta per eliminare ogni forma di spesa e di aiuto pubblico. Non è un’esagerazione o un’interpretazione partigiana: l’economista Otmar Issing che è stato nel board della Bundesbank e della Bce, advisor di Goldman come da copione, ma soprattutto uno dei padri della costruzione della moneta unica e del trattato di Maastricht, ha chiaramente detto: “Quello che è successo con l’introduzione dell’Euro ha davvero ottenuto ciò che invocava Hayek”
Non è un caso che questo disegno si intravveda benissimo nell’opera del governo Monti che dapprima ha entusiasticamente aderito alle ricette imposte anche a costo di uno strangolamento del Paese e poi si è arenato non di fronte alle macellerie sociali, ma agli interessi corporativi e di casta non rinunciando a mettere in atto un darwinismo sociale che vista l’evoluzione che il mondo ha avuto, ha qualcosa di paesano e di patetico. Del resto Monti ha ricevuto nel 2005 il premio della Friedrich August von Hayek Stiftung, che già aveva premiato proprio Otmar Issing . Tutto torna. Medaglia al merito presa dalle manine stesse del presidente della fondazione, il significativo Lüder Gerken (Luder senza la dieresi vuol dire carogna) che dirige un’altra fondazione dedicata all’ordo liberalismo, corrente ultra darwiniana che vede tra i suoi membri eminenti Karl Theodor Maria Nikolaus Johann Jacob Philipp Franz Joseph Sylvester Freiherr von und zu Guttenberg, il ministro che si è dovuto dimettere per aver meritocraticamente copiato la tesi di laurea. Ho riportato appositamente il lunghissimo nome per mettere in luce quali siano gli ambienti e gli uomini che medagliano il nostro premier. Quale sia la sentina dove si negano i diritti e si pratica un merito i cui sacerdoti sono spesso difensori del privilegio sociale.
Ecco perché il litigio è insensato e fuorviante: perché è un serpente che si mangia la coda e perché alla fine da una parte e dall’altra dell’oceano dominano visioni e prassi che vogliono lo smantellamento dello stato sociale, la bestia nera di Hayek e della scuola di Chicago che va sacrificato alla finanza: il resto sono particolari.