Little world – 12ª ed. Riff – Rome Indipendent Film Festival

Creato il 09 aprile 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Anno: 2012

Durata:  84′

Produzione: Umbilical Productions, Corte y Confección de Películas

Genere: documentario

Nazionalità: Spagna

Regia: Marcel Barrena

L’esistenza è vivere pienamente nel presente 

Unico Doc che ho potuto incastrare nelle programmazioni, il toccante e luminoso Little world, dello spagnolo Marcel Carreba. Primo documentario del regista (in competizione dentro  Doc Internazionale), dopo l’esordio  nella fiction con il film per la Tv “Cuatro Estaciones”, vincitore del Gaudì Film Accademy. Indubbiamente la storia in sé, la singolarità del giovane protagonista, catturano immediata attenzione e meraviglia. La luce che emana dal volto di Albert è irresistibile. Come pure irresistibile è la sua avidità, vitalità e curiosità per il mondo. Nonostante non possa usare le gambe e costretto su una carrozzella, viaggia dall’età di 15 anni, con 20 euro appena al seguito, dormendo dove capita, facendo l’autostop, conoscendo un sacco di gente, tra ospitalità, scambio e condivisione, e qualche utilitaristico servirsi del proprio ‘handicap’… La camera di Carreba cattura la sua ulteriore tappa: a 20 anni Albert ha deciso di raggiungere l’altro lato del pianeta, partendo dalla casa della sua famiglia a Barcellona fino ad arrivare in Nuova Zelanda: la distanza esattamente opposta. La formula di viaggio non cambia, la novità sostanziale è che ad accompagnare Albert ci sarà Anna, la sua ragazza, con lui da 18 mesi. Videocamera al seguito, i due partono (e noi con loro), in questo pazzo giro per il mondo, dove nulla, ma proprio nulla, appare impossibile.

Carreba incastra alle tappe macinate e autogirate dai due giovani, pezzi di vita di Albert: interviste ai suoi genitori, alla nonna, filmati amatoriali che condensano-fissano i momenti più divertenti, toccanti e rivelatori di una personalità fuori dal comune. Il sorriso luminoso di Albert, che esterna una gioia di vivere e catturare il presente, è pre-rivelato nel formato fotografico dei filmini familiari, negli atteggiamenti-sguardi infantili disarmanti, insieme alla dolcezza del padre nel crescere un figlio, insegnargli a stare al mondo con intelligenza e senza preconcetti (che pure ha prodotti frutti nello stare nel mondo che Albert è). Colpisce l’estrema forza e libertà della famiglia nel lasciare andare il giovane incontro alla vita (nonostante la preoccupazione non li lasci mai), a ciò che può renderlo davvero felice: l’esperienza e la conoscenza che si traduce nell’esplorare il mondo.

La paura non esiste in quanto preconcetto, solo aprirsi e condividere, avere ‘cieca’ fiducia nell’altro. Affidarsi così all’esistenza e alla sua imprevedibilità appare spiazzante, ma chi racchiude una luce così speciale, è ‘miracolosamente’ ben accolto, preservato, anche negli incidenti che inevitabilmente possono capitare. Dall’Italia alla Turchia, dalla Georgia all’India alla Malesia, dalla Cina fino alla Nuova Zelanda… Il percorso, come un puzzle, è universale e intimista: cresciamo nel viaggio esteriore e conosciamo tutta l’evoluzione e la sofferenza che ha portato Albert a perdere l’uso delle gambe: la chemioterapia, le operazioni… E non capiamo, davvero non capiamo come possa aver conservato intatta e piena, una luminosità e una curiosità così fameliche. Anche la leggera patina di animazione inframezzata nel racconto mi ricorda che ‘tornare’ alla meraviglia primordiale è la cura più sana per vivere pienamente il presente. Come Albert e la sua eccezionale esperienza mi hanno mostrato.

Maria Cera


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